donne

Il 25 novembre: riflessioni sulle dinamiche di violenza di genere e sul ruolo della giustizia eco-sociale

Women fundamental rights
© Foto di Sacha Verheij su Unsplash

Sommario

  • Violenza di genere e patriarcato
  • L’importanza di considerare l’intersezionalità nelle dinamiche di violenza di genere
  • Giustizia eco-sociale e le tematiche di violenza di genere
  • Verso un cambiamento
  • Conclusione

Come tutti sappiamo, ogni anno, il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Essa è entrata in vigore il 17 dicembre del 1999 con la risoluzione numero 54/134, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. 

Ma perché si è deciso proprio per la data del 25 novembre, per celebrare la lotta contro la violenza contro le donne? È stata scelta questa data per ricordare la vita, l’attivismo e il coraggio di 3 sorelle: Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, soprannominate mariposas, che in spagnolo significa “farfalle”, le quali sono nate e cresciute in Repubblica Dominicana tra gli anni ’20 e gli anni ’60 dello scorso secolo, quando il Paese era sotto la dittatura (1930-1961) del generale Rafael Trujillo. Le sorelle Mirabal in quegli anni furono molto attive dal punto di vista politico, attraverso soprattutto azioni di denuncia degli orrori e dei crimini del regime. Per queste ragioni, furono perseguitate e, nella giornata del 25 novembre 1960, le tre sorelle vennero torturate ed uccise da alcuni sicari di Trujillo, e i loro corpi vennero gettati da un dirupo per simulare che fosse stato un incidente. Dietro a queste morti si scatenò molta indignazione sia nel Paese che all’estero: quasi nessuno credette, infatti, che la loro morte fosse accidentale, ma furono chiare a tutti/e, fin da subito, le ragioni che c’erano dietro a questo atto. Per questo motivo, venne posta attenzione, oltre che sugli orrori commessi dal regime dominicano, anche sulla cultura machista che c’era dietro tante azioni, tra cui l’uccisione delle sorelle Mirabal; cultura che, chiaramente, non poteva tollerare e riconoscere alle donne la presa di posizione e il loro attivismo pubblico e ancor di più politico. È in ricordo di queste donne che, infatti, è stata presa la decisione di celebrare, in occasione del 25 novembre, l’attivismo e l’indignazione nei confronti della violenza di genere (Save the Children, 2024). La data della Giornata internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne segna anche l'inizio dei cosiddetti 16 giorni di attivismo sulla violenza di genere, che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani, istituita nella giornata del 10 dicembre. Questi giorni di attivismo sono stati promossi nel 1991 dal Center for Women's Global Leadership (CWGL) e sostenuti, poi, dalle Nazioni Unite, con l’obiettivo di sottolineare che la negazione della violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani.

Date queste premesse, risulta chiaro che questa giornata è un momento istituzionale di grande importanza, che, per essere efficace, deve puntare sul fatto che il discorso sulla violenza di genere non può fermarsi alla denuncia del singolo atto di violenza, ma deve interrogarsi, piuttosto, su quelle che sono le radici profonde che la causano, come il patriarcato e le ingiustizie eco-sociali. 

Violenza di genere e patriarcato

Il legame tra patriarcato e violenza di genere è uno dei punti più consolidati nella ricerca interdisciplinare contemporanea. Non si tratta di un’opinione, ma di un dato di fatto riconosciuto da diverse discipline tra cui la psicologia, la sociologia, la criminologia e gli studi giuridici. Nella letteratura scientifica, il patriarcato viene definito come un sistema socio-culturale che assegna potere, autorità e centralità agli uomini, relegando, di conseguenza, le donne e tutte le identità non conformi alla maschilità dominante a ruoli subordinati (Walby, 1990). In questo senso, essa funge da struttura di fondo di legittimazione delle forme più acute di violenza contro le donne (Rodríguez-García-de-Cortázar et al., 2025). Studi empirici mostrano, infatti, che, nei contesti in cui le credenze patriarcali sono più radicate, in concomitanza, aumentano significativamente sia le restrizioni alla libertà delle donne sia la probabilità di subire abusi fisici, psicologici o sessuali (Satyen et al., 2024). A livello globale, l’indice di disuguaglianza di genere dell’ONU è positivamente correlato con i tassi di violenza di genere: Paesi che presentano maggiori disparità di genere all’interno delle loro strutture socio-culturali registrano anche più alti livelli di violenza da parte del partner nel corso della vita (Johnson et al., 2024). Queste evidenze confermano che la violenza di genere non è un fenomeno privato, ma piuttosto un meccanismo strutturale radicato in sistemi gerarchici basati sul genere. Riconoscere, quindi, la natura sistemica del patriarcato è fondamentale per sviluppare politiche preventive che vadano oltre quello che può essere un intervento individuale, puntando, invece, a trasformare le strutture sociali, educative e legali che legittimano la disparità di potere (Rodríguez-García-de-Cortázar et al., 2025). Difatti, è solo attraverso l’adozione di un approccio multidimensionale, che combini riforme normative, educazione alla parità e cambiamenti culturali, che sarà possibile, nel prossimo futuro, ridurre la violenza di genere e promuovere una società che sia, a tutti gli effetti, più equa ed inclusiva.

