Ong e associazionismo

Il transnazionalismo organizzato a fini di promozione umana

L'immagine riproduce la carta politica del mondo all'interno della sagoma di due cuori.
© Unesco

La realtà contemporanea delle relazioni internazionali è animata da una pluralità di soggetti estremamente diversificati quanto a struttura costitutiva e a scopi di azione. Il sistema internazionale non è pertanto riducibile soltanto alla cosiddetta comunità degli stati. Fino a ieri, la tipologizzazione degli attori internazionali era una operazione relativamente semplice. Essa riguardava soggetti appartenenti tutti ad una medesima specie, gli stati sovrani, e la sua articolazione si basava sulla disomogenea distribuzione degli attributi di posizione degli stati quali: la estensione territoriale, il numero di abitanti, il tipo e la quantità di risorse naturali, il tipo e la quantità di strumenti bellici, la qualità del sistema politico (autoritario, democratico, ecc.), il grado di sviluppo, il “morale” della popolazione. Ovviamente la tipologizzazione era in funzione dell’accertamento non della politicità degli attori – assiomatica, trattandosi di stati –, bensì della diversa capacità di influire nei processi interattivi internazionali.

Oggi l’articolazione degli attori è più ampia e comprende tre aree di soggettualità:

  • area della statalità e dell’interstatalità: stati e organizzazioni internazionali intergovernative;
  • area della nonstatalità: attori transnazionali complessi (organizzazioni non-profit, multinazionali economiche), popoli, individui;
  • area della soggettualità mista: Chiesa cattolica, Movimenti di liberazione nazionale, entità interregionali.

L’incremento numerico e la diversificazione degli attori producono la complessificazione dei processi interattivi internazionali, con diretta incidenza sulla funzionalità e sulla stessa struttura dell’intero sistema.
In particolare, le relazioni definite come transnazionali si configurano come una realtà dinamica che ha propri caratteri di originarietà e di autonomia ed opera trasversalmente rispetto al sistema della politica internazionale. La trasversalità diventa compenetrazione man mano che aumenta la politicità degli attori transnazionali.

Il transnazionalismo è un processo che definisce la dinamica dei ruoli, delle strutture e delle istituzioni alla cui origine stanno attori diversi dai governi e dalle loro agenzie intergovernative, in grado di agire e interagire significativamente nello spazio funzionale internazionale in modo autonomo rispetto ai centri di potere politico di matrice governativa.

All’origine delle strutture transnazionali organizzate stanno pertanto atti di volontà pattizia non di governi ma di singoli individui e di gruppi.
Gli attori di questo processo sono entità organizzate la cui identità consiste, essenzialmente, nella capacità di operare in più paesi prescindendo dalle dimensioni tipiche delle tradizionali relazioni internazionali, la statalità e la territorialità.
Quello della trasnazionalizzazione è un processo in pieno sviluppo, dal punto di vista sia quantitativo (aumento del numero delle strutture organizzate in via transnazionale ed estensione della operatività geografica delle medesime) sia qualitativo (rilievo politico degli obiettivi perseguiti). La vita sul pianeta va sempre più articolandosi e caratterizzandosi con tale processo, come dire che questo è immediatamente rilevante ai fini della evoluzione del sistema politico internazionale nel suo complesso, con incidenza diretta quindi anche sulla parte statale di esso.

All’interno della tipologia degli attori transnazionali la distinzione fondamentale è fra attori a scopo di profitto e attori a scopo non lucrativo (non profit), in sostanza tra multinazionali economiche e organizzazioni nongovernative (solo per queste ultime vale l’acronimo ONG, peraltro sempre più frequentemente sostituito dal nuovo acronimo OSC: Organizzazioni di Società Civile). La differenza però non è soltanto di scopo, ma riguarda anche la struttura, ordinariamente verticistica e gerarchica quella dei primi, orizzontale e democratica quella dei secondi.
In particolare, la crescita quantitativa e qualitativa di questi ruoli orizzontali nella realtà delle relazioni internazionali contribuisce a disvelare – e in certa misura a sfidare – la struttura verticistica delle istituzioni statali e interstatali della politica e rende attuale il progetto di estensione della deontologia e del metodo della democrazia anche al dilatato spazio dei rapporti politici internazionali.

