disarmo

Appello per la VIII Convenzione europea per il disarmo nucleare “La dimensione globale della pace: disarmo per lo sviluppo”, Vitoria-Gasteiz, 6-9 luglio 1989

in “Pace, diritti dell’uomo, diritti dei popoli,” anno II, numero 3, 1988
Vitoria-Gasteiz, 6-9 luglio 1989 La dimensione globale della pace: disarmo per lo sviluppo
Logo Centro di Ateneo per i Diritti Umani "Antonio Papisca", Università di Padova

1. Il disarmo è possibile

Nel 1989 la Convenzione europea per il disarmo nucleare si riunirà in Spagna. Centinaia dei rappresentanti di movimenti pacifisti, partiti politici, chiese, sindacati, gruppi giovanili e femminili, associazioni civili così come singole persone a titolo individuale si riuniranno per il loro ottavo incontro europeo.

Esso sarà dedicato alla creazione di un’Europa libera dalle armi nucleari, in un mondo di pace, democratico e giusto. La Convenzione potrà contare inoltre sulla presenza di invitati significativi e partecipanti dal Nord-America, dal Sud Pacifico, dall’Asia, dall’America Latina, dal Medio-Oriente e dall’Africa.

Nel 1980, gli europei si trovarono di fronte ad una tremenda situazione. Entrambi i blocchi installavano missili nucleari a media gettata in posizione avanzata. Nel quadro della nuova «guerra fredda», che incrementava l’interventismo militare, si affermava la nuova dottrina della guerra nucleare “limitata” in Europa. Questa follia fu contrastata dalla razionalità di milioni di persone: un nuovo movimento per la pace era nato. Esso cominciò a mobilitarsi, cercando contemporaneamente delle alternative. La sicurezza non poteva essere fondata su micidiali arsenali che rappresentano invece la più grande fonte di insicurezza.

Nel 1982, dopo due anni di preparazione, si riunì a Bruxelles la I Convenzione europea per il disarmo nucleare. Persone di diversa ispirazione politica e religiosa espressero la loro volontà di opporsi al riarmo nucleare nel continente europeo, di lavorare per un’Europa che costruisse la sua sicurezza sul disarmo, il superamento della divisione in blocchi, la costruzione di rapporti di solidarietà con il resto del mondo.

Da allora la Convenzione si è riunita annualmente a Berlino, Perugia, Amsterdam, Parigi (Evry), Conventry e Lund in Svezia.

L’ombra dei Cruise e Pershing II e degli SS-20 si dissipò soltanto nella Convenzione in Svezia. Questa potè celebrare i primi accordi di disarmo, che eliminavano proprio quella categoria di armamenti che aveva provocato più direttamente la nostra protesta.

Negli ultimi mesi i segnali positivi si sono moltiplicati. Il mondo è entrato in una nuova fase di distensione. Si è fatta strada l’idea di una sicurezza comune, basata non sulla forza militare ma sulla consapevolezza che il mondo è uno e indivisibile, che esso appartiene a tutti e che non potrà esserci sicurezza né futuro per alcun paese a scapito degli interessi di tutti gli altri. Affievolita parzialmente la minaccia nucleare, è possibile vedere con maggiore chiarezza le altre enormi minacce che pendono sulla sicurezza del genere umano. Basti pensare alla fame e alla miseria di coloro che nel 2000 costituiranno l’80% della popolazione mondiale; o alla crisi ambientale.

La Spagna, per la sua collocazione geografica, storica e culturale è per i popoli europei un luogo ideale per discutere dei legami e dell’interdipendenza che esistono con i popoli di altri continenti.

La pace che vogliamo costruire è qualcosa di più dell’assenza di guerra. Essa implica un nuovo ordine internazionale, basato su principi razionali e democratici, capace di assicurare relazioni internazionali fondate su valori di civiltà.

