Promemoria per la creazione delle Istituzioni nazionali per i diritti umani in Italia in ossequio ai Principi standard raccomandati dalle Nazioni Unite e dal Consiglio d’Europa
La materia dei diritti umani ha assunto rilievo e visibilità altissime sia in sede istituzionale sia, in misura ancor più consistente, nella sfera operativa del variegato mondo transnazionale delle formazioni di società civile: organizzazioni non-governative, volontariato, movimenti d’opinione.
Tra i fattori che maggiormente contribuiscono a diffondere questa sensibilità sono da annoverare lo sviluppo dello specifico corpus normativo internazionale del Diritto internazionale dei diritti umani (quale distinto dal Diritto internazionale umanitario), con relativi organismi specializzati di giurisdizione e monitoraggio sopranazionali; la crescita di numero, competenza e influenza di altrettanto specialistiche Organizzazioni non-governative, ONG, prima fra tutte Amnesty International; la capillarità dell’informazione fornita da reti mass-mediatiche transnazionali; l’avviato insegnamento dei diritti umani nelle università; la specifica attenzione e l’impegno di alcune grandi religioni, a cominciare da quella cristiana.
Il ruolo di educazione, denuncia e monitoraggio delle ONG è riconosciuto e incentivato in sede internazionale dalle possibilità di accesso formale e informale che esse hanno, per esempio, presso i 6 Comitati delle Nazioni Unite preposti all’implementazione di altrettante Convenzioni giuridiche internazionali, ai Tribunali penali ad hoc, alla Commissione e Sottocommissione diritti umani delle Nazioni Unite e ad altre analoghe istanze al duplice livello universale e regionale.
Una società civile così mobilitata e «riconosciuta» in sede internazionale è legittimata a pretendere adeguate sedi istituzionali anche in ambito nazionale al fine di poter svolgere, in via continuativa, utili ruoli di partecipazione e controllo democratico nello specifico e delicato campo dei diritti umani, un campo in cui, più consapevolmente che in passato, si sta giocando la legittimazione dei detentori di ruoli d’autorità.
In Italia, ONG e volontariato costituiscono un prezioso tessuto connettivo della vita sociale e della legalità. Soprattutto a partire dai primi anni novanta, numerosissime formazioni di società civile impegnate sul terreno della promozione dei diritti umani, della pace e della cooperazione allo sviluppo sono confluite all’interno di un vasto movimento di promozione umana, civile e politica a vocazione transnazionale, sempre più consapevolmente ispirato ai principi della Carta delle Nazioni Unite e del (nuovo) Diritto Internazionale dei diritti umani da essa innescato. La filosofia che caratterizza questa virtuosa realtà può riassumersi nella «via giuridica e nonviolenta alla pace». Essa si caratterizza oggi per una forte connotazione «legittimista», avente come parametri di identificazione per l’azione «dal quartiere al mondo», il Diritto internazionale dei diritti umani (la Legge) e le Nazioni Unite (l’Istituzione). L’espressione organizzata più significativa di questo movimento è costituita dalla «Tavola della Pace», nata ad Assisi nel 1995 quale segno tangibile delle celebrazioni italiane del 50° anniversario delle Nazioni Unite. Di essa fanno parte centinaia di ONG e centinaia tra Comuni, Province e Regioni. Per sua iniziativa, a partire dal 1995 si svolgono, con la partecipazione di rappresentanti di «società civili» di oltre cento Paesi e con il contributo finanziario di Regioni, Comuni e Province, le Conferenze biennali denominate «ONU dei Popoli», antesignane del «Millennium Forum» tenutosi a New York, nella sede delle Nazioni Unite, dal 22 al 26 maggio 2000.
La situazione italiana si caratterizza – e si segnala come esemplare in sede mondiale – anche per il fatto che in migliaia di Statuti di Comuni e Province, a partire dal 1991, è stata inserita quella che comunemente viene chiamata la norma «pace diritti umani», con seguiti operativi di carattere infrastrutturale: Assessori con specifica delega in materia, Dipartimenti e Uffici «diritti umani, pace, solidarietà internazionale», Consulte per l’educazione ai diritti umani e alla pace, ecc. Questa novità statutaria, in perfetta consonanza con la Costituzione e le norme internazionali sui diritti umani, contribuisce a spiegare i sinergismi che si sono venuti a creare tra enti di governo locale e regionale, da un lato, e ONG e strutture di volontariato dall’altro.
