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CEDU: condanna per Italia e Grecia per espulsioni collettive indiscriminate e mancato accesso alle procedure d’asilo

Foto panoramica della sede del Palazzo dei diritti umani che ospita la Corte europea dei diritti umani, Strasburgo.
© Consiglio d'Europa

Il 21 ottobre 2014 la Corte europea dei diritti umani (CtEDU) ha deliberato in merito al caso Sharifi and Others v. Italy and Greece. Il caso è quello dell’espulsione collettiva di un gruppo di migranti, 32 afgani, un sudanese e un eritreo, giunti ai porti di Bari, Ancona, Venezia dalla Grecia tra il 2008 e il 2009. I migranti sono stati rinviati subito nel paese ellenico dove sono stati privati della possibilità di accedere al sistema d’asilo e con il timore di una successiva deportazione nei rispettivi paesi d'origine, dove rischiavano di essere soggetti a morte, tortura o trattamenti inumani o degradanti.

La CtEDU ha accolto il ricorso che fu presentato dagli afghani Reza Karimi, Yasir Zaidi, Mozamil Azimi e Najeeb Heideri, entrati in territorio greco illegalmente tra il 2007 e il 2008, e poi imbarcatisi a Patrasso alla volta dei porti di Bari, Ancona e Venezia, dove arrivarono tra il gennaio del 2008 e il febbraio del 2009.

La Corte ha rilevato la violazione da parte della Grecia dell’art. 13 (diritto ad un ricorso effettivo) in combinato con l’art. 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) a causa dell’impossibilità per i ricorrenti di accedere alle procedure d’asilo e il rischio di essere deportati in Afghanistan.

Per quanto concerne l’Italia, sono state riscontrate violazioni dell’art. 4 del Protocollo IV CEDU (divieto di espulsioni collettive di stranieri); dell’art. 3, poiché le autorità italiane, rinviando i migranti in Grecia, li hanno esposti ai rischi derivanti dalle carenze del sistema d’asilo ellenico; nonché dell’art. 13, in combinato con l’art. 3 e l’art. 4 del Protocollo IV CEDU per l’impossibilità dei ricorrenti di accedere alle procedure d’asilo nel porto di Ancona.

La Corte ha dichiarato, in particolare, di condividere la preoccupazione dei diversi osservatori in merito al ritorno “automatico” attuato dalle autorità di frontiera italiane nei porti adriatici di persone che, nella maggior parte dei casi, sono consegnate ai capitani dei traghetti per essere riportate in Grecia, private di eventuali diritti processuali e sostanziali.

Infine, la Corte ha ribadito che il sistema Dublino deve essere applicato in modo compatibile con la Convenzione europea dei diritti umani: nessuna forma di respingimento collettivo e indiscriminato può essere giustificato con riferimento a tale sistema. Le autorità che pongono in essere tale ritorno devono assicurarsi che il paese di destinazione del migrante offra sufficienti garanzie nell’applicazione delle politiche d’asilo.

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