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Foto di Francine Jacob Schutt, progetto " Rom - i percorsi d'integrazione riusciti" all'interno della 
 campagna "Dosta!" del Consiglio d'Europa, 2013
© Consiglio d'Europa/Sandro Weltin

Consiglio d’Europa: la protezione dei diritti della minoranza Rom negli strumenti vincolanti e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo

Autore: Martina Lucia Lanza, MA in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace, Università di Padova / Collaboratrice del Centro diritti umani

Le persone appartenenti alla minoranza Rom trovano protezione per la diffusa condizione di marginalità e discriminazione nell’ambito di applicazione di diversi strumenti giuridici vincolanti del Consiglio d’Europa.

La protezione dei loro diritti e della loro identità verrà quindi analizzata nell’ambito delle seguenti Convenzioni e Carte:

- Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1994)
- Carta europea per le lingue regionali o minoritarie (1992)
- Carta sociale europea (riveduta nel 1996)
- Convenzione europea dei diritti umani e delle libertà fondamentali (1950)

1. Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1994)

Lo strumento giuridico fondamentale per la protezione dei diritti delle persone appartenenti ad una minoranza nazionale è la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (FCNM), adottata nel 1994 ed entrata in vigore nel 1998.
La Convenzione quadro prevede la promozione della piena ed effettiva uguaglianza delle persone appartenenti ad una minoranza nazionale in tutti gli ambiti della vita: economico, sociale, politico e pubblico, con l’intendo di porle nella condizione di poter esprimere, preservare e sviluppare la loro cultura, religione, lingua e tradizioni.
Inoltre, tra le disposizioni a cui gli Stati sono chiamati a rispondere rientrano:

- assicurare l’uguaglianza di fronte alla legge, la libertà di riunione, associazione, espressione, pensiero, coscienza, religione, l’accesso e l’uso dei media;
- incoraggiare uno spirito di tolleranza e di dialogo interculturale e prendere misure effettive per la promozione del rispetto reciproco, della comprensione e della collaborazione tra persone che vivono nel proprio territorio, indipendentemente dall’identità etnica, culturale, linguistica o religiosa, in particolare nei campi dell’educazione e dei media;
- prendere le appropriate misure per proteggere le persone che potrebbero essere soggette a minacce o atti discriminatori, aggressioni o violenze per la loro identità etnica, culturale, linguistica o religiosa.

Ai sensi dell’articolo 26 della Convenzione, è stato istituito il Comitato consultivo, organismo di esperti indipendenti la cui funzione è quella di assistere il Comitato dei Ministri nel valutare l'applicazione della Convenzione-quadro da parte degli Stati che l’hanno ratificata.

Per quanto riguarda il monitoraggio dell’Italia, la quale ha ratificato la convenzione nel 1998, la tematica dei diritti e della protezione delle persone appartenenti alla minoranza Rom appare una preoccupazione costante nelle risoluzioni adottate dal Comitato dei Ministri nei tre cicli di monitoraggio completati.
Tale preoccupazione discende in particolare dal mancato inserimento dei Rom tra i gruppi protetti come minoranza linguistica (l. 482/1999), in quanto la normativa nazionale identifica e tutela solamente le minoranze linguistiche-storiche di antico insediamento e presenti in un territorio delimitato. Tale definizione non risulta quindi applicabile alle comunità Rom, le quali sono diffuse sull’intero territorio italiano.
Infatti, a seguito del primo ciclo (2002), il Comitato dei Ministri ha invitato l’Italia a considerare l’adozione di una strategia coerente per la l’integrazione dei Rom nella società (Risoluzione ResCMN(2002)10); mentre per il secondo ciclo (2006) ha sottolineato l’assenza di progressi tangibili, a fronte di una discriminazione largamente diffusa (Risoluzione ResCMN(2006)5); infine per il terzo ciclo (2012), nonostante l’adozione di una strategia nazionale e di misure specifiche, il Comitato dei Ministri ha riscontrato una situazione ancora fonte di profonda preoccupazione (Risoluzione CM/ResCMN(2012)10).

2. Carta europea per le lingue regionali o minoritarie (1992)

La Carta europea per le lingue regionali o minoritarie, entrata in vigore nel 1998, rientra nell’ambito della protezione e promozione della ricchezza e della diversità del patrimonio culturale europeo.
Lo strumento è stato ideato, da un lato, per proteggere e promuovere delle lingue regionali o minoritarie come patrimonio culturale, dall’altro per permettere a coloro che parlano una di queste lingue di poterla usare nella propria vita pubblica e privata.
Le lingue regionali o minoritarie sono lingue utilizzate tradizionalmente in un dato territorio di uno Stato da una parte minoritaria della popolazione. Si tratta di lingue diverse dalle lingue ufficiali dello Stato e fra queste non rientrano né i dialetti delle lingue ufficiali né le lingue utilizzate dai migranti.
La Carta è suddivisa in due parti principali: una dedicata ai principi applicabili a tutte parti e a tutte le lingue regionali o minoritarie e una parte che delinea specifici impegni e disciplina diversi ambiti: educazione, giustizia, autorità amministrative e servizi pubblici, media, attività e strutture culturali, attività economiche e sociali e scambi transfrontalieri.
Gli Stati parte decidono a quali misure intendono attenersi, oltre a dover specificare quali lingue intendono far rientrare nell’ambito di applicazione della Carta.