Nel nostro Paese, anche il mondo universitario si è attivato, benché in misura non ancora proporzionale rispetto al mondo dell’associazionismo e del volontariato di promozione umana. A dare il via, nel 1982, è stata l’Università di Padova presso cui funzionano: a partire appunto dal 1982, il «Centro di studi e di formazione sui diritti della persona e dei popoli»; dal 1988, la «Scuola di specializzazione in Istituzioni e tecniche di tutela dei diritti umani»; dal 1997, il «Master Europeo in Diritti Umani e Democratizzazione», progetto maggiore dell’Unione Europea realizzato con la partecipazione di altre 14 Università europee; presso la stessa Università sono stati finora svolti 12 Corsi annuali di perfezionamento «sui diritti della persona e dei popoli». In epoca successiva sono stati istituiti un analogo Centro presso la Luiss, una analoga Scuola di specializzazione presso l’Università di Palermo, un Corso di perfezionamento presso l’Università La Sapienza. Risultano oggi attivati, presso varie Facoltà di Scienze Politiche, corsi di insegnamento in «Diritti dell’uomo» (area disciplinare filosofica) e «Tutela internazionale dei diritti umani» (area gius-internazionalistica).
È venuto dunque il momento di dar sede istituzionale e rappresentatività d’insieme, a livello nazionale, alla feconda realtà «diritti umani» quale si è venuta articolando nel nostro Paese. Facendosi interprete di questa esigenza, la Commissione Diritti Umani della Presidenza del Consiglio propone che, senza ulteriore indugio, vengano create anche in Italia le «Istituzioni Nazionali dei Diritti Umani», con quei caratteri organizzativi e funzionali che sono formalmente (e insistentemente) raccomandati, a partire dal 1993, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e da altre importanti Organizzazioni internazionali: in particolare, i caratteri della «indipendenza» e della «rappresentatività di società civile». Le due Istituzioni – già costituite e attive in numerosi Paesi, tra i quali figurano quasi tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa – sono la Commissione Nazionale dei Diritti umani e il Difensore Civico Nazionale: organo collegiale il primo, organo monocratico il secondo. Tenuto conto della preesistente, originale articolazione infranazionale di società civile e di enti locali prima illustrata, nel nostro Paese le due suddette Istituzioni nazionali assolverebbero anche a compiti di raccordo, coordinamento e rappresentanza di quanto già operante sul territorio. Sotto questo profilo, esse sarebbero le più sostantivamente legittimate fra le varie Istituzioni nazionali.
Per quanto in particolare riguarda la Commissione Nazionale dei Diritti Umani, la sua istituzione dovrebbe avvenire in virtù di un atto legislativo che, facendo riferimento ai principi costituzionali e alle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, ne determini funzioni e composizione.
Funzioni:
- fornire informazioni, pareri, proposte, anche su propria iniziativa, alle istituzioni della Repubblica e ad altre istanze in merito a proposte di leggi e altri atti riguardanti i diritti umani, a casi di loro violazione, ecc.;
- promuovere l’armonizzazione dell’ordinamento interno con la pertinente legislazione internazionale;
- monitorare l’implementazione in Italia delle specifiche convenzioni giuridiche internazionali;
- gestire un «osservatorio» permanente sugli eventi relativi ai diritti umani in sede nazionale (e internazionale);
- stilare un rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani in Italia;
- promuovere l’informazione e l’educazione ai diritti umani in ambito scolastico ed extra-scolastico;
- promuovere la realizzazione di iniziative e programmi varati dalle Nazioni Unite e dalle altre Organizzazioni internazionali (Anni internazionali, Decenni, Campagne, ecc.);
- partecipare a coordinamenti e reti europee ed internazionali delle Commissioni Nazionali e dei Difensori Civici.
Composizione:
- rappresentanti delle formazioni di società civile: ONG, volontariato, ordini professionali;
- rappresentanti del mondo universitario e della cultura;
- rappresentanti del mondo religioso;
- rappresentanti degli enti di governo locale e regionale.
La ragion d’essere dell’attuale Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, funzionante presso il Ministero degli Affari Esteri, resterebbe intatta. Esso è infatti l’organismo dello Stato deputato, in via principale, ad assolvere all’obbligo giuridico di preparare i rapporti periodici sullo stato di implementazione delle convenzioni giuridiche in Italia, da inoltrare ai pertinenti Comitati internazionali ed europei.
La Commissione Nazionale dei Diritti Umani dovrebbe utilmente collaborare con il Comitato Interministeriale nel fornirgli consulenza e informazioni varie.
È importante sottolineare che la creazione di Istituzioni Nazionali dei Diritti Umani, in particolare della Commissione Nazionale, è intesa anche ad attrarre nell’area operativa dei diritti umani, con opportune forme di collegamento, le attuali Autorità Indipendenti, Commissioni Pari Opportunità, Comitati Etici, e analoghe strutture. L’approccio comune dovrebbe essere quello della promozione e tutela dei diritti fondamentali della persona per via extra-giurisdizionale, quanto più possibile informale, secondo principi di equità.
L’obiettivo strategico è quello di dare organicità, continuità, sinergia, visibilità d’insieme, consenso diffuso, alla «infrastruttura diritti umani» della Repubblica.
Di altrettanto rilievo è l’obiettivo inteso a fornire, in via continuativa e in modo organico, sostanza assiologica all’immagine e al crescente ruolo dell’Italia in sede europea e internazionale.