Repubblica Democratica del Congo

Nazioni Unite: Rapporto sulle gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario dal 1993 al 2003 in Repubblica Democratica del Congo

Missione ONU nella Repubblica Democratica del Congo (MONUC): peacekeepers davanti alla stazione elettorale di St. Anne e al centro Stampa di Kinshasa in occasione delle prime elezioni libere (luglio 2006)
© UN Photo

L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha recentemente pubblicato un rapporto riguardante il progetto di mappatura dei diritti umani in Congo. Questo rapporto tratta delle violazioni più gravi dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse in Congo tra il marzo 1993 e il giugno 2003.

Il rapporto comprende una descrizione di 617 incidenti violenti, avvenuti in tutte le province, e mostra il ruolo dei principali attori congolesi e stranieri che se ne sono rese responsabili, come militari o gruppi armati di Ruanda, Uganda, Burundi e Angola.

Una precedente versione del rapporto è stata divulgata alla stampa in agosto. Il governo ruandese, i cui militari sono accusati di alcuni crimini tra i più gravi documentati nel rapporto, ha reagito con indignazione, minacciando di ritirare dalle missioni ONU i suoi soldati se l'organizzazione avesse pubblicato il rapporto.

L'ONU ha tentato di aprire un'inchiesta su alcuni episodi descritti nel rapporto, avvenuti in particolare nel 1997 e nel 1998, ma queste inchieste sono state bloccate a più riprese dal governo congolese, guidato allora da Laurent-Désiré Kabila, padre dell'attuale presidente, Joseph Kabila. Nonostante questi tentativi, alcune informazioni sui massacri, gli stupri e altri crimini perpetrati contro i rifugiati ruandesi e alcuni cittadini congolesi alla fine degli anni '90 sono state pubblicate all'epoca dall'ONU e da alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Tuttavia, nessuna azione è stata intrapresa per perseguire i responsabili di tali crimini.

Uno dei passaggi più controversi del rapporto concerne i crimini commessi dai militari ruandesi. Il rapporto ONU solleva la questione se alcuni di questi crimini possono essere qualificati come "crimini di genocidio".

Il rapporto ha ricevuto il sostegno generale della società civile congolese: 220 organizzazioni congolesi hanno firmato una dichiarazione auspicando la creazione di un insieme di meccanismi per promuovere la giustizia.

Il progetto di mappatura dei diritti umani ha per origine le precedenti inchieste realizzate dall'ONU sui crimini commessi in congo tra il 1993 e il 1997. Nel settembre 2005, la missione di mantenimento della pace dell'ONU in Congo, la MONUC, ha scoperto tre fosse comuni a Rutshuru, nella provincia del Kivu del Nord, nell'est del Congo, legate a crimini commessi nel 1996 e nel 1997. Questa macabra scoperta ha dato impulso alla riapertura dell'inchiesta. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite ai diritti umani, con il sostegno del Segretario Generale dell'ONU, ha avviato il progetto di mappatura dei diritti umani e ha allargato il mandato per includere i crimini commessi durante la seconda guerra del Congo, tra il 1998 e il 2003.

Importanti suggerimenti sono venuti da due delle principali ONG internazionali per la difesa dei diritti umani: Human Rights Watch e Amnesty International.

Per Human Rights Watch il progetto di mappatura dei diritti umani è stato realizzato col sostegno del governo congolese. Tuttavia, il sistema giudiziario congolese non ha le capacità né offre le garanzie di indipendenza sufficienti per rendere giustizia di questi crimini in maniera adeguata. Il rapporto suggerisce, di conseguenza, altre opzioni, auspicando una combinazione di giurisdizioni conglese, di Paesi terzi ed internazionale.

Queste giurisdizioni potrebbero includere un tribunale dotato di personale tanto congolese quanto internazionale, oltre alla possibilità di procedimenti giudiziari messi in piedi da altri Stati sulla base della competenza universale. Human Rights Watch appoggia la creazione di una camera mista, avente competenza sui crimini di guerra e sui crimini contro l'umanità commessi sia in passato che oggi in Congo.

I Paesi della regione i cui eserciti sono menzionati nel rapporto dovrebbero avviare delle proprie inchieste e intraprendere una azione contro gli individui autori di crimini.

Il rapporto è comunque fondamentale sia per mettere in luce le ingiustizie del passato che per la sua pertinenza nei riguardi della situazione attuale in Congo, ha concluso Human Rights Watch.

Amnesty International ha sollecitato il governo di Kinshasa e le Nazioni Unite a istituire urgentemente una task force per sviluppare un piano d'azione complessivo a lungo termine per porre fine all'impunità per i crimini commessi nel decennio cui fa riferimento il rapporto delle Nazioni Unite, così come per quelli che si verificano ancora oggi su base quotidiana.

Secondo Amnesty International il rapporto delle Nazioni Unite evidenzia anche l'incapacità del sistema giudiziario della Repubblica Democratica del Congo di processare i responsabili di crimini di guerra, nonostante alcuni tentativi di riforma da parte del governo e della comunità internazionale.

A fronte di decine di migliaia di responsabili di crimini gravi, il rapporto delle Nazioni Unite afferma che dal 1993 sono stati celebrati solo 12 processi (di fronte alle corti marziali e non ai tribunali civili) e solo due di questi hanno riguardato crimini commessi dal 1993 al giugno 2003.

Inoltre, solo quattro persone sono state citate nei mandati di cattura emessi dalla Corte penale internazionale per i crimini commessi nella Rdc. Tra queste, il generale Bosco Ntaganda, che il governo congolese non solo ha rifiutato di catturare ma anche promosso di grado all'interno delle sue forze armate.

Amnesty International chiede al governo della Repubblica Democratica del Congo e alle Nazioni Unite di prestare una più coerente e sostanziale attenzione alla professionalizzazione dell'esercito nazionale, che comprenda anche un'efficace procedura di verifica, azione che il rapporto delle Nazioni Unite considera essenziale ai fini di qualsiasi credibile iniziativa nel campo della giustizia nel paese.

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