Italia

Corte europea dei diritti umani: Regolamento Dublino III e il caso Tarakhel c. Svizzera

Foto panoramica della sede del Palazzo dei diritti umani che ospita la Corte europea dei diritti umani, Strasburgo.
© Consiglio d'Europa

Il 4 novembre 2014 la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani (CtEDU) si è espressa sul caso Tarakhel c. Svizzera, avente ad oggetto l'applicazione del Regolamento di Dublino III da parte delle autorità svizzere.

Il caso è quello della famiglia Trakhel (madre, padre e sei figli minori) che dopo un lungo viaggio dall’Afghanistan al Pakistan, dall’Iran alla Turchia, raggiunge via mare la Calabria, per venire poi assegnata al Cara di Bari. Dopo un breve tempo di permanenza la famiglia decide di abbandonare il centro, forse per le sue condizioni o forse perché l’Italia non era la meta del loro lungo viaggio. La famiglia inizialemente parte per l’Austria da dove viene rispedita in Italia. Infine, riparte per la Svizzera, dove si trova a confrontarsi con il Regolamento Dublino e con il rifiuto della Svizzera di esaminare la domanda di protezione disponendo il trasferimento della famiglia in l’Italia, paese di primo ingresso come previsto dal Regolamento.

La Corte europea dei diritti umani ha deliberato che l'eventuale trasferimento del nucleo familiare verso l’Italia, disposto dalle autorità svizzere ai sensi del Regolamento di Dublino, avrebbe comportato, in assenza di specifiche garanzie da parte delle autorità italiane circa l’accoglienza idonea dei minori e la coesione del nucleo familiare, una violazione dell’Articolo 3 della CEDU (divieto trattamenti inumani e degradanti). 

In particolare la Corte ha rilevato che, visto l’attuale stato del sistema di accoglienza in Italia e in assenza di informazioni circostanziate circa la specifica struttura di destinazione del nucleo familiare, le autorità svizzere non si trovavano in possesso delle necessarie assicurazioni che una volta rimpatriati in Italia i richiedenti asilo avrebbero potuto accedere alla protezione internazionale in maniera conforme alle necessità dei minori e del nucleo di rimanere coeso.

La Corte precisa che “senza entrare nel dibattito circa l’esattezza dei dati disponibili, è sufficiente per la Corte notare l’evidente discrepanza tra il numero di richieste di asilo presentate nel 2013, pari a 14.184 entro il 15 giugno 2013 secondo il Governo italiano, e il numero di posti disponibili nelle strutture appartenenti alla rete SPRAR (9.630 posti), dove – sempre secondo il governo italiano – sarebbero stati ospitati i richiedenti. Inoltre, dato che la cifra per il numero di domande si riferisce solo ai primi sei mesi del 2013, il dato per l’anno nel suo complesso è probabile sia notevolmente superiore, indebolendo ulteriormente la capacità di accoglienza del sistema SPRAR.”

Con questa sentenza la CtEDU, pur affrontando lo specifico caso della famiglia Trakhel, sembra alludere alla necessità di non applicare meccanicamente e genericamente il regolamento Dublino III, per procedere alle riammissioni solo dopo una ponderata analisi della situazione dei richiedenti, valutando nel dettaglio se nel Paese di primo ingresso la protezione internazionale è garantita oltre al rilascio di un titolo di soggiorno.

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