Il processo di transnazionalizzazione nell’area della promozione umana mostra una duplice tendenza. La prima è, come già accennato, verso il consolidamento di un vero e proprio sistema transnazionale, con caratteri di originalità e autonomia, nel quale valori, obiettivi e attività qualificano, in maniera originale e distintiva, la realtà funzionale – “nonterritoriale” appunto – delle relazioni degli attori transnazionali. È l’area della global civil society che, a seguito delle estese mobilitazioni contro la guerra preventiva attuate in ogni parte del mondo nei primi mesi del 2003, è stata addirittura definita come “terza superpotenza”.
L’altra tendenza è nel senso di innestare caratteri nuovi come il pluralismo e la partecipazione popolare nel vecchio sistema delle relazioni internazionali interstatali.

La pluralizzazione dei soggetti sulla scena planetaria costituisce fonte di arricchimento soprattutto qualitativo della vita di relazione internazionale: la natura dei nuovi soggetti internazionali è onticamente diversa da quella dei tradizionali attori statali.
Infatti, i soggetti transnazionali che qui interessano, essendo organizzati o tendendo a organizzarsi in maniera scrupolosamente democratica, ed essendo portatori di valori e interessi popolari, non solo “capiscono” più dei governi le necessità profonde della gente, ma possono anche “fare” di più e, attraverso le loro reti di collegamento regionali, continentali, mondiali, agire in maniera capillare e in tempi rapidi.

È pertanto naturale che con il diffondersi e il consolidarsi del transnazionalismo venga posto con determinazione, direttamente anche sul piano internazionale, il problema della democrazia nella sua duplice articolazione: rappresentativa e partecipativa. Come noto, nella maggior parte delle istituzioni politiche intergovernative a raggio sia universale sia regionale, ogni stato ha diritto ad un voto, in applicazione del principio della sovrana eguaglianza degli stati. In questo caso è corretto parlare non di democrazia in senso proprio, bensì di applicazione del principio di sovrana eguaglianza degli stati nei processi decisionali delle organizzazioni intergovernative.
Il tradizionale sistema politico internazionale, informato alla logica statocentrica, è un sistema tutto di governanti, tra governanti e per governanti, al riparo da qualsiasi forma di controllo democratico in senso proprio, che non può essere che quello dei governati.
La realtà planetaria così come si sta evolvendo mostra invece che oggi anche a livello internazionale esistono i “governati”. Questi, in via di principio, sono tutti i “membri della famiglia umana”: individui, popoli, gruppi associativi, etnie, comunità locali.

Il processo di liberazione di nuova soggettualità umana sulla scena planetaria, innescato con il riconoscimento giuridico internazionale dei diritti umani, ha assunto come valori-obiettivi prioritari quelli del rispetto della vita e della dignità umana, della giustizia sociale ed economica, della solidarietà, della nonviolenza, dell’eguaglianza sostanziale di tutte le persone umane, della gratuità. Tale processo che ha estensione e portata veramente mondiali, implica che i principi dell’etica umana siano fatti valere anche nei confronti del comportamento degli stati.

Nell’epoca dell’interdipendenza planetaria e della internazionalizzazione dei diritti umani, le ONG paiono recepire, più di altre strutture organizzate, l’istanza ad agire lungo un continuum di ruoli dal quartiere e dalla città fino ai centri decisionali delle istituzioni internazionali, insomma fino al livello sistemico dei rapporti internazionali. Questa consapevolezza ha portato le ONG sia a sviluppare la prassi del networking sia a possedere “competenze” sempre più precise relativamente non soltanto ai propri campi d’azione ma anche al sistema della politica internazionale nelle sue molteplici articolazioni.
La realtà evolutiva delle ONG attesta che il loro ruolo non si limita più a facilitare la circolazione delle informazioni al loro interno, a individuare obiettivi comuni e organizzare campagne unitarie. La tendenza delle ONG è ad estendere il raggio della loro operatività dalla sfera degli obiettivi intra-associativi a quella degli obiettivi ad extra, che rilevano per il sistema delle relazioni internazionali. Questa scelta di campo porta le ONG ad interagire sempre più direttamente con quelli che sono gli attori politici per antonomasia del sistema internazionale – governi, diplomazie, agenzie intergovernative – e anche con le strutture multinazionali del potere politico-economico.

Insomma, il ruolo delle ONG si sta configurando come automobilitazione del continente nonterritoriale in ruoli costituenti di un nuovo ordine mondiale più giusto, equo, solidale e democratico.

Naturalmente, perché le ONG siano credibili e quindi efficaci, devono dimostrare di essere coerenti coi valori che professano e rispettare esse stesse i principi democratici all’interno delle rispettive strutture.

Parole chiave

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