L’Italia ha firmato la Carta il 27 giugno 2000 ma non ha ancora proceduto con l’adozione di una legge per la ratifica.

La lingua romanì è stata indicata come lingua minoritaria a cui si applica la Carta dai seguenti Paesi: Austria, Bosnia ed Erzegovina, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera e Ucraina.

3. La Carta sociale europea (1996) e le attività del Comitato sociale europeo

La Carta sociale europea, adottata nel 1961 e riveduta nel 1996, garantisce la protezione dei diritti sociali ed economici di tutti gli individui, tra cui il diritto ad adeguate condizioni abitative, alla salute, all’educazione, al lavoro, alla protezione sociale e giuridica, la libertà di movimento e la non discriminazione.
Ai sensi dell’art. 25 della Carta, è stato istituito Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa (Si veda la seguente scheda), con lo scopo di determinare se la normativa e la pratica degli Stati parte sia in conformità con le disposizioni della Carta e dei suoi protocolli.
L’ECSR, attraverso lo strumento dei reclami collettivi, ha direttamente invitato gli Stati a valutare la situazione dei Rom nel loro Paese. Infatti, il Comitato ha rinvenuto violazioni della Carta in relazione ai seguenti diritti e principi:

- protezione della salute (art. 11);
- assistenza sociale e sanitaria (art. 13);
- protezione sociale, giuridica ed economica della famiglia (art. 16);
- protezione sociale, giuridica ed economica di giovani e bambini (art. 17);
- protezione e assistenza dei lavoratori migranti e delle loro famiglie (art. 19);
- protezione dalla povertà e dall’esclusione sociale (art. 30);
- sicurezza abitativa (art. 31);
- non discriminazione razziale o basata sull’origine etnica (art. E).

Al 2014, dei 113 reclami collettivi registrati, 15 hanno riguardato direttamente la situazione delle comunità Rom e due di questi, nello specifico, la situazione dei Rom in Italia:

- Centre on Housing Rights and Evictions (COHRE) c. Italia (n. 58/2009, violazione degli artt. 16, 19, 30 e 31);
- European Roma Rights Centre (ERRC) c. Italia (n. 27/2004, violazione dell’art. 31 congiunto con l’art. E).

4. Convenzione europea dei diritti umani e delle libertà fondamentali (1950) e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo

La Convenzione del 1950 non prevede dei riferiti diretti ai diritti delle persone appartenenti ad una minoranza, anche se all’articolo 1 si richiamano gli Stati ad assicurare ad ogni persona i diritti e le libertà in essa sanciti.
Inoltre, l’articolo 34 stabilisce che la Corte dei diritti umani, organismo giudiziario preposto a vigilare sull’attuazione della Convenzione da parte degli Stati, debba ricevere i ricorsi di qualsiasi persona che lamenti di essere vittima di una violazione dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione o nei suoi protocolli.
Per ricostruire la giurisprudenza della Corte rispetto ai diritti delle persone appartenenti alla minoranza Rom è opportuno partire dal divieto di discriminazione: l’articolo 14 predispone che il godimento dei diritti e delle libertà debba essere assicurato senza alcuna discriminazione.
La discriminazione viene intesa come il trattamento diverso di persone in situazioni simili oppure come il trattamento uguale di persone in situazioni diverse, senza una giustificazione obiettiva o ragionevole e al di là di ogni ragionevole dubbio.

Per esempio il ricorso Chapman c. Regno Unito (n. 27238/95) è molto importante nell’ambito della minoranza Rom, in quanto riconosce specificatamente il diverso stile di vita dei Rom e l’obbligo positivo da parte dello Stato di facilitarlo, il quale può in alcuni casi richiedere un trattamento differente per i Rom per la loro differente situazione.

Inoltre, con riferimento all’origine etnica o razziale, la Corte ritiene che i due concetti siano legati e sovrapposti: il termine razza è connesso all’idea di classificazione biologica degli esseri umani in sottospecie a seconda delle caratteristiche morfologiche come il colore della pelle o i tratti del viso, mentre l’origine etnica si basa sull’idea di gruppi sociali segnati da una nazionalità comune, appartenenza tribale, fede religiosa, lingua comune o un bagaglio o delle origini culturali e tradizionali (Timishev c. Russia n. 55762/00).

