Corte europea dei diritti umani: Caso Gullotti c. Italia – Violazione dell'articolo 8 CEDU
Il 10 luglio 2025, la Corte europea dei diritti umani ha pubblicato la sentenza nella causa Gullotti c. Italia (ricorso n. 64753/14). La sentenza è stata pronunciata all'unanimità a favore del ricorrente: l'Italia è stata ritenuta colpevole di violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).
Il suddetto articolo della Convenzione garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza. Inoltre, esso stabilisce che un'ingerenza in questo ambito particolare da parte delle autorità pubbliche può essere considerata legittima in una società democratica solo se necessaria per tutelare gli interessi della sicurezza nazionale, della pubblica sicurezza, del benessere economico del Paese, della tutela della salute e della morale, nonché dei diritti e delle libertà altrui. Il caso più importante della Corte europea dei diritti dell'uomo in questo ambito è la sentenza Provenzano c. Italia (paragrafi 83-90, 25 ottobre 2018 - cfr. Annuario 2019, pag. 356 - Annuario 2019, pag. 246).
Nel 1998, il ricorrente, Giuseppe Gullotti, è stato condannato per reati di mafia, tra cui omicidio, estorsione e detenzione illegale di armi. Attualmente è detenuto nel carcere di Parma in regime speciale disciplinato dall'articolo 41-bis della legge n. 354 del 26 luglio 1975 («legge sull'amministrazione penitenziaria»). Il regime di detenzione di cui all'articolo 41-bis è volto essenzialmente a recidere i legami e a impedire ulteriormente ai detenuti qualsiasi contatto con il loro ambiente criminale. A tal fine, esso prevede restrizioni alle visite (limitate ai soli familiari), all'uso del telefono e il controllo da parte della polizia di tutta la corrispondenza in entrata e in uscita. È opportuno sottolineare che il sig. Gullotti aveva già adito in passato la Corte europea dei diritti dell'uomo in riferimento all'articolo 8 della CEDU (per le pronunce relative all'articolo 8 della CEDU emesse nel 2024, cfr. qui).
L'articolo 18-ter della legge sull'amministrazione penitenziaria, introdotto dopo che numerose sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo avevano ritenuto che la normativa precedente fosse troppo generica e non “conforme alla legge”, stabilisce che l'autorità giudiziaria può limitare con un'ordinanza il diritto alla corrispondenza solo in determinate circostanze e per un periodo di tempo determinato, ai parenti stretti ammessi alle visite familiari. Tale misura è stata applicata al ricorrente nel dicembre 2012 e rinnovata nel gennaio dell'anno successivo per un periodo di altri tre mesi. La decisione era motivata dal fatto che il sig. Gullotti manteneva un ruolo di rilievo nell'organizzazione di tipo mafioso Cosa Nostra ed era quindi detenuto in base alle condizioni di cui all'articolo 41-bis. Successivamente, la misura è stata sistematicamente prorogata fino alla fine del 2013 sulla base dello stesso motivo giuridico, sebbene nel mese di novembre il tribunale di Bologna abbia infine dichiarato che non era adeguatamente motivata. Nel marzo 2014, il ricorrente ha impugnato senza successo dinanzi alla Corte di cassazione il provvedimento restrittivo del gennaio 2013, che ha dichiarato il ricorso inammissibile.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che il diritto alla corrispondenza del sig. Gullotti ai sensi dell'articolo 8 della CEDU fosse stato violato. La Corte ha affermato che tale ingerenza, che limita il diritto alla corrispondenza a un numero ristretto di parenti, deve essere fondata su una giustificazione specifica e non può essere concessa in modo generico sulla base del persistere del trattamento speciale previsto dall'articolo 41-bis, poiché si tratta di questioni distinte.
Disponendo ai sensi dell'articolo 41 della CEDU, la Corte ha affermato che il riconoscimento della violazione costituiva di per sé una soddisfazione equa per il danno non patrimoniale subito dal ricorrente.