La globalità della pace ha anche una profonda dimensione culturale. La civiltà umana del futuro o sarà nonviolenta o non sarà. La città di Vitoria-Gasteiz, dove si terrà l’ottava Convenzione, capitale di Euskadi (i Paesi Baschi), è il luogo ideale per esprimere assieme l’aspirazione di una cultura di pace che superi tutte le minacce di violenza politica e sociale.

2. Rendere la pace una tendenza irreversibile

«Stiamo entrando nel decennio più pericoloso della storia dell’umanità. Una terza guerra mondiale non è soltanto possibile bensì sempre più probabile».

Così iniziava l’appello per il disarmo nucleare europeo (e.n.d.) che nel 1980 diede avvio al processo delle Convenzioni.

Al termine di questo decennio si apre una fase nuova e contraddittoria. Da un lato c’è il processo di distensione Est-Ovest scaturito dagli accordi INF, le cui dimensioni sono senza precedenti. Il Trattato di Washington costituisce un successo politico e morale del movimento per la pace, sebbene esso non sia spiegabile solo come risultato della sua forza. Si stanno discutendo altre misure di disarmo sia nucleare che convenzionale o chimico. La logica negoziale comincia a prevalere riguardo a diversi conflitti regionali. Le dinamiche di guerra sono rallentate.

D’altro lato però rischi di nuovo riarmo (che può procedere anche per inerzia) si combinano con acuti problemi strutturali producendo un clima preoccupante nella maggior parte del mondo. In profondità poco è ancora cambiato.

La corsa agli armamenti nucleari continua. La ricerca di nuovi ordigni sta proseguendo, la militarizzazione dei mari diventa ogni giorno più sofisticata.

Il progetto di «Guerre stellari» non è stato annullato. Si aggrava il rischio di proliferazione nucleare... Sud Africa, Pakistan, Israele, etc...

In Europa occidentale alcuni ambienti reagiscono alla distensione tentando di sminuirla o di invertirne la tendenza e riproponendo la tradizionale paura di un indebolimento dei legami con gli Stati Uniti, lavorano per accrescere e «ammodernare» gli arsenali Nato o per intensificare il riarmo su scala europea, occidentale. Alcune forze d’altra parte cercano di basare l’integrazione europea del 1992 sul piano militare.

Nel mentre si stabiliscono relazioni positive con l’URSS di Gorbaciov e si sviluppano nuovi legami commerciali con l’Est, ci si richiama ad una ferrea «disciplina di blocco» di fronte a parziali fenomeni di dissociazione rispetto alle strategie nucleari (Danimarca, Spagna).

3. La scommessa decisiva: il terzo mondo

La stessa contraddittorietà si esprime nelle relazioni dell’Europa con il Sud del mondo. L’idea che l’Europa debba essere un ponte di cooperazione con i paesi in via di sviluppo si scontra con la tendenza a considerare lo sviluppo di questi paesi come una minaccia per il benessere del Nord, così che per mantenere il modello di sviluppo dei paesi ricchi occorre di fatto impedire lo sviluppo di quelli poveri. Tentazioni interventiste si combinano con la difesa dei privilegi in modo tale da incoraggiare le tendenze al riarmo europeo. In questo modo il «fianco Sud» della Nato tende a divenire il fronte vitale dell’Alleanza Atlantica e il ruolo militare dei paesi membri dell’area mediterranea nei confronti del Sud diviene ogni giorno maggiore.

Le questioni della pace e della sicurezza conducono direttamente al punto della democrazia.

Debbono essere sostenuti gli importanti sforzi di democratizzazione che sorgono all’Est e nel Terzo Mondo. E, al tempo stesso, è necessario opporsi alle tendenze di ridurre o snaturare la democrazia nei paesi occidentali. Il militarismo e la crisi economica procedono assieme, producendo frequentemente pratiche autoritarie.

La disoccupazione facilita atteggiamenti di intolleranza e provoca xenofobia e razzismo principalmente nei confronti degli immigrati.