I casi della giurisprudenza della Corte di Strasburgo riguardanti persone appartenenti alla minoranza Rom concerne diversi diritti e libertà fondamentali sanciti, arrivando a considerare tale minoranza come particolarmente vulnerabile e svantaggiata, al punto da richiedere una protezione specifica (D.H. e altri c. Repubblica Ceca, n. 57325/00).
Tra le violazioni dei diritti e delle libertà lamentate, spesso congiuntamente con la violazione del divieto di discriminazione (art. 14 CEDU), figurano le seguenti:

- Diritto alla vita e proibizioni di trattamenti inumani e degradanti (Artt. 2-3 CEDU): attacchi da parte di individui privati (Šečić c. Croazia, Angelova e Iliev c. Bulgaria, Beganović c. Croazia, Koky e altri c. Romania), attacchi a villaggi Rom e distruzione di case e di beni (Moldovan (no. 2) e altri c. Romania, Gergely c. Romania, Kalanyos e altri c. Romania, Costică Moldovan e altri c. Romania), ferita d’arma da fuoco durante interrogatori di polizia o tentato arresto (Nachova e altri c. Bulgaria, Guerdner e altri c. Francia) condizioni di accoglienza (V.M. e altri c. Belgio, Gjutaj e altri c. Francia), morte durante il ricovero in una struttura socio-sanitaria (Center of Legal Resources a nome di Valentin Câmpeanu c. Romania), morte nel corso di un attacco incendiario (Fedorchenko e Lozenko c. Ucraina) morte durante il fermo di polizia o la detenzione (Anguelova c. Bulgaria, Ognyanova e Choban c. Bulgaria, Mižigárová c. Slovacchia, Ion Bălăşoiu c. Romania), espulsione verso un paese a rischio di persecuzione (Sulejmanovic e Sultanovic e Sejdovic e Sulejmanovic c. Italia), sterilizzazione forzata delle donne di origine Rom (V.C. c. Slovacchia, N.B. c. Slovacchia, I.G., M.K. e R.H. c. Slovacchia), violenze delle Forze dell’ordine (Bekos e Koutropoulos c. Grecia, Jašar c. Repubblica di Macedonia, Cobzaru c. Romania, Petropoulou-Tsakiris c. Grecia, Stoica c. Romania);
- Proibizione della schiavitù e del lavoro forzato (art. 4 CEDU): M. e altri c. Italia e Bulgaria;
- Diritto alla libertà e alla sicurezza (Art. 5 CEDU): Seferovic c. Italia;
- Diritto ad un processo equo (Art. 6 CEDU): K.H. e altri c. Slovacchia, Paraskeva Todorova c. Bulgaria;
- Diritto al rispetto della vita privata e familiare (Art. 8 CEDU), accesso alla cartella medica (K.H. e altri c. Slovacchia, Aksu c. Turchia), stile di vita, sgomberi forzati e alloggi alternativi (Buckley c. Regno Unito, Hapman c. Regno Unito, Coster c. Regno Unito, Beard c. Regno Unito, Lee c. Regno Unito, Jane Smith c. Regno Unito, Connors c. Regno Unito, Yordanova e altri c. Bulgaria, Winterstein e altri c. Francia);
- Libertà di riunione e di associazione (Art. 11 CEDU): manifestazioni e dimostrazioni contro i Rom (Vona c. Ungheria), ordine preventivo di proibizione ad una fiera Gypsy-Romani (The Gypsy Council e altri c. Regno Unito);
- Protezione della proprietà privata (Art. 1 prot. 1 CEDU): Muñoz Díaz c. Spagna;
- Diritto all’educazione (Art. 2 prot. 1 CEDU): scuole speciali per bambini Rom e Gipsy (D.H. e altri c. Repubblica Ceca, Sampanis e altri c. Grecia, Oršuš e altri c. Croazia, Horváth és Vadászi c. Ungheria, Sampani e altri c. Grecia, Horváth and Kiss c. Ungheria, Lavida e altri c. Grecia);
- Diritto ad elezioni libere (Art. 3 prot. 1 CEDU): proibizione dei Rom alla candidatura elettorale (Sejdić and Finci c. Bosnia ed Erzegovina);
- Proibizione di espulsioni collettive di stranieri (Art. 4 prot. 4 CEDU): Čonka c. Belgio.

Infine, l’accesso ai diritti delle persone appartenenti alla minoranza Rom è stato oggetto di uno specifico manuale sulla giurisprudenza della Corte in materia, elaborato dal Consiglio d’Europa, con il contributo dell’European Roma and Travellers Forum, ed indirizzato ai legali che si occupano nello specifico di questi casi.

Aggiornato il

25/7/2015