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Caschi Bianchi per la pace e la legalità costituzionale internazionale

Intervento svolto alla Conferenza ‘Contingenti nonarmati e ingerenza umanitaria per il rispetto dei diritti umani’, Falconara, 22 ottobre l994
Logo Centro di Ateneo per i Diritti Umani "Antonio Papisca", Università di Padova

1. L’obiezione di coscienza al servizio militare è più che un “interesse legittimo”, è più che un “diritto soggettivo”: è un “diritto umano fondamentale” che, alla pari di tutti gli altri diritti umani, inerisce alla persona e preesiste quindi alla legge scritta che lo “riconosce”.

2. Questa verità giuridica fa parte della cultura ufficiale dei diritti umani, quale va elucidandosi nelle sedi istituzionali dell’ONU, dell’UNESCO, dell’OIL, del Consiglio d’Europa, del Parlamento Europeo, della CSCE (Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), in applicazione delle norme giuridiche del diritto internazionale dei diritti umani – diritto costituzionale internazionale, contenente principi di ius cogens validi erga omnes –: Dichiarazione universale dei diritti umani, Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, Convenzione europea dei diritti umani, Convenzione internazionale contro la tortura, Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, ecc..

3. La recente giurisprudenza della Corte Costituzionale italiana è, sostanzialmente, nel solco della legalità costituzionale internazionale dei diritti umani.

4. Lo status ascritto dell’obiettore di coscienza è quello proprio di ogni persona umana, cioè di soggetto titolare di diritti umani fondamentali. La deliberata scelta di obiettare incrementa questo status originario di uno status di acquisizione, quello dei soggetti costruttori di pace, legittimati in quanto tali a realizzare i corrispettivi ruoli nello spazio proprio della “pace positiva”, al di là e al di sopra dei confini dello stato di appartenenza anagrafica. Il servizio civile sostitutivo si configura come esercizio di ruoli di pace positiva.

5. L’idea di contingenti di pace nonarmati e nonviolenti (Caschi Bianchi) ha un’antica germinazione. La sua maturazione è ora accelerata dal diffondersi della dottrina e della prassi sia della ingerenza umanitaria sia della diplomazia dei popoli (peoples diplomacy).

6. Il 7 ottobre 1994 l’Assemblea parlamentare paritaria ACP-UE (paesi di Africa, Caraibi, Pacifico e Unione Europa) ha adottato una risoluzione in cui auspica la messa in funzione di un ‘corpo permanente dei diritti umani’, strutturato per contingenti continentali.

7. L’impiego di obiettori di coscienza-Caschi Bianchi in operazioni di ingerenza umanitaria “civile” è implicitamente previsto sia nel documento del Segretario generale delle Nazioni Unite “Un’Agenda per la pace” (capitolo dedicato al peace-building) sia in quelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza che, come nei casi di Haiti, Cambogia e Guatemala, considerano la difesa e il ristabilimento della democrazia e dei diritti umani quali obiettivi legittimanti l’effettuazione di adeguate forme di ingerenza umanitaria. 

8. Si tratta ora di dare piena e corretta traduzione a queste previsioni anche mediante l’iniziativa autonoma di quelle espressioni organizzate di società civile che, con maggiore consapevolezza, avvertono la duplice esigenza di rendere effettivo il diritto internazionale dei diritti umani e di potenziare il ruolo dell’ONU in ottemperanza ai principi e alle norme della Carta delle Nazioni Unite. 

9. L’istituzione di contingenti di Caschi Bianchi deve essere riguardata come espressione di volontà popolare intesa a fare osservare la vera legalità internazionale e come richiamo agli stati affinchè adempiano finalmente agli obblighi giuridici internazionali.

10. Tra questi obblighi vi è quello disposto dall’articolo 43 della Carta delle Nazioni Unite in ordine alla messa a disposizione dell’ONU, in via permanente, di una parte degli eserciti nazionali. È un obbligo che, in presenza della conflittualità e insicurezza dilaganti nel mondo, riveste carattere di urgenza e ineludibilità.

11. L’istituzione di contingenti di Caschi Bianchi, sotto l’egida delle Nazioni Unite consente di correttamente esercitare il diritto-dovere di ingerenza umanitaria, a tutela dei valori supremi dell’ordinamento internazionale – diritti umani, democrazia, solidarietà, pace – nella duplice forma di intervento civile e di intervento di polizia internazionale sotto effettivo comando ONU.

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