Quando l’arbitrio e la repressione vengono considerati normali negli ambiti nazionali, si giustificano comportamenti antidemocratici nelle relazioni tra gli Stati. Così il diritto internazionale è stato violato da quegli Stati che hanno condotto operazioni militari «chirurgiche» contro altri Stati, che hanno dichiarato guerra «di bassa intensità», che hanno affondato navi di associazioni ecologiste, o che hanno ignorato le risoluzioni della Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU.

La minaccia all’ambiente sta assumendo dimensioni allarmanti per i problemi dell’inquinamento, della distruzione della fascia d’ozono, dell’effetto serra conseguente al riscaldamento dell’atmosfera e allo scioglimento delle calotte polari, dell’impossibilità di stoccaggio e smaltimento sicuro delle scorie radioattive.

Questi problemi rivelano con estrema crudezza il fatto che non esistono soluzioni unilaterali. I modelli di sviluppo devono essere ripensati tenendo conto della fragilità dell’equilibrio ecologico. Questo è possibile solo su scala planetaria, coinvolgendo il Nord e il Sud, l’Est e l’Ovest.

Il trasporto di rifiuti del Nord al Sud per esempio, non risolve bensì aggrava il problema, che si riproporrà al Nord in una forma anche più grave. La sicurezza ecologica per il Nord non si otterrà sfruttando i bisogni di sopravvivenza del Sud bensì attraverso uno sviluppo economico equilibrato e un’ecologia su scala globale.

4. Sicurezza comune e interdipendenza al posto della deterrenza

Il futuro stesso del pianeta e della civiltà umana è in gioco. Esso chiede una sicurezza globale che sia fondata non sulla forza militare ma sul diritto, sul rispetto e la tolleranza, sullo sviluppo, la giustizia e la democrazia e implica un processo di demilitarizzazione.

L’interdipendenza è onnicomprensiva. Il concetto di sicurezza comune sarà insufficiente, limitato e ingiusto se rimarrà circoscritto all’Est e all’Ovest del mondo sviluppato.

Sicurezza comune deve essere anche tra il Nord e il Sud, in ogni sua dimensione: economica, politica, ambientale e militare. Il Mediterraneo è una cornice ideale e insostituibile nella quale stabilire un nuovo modello di relazioni Nord-Sud, costruendo un sistema di sicurezza comune mediterranea, che coinvolga tutti i paesi rivieraschi. Vitoria-Gasteiz sarà anche un’occasione in cui i popoli del Sud d’Europa potranno discutere di tutto questo con i Nord-africani e con i popoli del Medio-Oriente. Il concetto tradizionale di “difesa” è entrato in profonda crisi. L’obiezione di coscienza per esempio oltre ad essere un diritto fondamentale è un modo concreto di affermare un nuovo concetto di sicurezza basato sulla demilitarizzazione e sull’interdipendenza.

Oggi sicurezza, deve innanzitutto significare la garanzia della sopravvivenza dell’umanità e non già del potere, delle visioni egemoniche o degli interessi ristretti di ciascuno Stato.

Finora, il movimento per la pace si è concentrato sul rifiuto delle armi e del militarismo. Il movimento ambientalista si è concentrato sul rifiuto dell’inquinamento e dell’energia nucleare. I sindacati si sono concentrati sulla difesa dell’occupazione e dei livelli di vita.

Tutte queste preoccupazioni vanno oggi riunite: la sfida è globale. La sicurezza futura può essere ottenuta soltanto attraverso la combinazione del disarmo con lo sviluppo economico; e di quest’ultimo con la salvaguardia dell’ambiente.

Queste priorità ne sollevano un’altra: l’estensione della democrazia.

La dimensione globale della pace: disarmo per lo sviluppo sarà il titolo e l’obiettivo della Convenzione di Vitoria i cui lavori si svilupperanno attorno a cinque temi principali:

  • Per un’economia di pace. Rompere il circolo vizioso per il quale il complesso militare pianifica sistemi d’arma per i decenni successivi senza nessuna motivazione politica.

