Corte europea dei diritti umani

Corte europea dei diritti dell'uomo: causa Cioffi c. Italia - Trattamento inumano e degradante dei manifestanti a seguito delle manifestazioni contro la globalizzazione del 2001 a Napoli

Alcuni giudici della Corte Europea per i Diritti Umani in seduta
© ©Council of Europe

Il 5 giugno 2025, la Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo si è pronunciata sul caso Cioffi c. Italia (N. 17710/15) relativo alla violazione dell'articolo 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Nelle circostanze del caso, durante le manifestazioni contro la globalizzazione a Napoli nel 2001, Cioffi , un ricorrente italiano, è stato arrestato e sottoposto a violenze fisiche e psicologiche da parte degli agenti di polizia. A seguito di un'indagine, diversi agenti di polizia sono stati accusati di sequestro di persona, abuso di potere, coercizione criminale e lesioni personali nei confronti di Cioffi e di altri partecipanti. Il ricorrente si è costituito parte civile nel procedimento.

Il Tribunale distrettuale di Napoli ha ritenuto che i detenuti fossero stati sottoposti a “condotte gravissime”, tra cui: essere costretti a camminare in un corridoio circondati da agenti di polizia che a turno li schiaffeggiavano, prendevano a calci, sputavano e insultavano; essere costretti a inginocchiarsi con le mani dietro la testa, essere costretti a rimanere in silenzio in ogni momento e non poter comunicare con i propri avvocati né informare le proprie famiglie della loro situazione; essere picchiati e sottoposti a varie forme di violenza fisica, minacce e insulti; impedire loro di mangiare, bere o andare in bagno.

Il Tribunale distrettuale ha ritenuto che Cioffi fosse stato picchiato più volte, anche mentre era inginocchiato con le mani dietro la testa. Il ricorrente si era identificato come avvocato tirocinante e aveva chiesto informazioni sui motivi della sua detenzione senza arresto formale e delle violenze fisiche subite. In risposta, gli agenti lo hanno deriso chiamandolo “l'avvocatino” e hanno affermato di sapere dove abitava.

Sebbene il Tribunale distrettuale abbia inizialmente ritenuto i reati “particolarmente inaccettabili” e condannato dieci agenti a due anni e otto mesi di reclusione, con la sospensione dal servizio, il procedimento è stato successivamente archiviato per prescrizione. Altri quattordici agenti di polizia hanno presentato ricorso contro le condanne e, nel gennaio 2013, la Corte d'appello di Napoli ha annullato le condanne per sequestro di persona e la sospensione dal servizio, invocando la prescrizione. Successivamente, nel 2015, la Corte di cassazione ha confermato questa decisione, con la conseguente archiviazione della maggior parte dei reati per prescrizione, ad eccezione di tre agenti di polizia che avevano chiesto la rinuncia alla prescrizione.

Cioffi ha denunciato violazioni dell'articolo 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti), dell'articolo 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza) e dell'articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo) della CEDU, sostenendo di aver subito maltrattamenti durante la custodia di polizia e che la prescrizione aveva comportato l'impunità dei responsabili.

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha concluso che il ricorrente era stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti da parte della polizia.

Riferendosi alla precedente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Cestaro c. Italia (n. 6884/11, sentenza del 7 aprile 2015; cfr. Annuario 2016, pag. 255, e qui), la CEDU ha affermato che l'applicazione di meccanismi giuridici quali la prescrizione, in grado di impedire la punizione delle persone responsabili di aver adottato misure incompatibili con la giurisprudenza della CEDU sull'articolo 3 della CEDU, può comportare la responsabilità dello Stato. Nel caso di specie, la scadenza del termine di prescrizione aveva impedito l'accertamento della responsabilità penale e la punizione dei responsabili.

La CEDU ha quindi ritenuto che l'Italia non avesse condotto un'indagine efficace sulle accuse di Cioffi, né per punire i responsabili né per prevenire futuri maltrattamenti. Ha concluso che l'Italia aveva violato l'articolo 3 della CEDU sia per quanto riguarda il suo contenuto sostanziale (il maltrattamento di Cioffi), sia per quanto riguarda la sua dimensione procedurale, poiché l'indagine successiva si era rivelata inefficace.

Dopo aver esaminato le principali questioni giuridiche sollevate ai sensi dell'articolo 3 della CEDU, la Corte ha ritenuto che non fosse necessario esaminare separatamente le presunte violazioni degli articoli 513.

La Corte ha condannato l'Italia a versare a Cioffi 30 000 euro a titolo di soddisfazione equa per il danno non patrimoniale.

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2025

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Corte europea dei diritti umani tortura Italia detenzione arbitraria