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A valanga i Comuni italiani stanno deliberando sul diritto umano alla pace

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In questi giorni, i Consigli dei Comuni italiani, da Marsciano a Desenzano, da Certaldo a Reggio Emilia, da Mesagne a Oderzo a Cattolica, da Novara a Guagnano, da Corciano a Rovereto, stanno facendo a gara nell’approvare un Ordine del giorno, spesso su iniziativa diretta del Sindaco, a supporto del riconoscimento giuridico del diritto alla pace quale diritto fondamentale della persona e dei popoli.

Il testo della mozione, preparato dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova e dalla Cattedra Unesco Diritti Umani, Democrazia e Pace presso la stessa Università, è stato diffuso dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani. I Comuni dimostrano così di volere essere partecipi di un processo in atto al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, teso a mettere a punto una solenne Dichiarazione sul diritto umano alla pace.

La bozza della Dichiarazione sta incontrando l’opposizione di alcuni stati, che non intendono rinunciare allo ius ad bellum, e il favore di centinaia di organizzazioni non governative beneficianti di status consultivo alle Nazioni Unite. In Italia, a partire dal 1988 il formale riconoscimento della pace come diritto della persona e dei popoli, figura negli Statuti di centinaia di Comuni e Province e in apposite Leggi di numerose Regioni. A giusto titolo i Governi locali e regionali italiani possono vantarsi di avere anticipato e stimolato il diritto internazionale in materia e pretendere quindi che la Dichiarazione delle Nazioni Unite venga approvata.

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