Consiglio d'Europa

Razzismo e intolleranza: quali le attività del Consiglio d’Europa?

Poster della Campagna "No alla discriminazione" del Consiglio d'Europa, 2010
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La questione della discriminazione razziale riveste un carattere di primaria importanza a livello regionale. Nel trasformare i principi della Dichiarazione Universale dei diritti umani in obblighi giuridici positivi, il Consiglio d’Europa ha predisposto nel corso degli anni numerosi trattati  in materia di diritti umani tra i quali la Convenzione europea  per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, adottata il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3 settembre 1953 è sicuramente la più significativa.

L’art. 14 di questo trattato sancisce il divieto di discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà fondamentali anche con riferimento esplicito alla razza. Si tratta di un articolo della Convenzione da considerarsi integrato a ciascuna delle altre disposizioni che consacrano diritti e libertà senza che vi possano essere distinzioni a seconda della natura di tali libertà e diritti.

Nel 2005, inoltre, è entrato in vigore il Protocollo 12 alla Convenzione europea dei diritti umani, che introduce un divieto generale di discriminazione. Il Protocollo estende il divieto sancito nell’art. 14 della Convenzione (che si riferisce unicamente alla discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà sanciti nella Convenzione) ad ogni forma di discriminazione nel godimento di qualsiasi diritto sancito dalla legge. A luglio 2024, è stato ratificato da 20 dei 46 Stati del Consiglio d'Europa; l’Italia ha firmato il Protocollo il 4 novembre 2000 ma non lo ha ancora ratificato. Il primo caso in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha riscontrato una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 12 è stato Sejdić e Finci contro la Bosnia-Erzegovina, giudicato nel 2009.

Nel corso della propria attività, il Consiglio d’Europa ha sempre dedicato attenzione al problema della discriminazione razziale. Tuttavia, gli anni ‘90 inaugurano una fase di impegno decisamente più intenso. Nel corso del primo Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa, svoltosi a Vienna nel 1993, è stata espressa viva preoccupazione per il ripresentarsi di fenomeni di razzismo, xenofobia e antisemitismo in Europa. Il Vertice ha approvato (Appendice III  della Dichiarazione di Vienna, 9 ottobre 1993) una Dichiarazione e un Piano d’azione per combattere il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo e l’intolleranza e ha ribadito la necessità di accentuare l’impegno per un’azione comune in materia.

La Dichiarazione di Vienna istituisce anche la Commissione contro il razzismo e l’intolleranza (European Commission against Racism and Intolerance), ECRI, composta da esperti indipendenti nominati per loro competenza nel campo della lotta all’intolleranza, per la loro alta autorità morale e la riconosciuta esperienza nell’affrontare i problemi inerenti il razzismo e la discriminazione razziale. Tra le varie attività l’ECRI si occupa prevalentemente di monitorare le situazioni esistenti nei vari paesi, valutando i fenomeni di razzismo e intolleranza e le misure prese per contrastarli.

Se l’ECRI è l’organo principale del Consiglio d’Europa nella lotta al razzismo e all’intolleranza, altri organi e dipartimenti dell’Organizzazione contribuiscono a tale obiettivo, tra cui il Comitato dei Ministri, l’Assemblea Parlamentare, il Commissario per i diritti umani ed il Comitato consultivo della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali.

Inoltre, la crescente importanza di internet quale mezzo di comunicazione e diffusione di discorsi dal contenuto razzista e xenofobo ha spinto gli Stati membri del Consiglio d’Europa ad adottare un Protocollo alla Convenzione sul crimine informatico, riguardante la criminalizzazione di atti di natura razzista e xenofoba commessi attraverso sistemi computerizzati, entrato in vigore nel 2006 (l’Italia è parte della Convenzione, ma non del Protocollo).

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