Smilitarizzazione delle relazioni economiche. Commercio degli armamenti.

Riconversione dell’industria bellica e i suoi effetti sull’occupazione.

Rapporto tra i poteri militari e gli interessi economici transnazionali. L’industria degli armamenti e la finanza internazionale.

Diseguaglianza nelle relazioni di scambio. Debito estero e responsabilità europee.

La distribuzione della ricchezza mondiale. L’equilibrio tra la domanda di sviluppo del Sud e la produzione, l’esportazione e, di conseguenza, l’occupazione del Nord. Il fenomeno dell’immigrazione.

Gli effetti del mercato unico europeo del 1992 sulle relazioni Est-Ovest e Nord-Sud.

L’attività comune del Movimento per la pace e dei sindacati. Di questi, a loro volta, con le Organizzazioni non governative.

  • Crisi ecologica e sicurezza. L’equilibrio ambientale come elemento fondamentale per la sicurezza e la pace globale. Le grandi minacce: nucleare, smaltimento delle scorie, inquinamento, il cosidetto «effetto serra», ozono, desertificazione. Degrado ambientale crescente nel Terzo Mondo: sue relazioni con le ineguaglianze economiche.

Rapporto tra nucleare civile e militare.

Carattere transnazionale della crisi ecologica: l’inquinamento senza frontiere.

Azioni comuni dei movimenti ecologisti e pacifisti.

  • Democratizzazione delle relazioni internazionali. Futuro delle istituzioni e diritto internazionale: le Nazioni Unite e le loro agenzie. Minacce e proposte per il loro rafforzamento.

Un parlamento mondiale eletto a suffragio universale?

Come può l’opinione pubblica pesare sulle questioni internazionali?

Negoziati nei conflitti regionali e loro regolamentazioni.

Le istituzioni regionali.

Il fenomeno del neo-colonialismo, l’interventismo e i conflitti. Strade e mezzi per superarli. Sud-Africa, Medio-Oriente, Centro America, Sahara Occidentale, Afghanistan, Iran-Iraq, Cambogia, etc.

Le relazioni tra i movimenti per la pace e le istituzioni internazionali. Tra i movimenti per la pace e le istituzioni politiche nazionali.

Democrazia e nazionalità senza Stato.

  • Superamento dei blocchi nelle relazioni est-ovest. Nuove strade per il disarmo nucleare, convenzionale chimico e nello spazio. Corsa al riarmo nucleare.

Corsa al riarmo nucleare nei mari. Il trasporto di armi nucleari, sue relazioni con la questione della sovranità, casi e proposte.

Le basi militari in territorio straniero.

Lo sviluppo della distensione e il superamento della logica dei blocchi in Europa. I diritti umani e le libertà come un fattore di fiducia e distensione.

«Distensione dal basso» o interrelazioni senza barriere tra le società civili europee, allo scopo di premere per la «distensione dall’alto» o tra gli Stati.

La questione dell’interdipendenza politica ed economica in Europa.

Europeizzazione della difesa. Un terzo blocco nucleare o Peliminazione della deterrenza nucleare dall’Europa?

  • La cultura della pace. L’impatto negativo di migliaia di anni di cultura «di guerra» e di ricorso alla forza e all’aggressione. Relazioni tra individuo e collettività.

I fenomeni strutturali di violenza nelle nostre società. Le tendenze all’autoritarismo negli Stati.

Le correnti di pensiero nonviolento. Esperienze storiche e contemporanee.

II contributo e la contraddizione delle chiese. Il problema del terrorismo.

Intolleranza, razzismo, sessismo, discriminazione come modelli culturali di violenza. I bambini, la pace e la guerra.

Le donne nel movimento per la pace.

Cultura femminista e valori della pace.

Questi cinque temi saranno discussi durante i quattro giorno della Convenzione. Contemporaneamente ogni giornata avrà un’area geografica centrale: Mediterraneo, Europa-America Latina, Est-Ovest, e visione generale. (Comitato organizzatore spagnolo)

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