L’importanza di considerare l’intersezionalità nelle dinamiche di violenza di genere

Facendo un passo in avanti, bisogna, inoltre, specificare che non tutte le donne vivono la violenza allo stesso modo. La prospettiva intersezionale sottolinea, infatti, che alcuni fattori come l’etnia, la classe sociale, l’orientamento sessuale, l’identità di genere, la disabilità e lo status migratorio hanno un importante impatto sull’esperienza di violenza e anche sul conseguente accesso alle risorse di supporto (Crenshaw, 1991). Ad esempio, le donne trans, provenienti da minoranze etniche o da contesti socio-economici svantaggiati, sperimentano maggiori barriere nell’accesso a servizi specifici, come i centri anti-violenza, per via di ragioni come la paura di essere stigmatizzate, barriere linguistiche e culturali e per via del fatto che potrebbero dipendere economicamente dal partner violento (UN Women, 2023). Da questo punto di vista, quindi, risulta necessario che i servizi terapeutici, le politiche pubbliche e i centri anti-violenza siano effettivamente progettati per accogliere le diversità. Non basta, infatti, offrire supporto, ma occorre che esso sia anche accessibile e avvicinabile dalle diverse realtà che si possono approcciare. In quest’ottica, la giornata del 25 novembre dovrebbe essere un momento per riflettere su come potenziare le reti territoriali, lavorare sulle tematiche di educazione sessuale ed affettiva e creare contesti di comunità che si occupino della cura di queste tematiche.

Giustizia eco-sociale e le tematiche di violenza di genere

Oltre al tema dell’intersezionalità, un’altra dimensione, che spesso viene trascurata nel discorso sulla violenza di genere, è il legame di questa con quelle che sono le ingiustizie eco-sociali. Le teorie ecofemministe ci aiutano a comprendere come la dominazione patriarcale sulla natura e quella sulle donne derivano da una stessa logica di dominio sull’“altro”: non umani, risorse naturali, persone marginalizzate. Secondo la visione ecofemminista, c’è, infatti, una radice comune tra lo sfruttamento e la violenza sulle donne e lo sfruttamento della natura (Lawrence et al., 2024). Uno studio recente di Tran (2023) prende in analisi la violenza che viene perpetuata nei confronti delle donne attiviste per i diritti della natura, nei contesti di estrattivismo. Di quanto esse siano vittime di repressione, persecuzione e talvolta di assassini. A partire da questi esempi risulta, dunque, chiaro che questo intreccio tra violenza di genere e ingiustizia eco-sociale richiede delle risposte integrate: non basta solo proteggere le donne, ma occorre proteggere la natura, valorizzare le pratiche sostenibili e riconoscere il ruolo politico delle attiviste ecologiche. In Italia, ad esempio, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) ha evidenziato come le donne contribuiscano alla sfida climatica ed ecologica, attraverso un’etica della cura che unisce giustizia di genere e sostenibilità (SNPA, 2022). In aggiunta a questo, anche dal punto di vista giuridico, si stanno aprendo degli spazi di innovazione. Come evidenziato da un articolo pubblicato sul blog lecostituzionaliste, il cambiamento climatico ha effetti concreti sulla salute delle donne, e, per questa ragione, serve un vero e proprio cambio di paradigma normativo, che punti a considerare il corpo femminile come parte integrante dell’ecologia globale, Per questa ragione, è necessario che vengano affrontate le questioni dell’emancipazione del corpo femminile e quelle della salvaguardia dell’ambiente come due facce della stessa medaglia, necessarie per promuovere un ordine sociale che sia giusto ed equo (De Vido, 2025). 

Verso un cambiamento

Alla luce delle tematiche affrontate risulta chiara la complessità del fenomeno della violenza di genere e ciò ci fa anche riflettere sull’importanza di impegnarsi concretamente per la giornata del 25 novembre e oltre. Essendo la violenza di genere un fenomeno articolato che riguarda molteplici piani: dalle tematiche del patriarcato, a quelle dell’intersezionalità, per arrivare alla giustizia eco-sociale, risulta necessario favorire, prima di tutto, dei programmi di educazione al rispetto, all’empatia, all’affettività, alla sessualità, in modo quanto più precoce possibile, a partire dal contesto familiare fino ad arrivare ai contesti educativi e ricreativi. Inoltre, diventa fondamentale proporre dei servizi di supporto psicologico e medico che siano accessibili e davvero inclusivi, in grado, quindi, di accogliere diversità e approcci differenziati. È cruciale, oltretutto, procedere con l’implementazione di strategie di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico secondo una prospettiva che sia “gender-transformative”, andando, quindi, a valorizzare posizioni di leadership femminili nei contesti vulnerabili, portando avanti le problematiche di giustizia di genere, in concomitanza con quelle di giustizia eco-sociale. Infine, risulta fondamentale favorire la costruzione di reti di supporto tra donne e alleati/e, che non solo intervengano dopo la violenza, ma che promuovano la prevenzione, la condivisione di esperienze e la cura collettiva.

Conclusione

Per concludere, quindi, il 25 novembre non può restare un momento simbolico. Esso deve essere un punto di partenza per una riflessione profonda e un’azione trasformativa attuabile. Se guardiamo, infatti, la violenza di genere attraverso una lente che unisce diversi aspetti, come la psicologia, l’inclusione e la giustizia eco-sociale, possiamo, infatti, definire alcune strategie d’intervento più efficaci e sostenibili. Il 25 novembre è un’occasione per chiedere non solo che le donne siano tutelate, ma che il sistema stesso, a partire dalla cultura, dall’ambito legale fino ad arrivare a quello economico, cambi: verso un mondo più giusto, più equo, più umano.

Parole chiave

donne diritti umani inclusione giornate internazionali violenza di genere