La posizione dell'Italia con riferimento alle Convenzioni anti-corruzione del Consiglio d'Europa
Il Consiglio d'Europa (CoE) è attivo nella lotta contro la corruzione sin dal 1994 quando, nel corso della 19° Conferenza dei Ministri europei della giustizia, tale tema è stato identificato come un problema da affrontare a livello regionale europeo. Questo impegno si è concretizzato nel tempo con l'adozione di tre strumenti giuridici di standard-setting in materia – la Convenzione civile contro la corruzione, la Convenzione penale contro la corruzione e il relativo Protocollo aggiuntivo – e con l'istituzione di un efficace organismo di monitoraggio, il Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO).
In questi giorni, caratterizzati da una crescente pressione affinché il Governo italiano adotti con tempestività un nuovo decreto anti-corruzione in linea con gli standard europei, risulta quindi importante fare il punto su come l'Italia si pone dinanzi ai menzionati strumenti in materia del Consiglio d'Europa.
La Convenzione penale sulla corruzione (CETS n. 173) è stata aperta alle firme il 27 novembre 1999 ed è entrata in vigore il 1° luglio 2002. L'Italia ha firmato tale Convenzione nella data di apertura alle firme di tale strumento; il Parlamento ha inoltre recentemente autorizzato la ratifica di questo trattato con l. 110/2012, approvata il 28 giugno 2012. In attesa del deposito dello strumento di ratifica presso la sede di Strasburgo del Consiglio d'Europa, la Convenzione non è ancora entrata in vigore per il nostro paese.
La Convenzione è finalizzata alla criminalizzazione coordinata di un ampio numero di pratiche di corruzione e fornisce misure complementari di diritto penale per una maggior cooperazione internazionale nel perseguimento di questi reati. La Convenzione copre le seguenti forme di comportamenti: corruzione attiva e passiva di funzionari pubblici nazionali ed esteri, di parlamentari nazionali ed esteri e membri di assemblee parlamentari internazionali, di funzionari internazionali, di giudici nazionali, esteri e internazionali e funzionari di corti internazionali; corruzione attiva e passiva nel settore privato; negoziazione attiva e passiva di influenza; riciclaggio dei proventi di reati di corruzione; reati contabili connessi con reati di corruzione.
Gli Stati parte di questa Convenzione sono tenuti a prevedere sanzioni efficaci e misure dissuasive, tra cui la privazione della libertà, nonché a permettere l'estradizione della persona accusata o condannata. Le persone giuridiche saranno anche responsabili dei reati di corruzione commessi a loro vantaggio e saranno soggette a sanzioni penali o non-penali efficaci, comprese sanzioni pecuniarie.
Il Protocollo alla Convenzione penale sulla corruzione (CETS n. 191) è stato aperto alle firme in data 15 maggio 2003 ed è entrato in vigore il 1° febbraio 2005. Anche in questo caso l'Italia ha firmato il Protocollo nella data di apertura alle firme, ma non lo ha ancora ratificato. Il Protocollo estende il campo di applicazione della Convenzione agli arbitri in materia commerciale, civile e di altro tipo, nonché ai giurati, integrando in tal modo le disposizioni della Convenzione volte a proteggere le autorità giudiziarie dalla corruzione. I Paesi che ratificano questo strumento dovranno quindi adottare le misure necessarie per stabilire, come reato, la corruzione attiva e passiva di membri di collegi arbitrali e dei giurati nazionali ed esteri.
La Convenzione civile sulla corruzione (CETS n. 174) è stata aperta alla firme il 4 novembre 1999 ed è entrata in vigore l'1 novembre 2003. Il comportamento dell'Italia con riferimento a questo strumento giuridico è il medesimo osservato per la Convenzione penale: è stata firmata il 4 novembre 1999 e l'autorizzazione alla ratifica è stata data recentemente con l. 112/2012 del 28 giugno 2012. In attesa del deposito dello strumento di ratifica essa non risulta ancora vincolante sul piano internazionale. Anche in questo caso tuttavia il perfezionamento del processo di ratifica dovrebbe essere rapidamente completato.
La Convenzione tratta le seguenti questioni: il risarcimento del danno; la responsabilità; il concorso di colpa; la validità dei contratti; la tutela dei dipendenti che denunciano fatti di corruzione; la chiarezza e la precisione del bilancio e degli audit; l’ottenimento delle prove; le misure cautelari necessarie per preservare i diritti e gli interessi fino all’esecuzione della sentenza definitiva e per mantenere lo status quo nell’attesa dell’esito del procedimento; la cooperazione internazionale in materia.
La Convenzione richiede agli Stati parti di prevedere rimedi efficaci per le persone che hanno subito un danno a seguito di atti di corruzione e di consentire alle medesime di tutelare i propri diritti ed interessi, compresa la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni (art. 1 della Convenzione).
Sebbene per il nostro paese le due Convenzioni non siano per il momento formalmente in vigore e siano state oggetto di una legge di ratifica solo nell'estate 2012, l'Italia è dal 30 giugno del 2007, membro del Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO). Questo organismo, istituito nel 1999, ha lo scopo di monitorare il rispetto da parte dei Paesi membri del CoE degli standard e delle norme anti-corruzione elaborate dall'Organizzazione. L'azione del GRECO è dunque volta a migliorare la capacità dei suoi membri (49: 47 Paesi del CoE + Stati Uniti e Bielorussia) di lottare contro la corruzione, avvalendosi di una procedura dinamica di valutazione reciproca e di “pressione tra pari”. Attraverso cicli di monitoraggio, il Gruppo contribuisce infatti a identificare le lacune nelle politiche nazionali di lotta contro la corruzione e incoraggia gli Stati ad adottare le riforme legislative e istituzionali necessarie.
Il sistema di monitoraggio del GRECO avviene a cicli periodici e prevede: una procedura di valutazione “orizzontale” che coinvolge tutti i membri e termina con l’elaborazione di raccomandazioni sulle riforme necessarie nel campo legislativo e istituzionale; e una procedura di “conformità” il cui scopo è quello di valutare le misure adottate dagli Stati membri per dare attuazione a tali raccomandazioni. Attualmente è in corso il quarto ciclo di monitoraggio.
L'Italia è stata ad oggi interessata da due cicli di monitoraggio. Il primo (che ha fatto riferimento ai temi del primo e secondo ciclo di monitoraggio regionale effettuato dal GRECO) è stato completato con l'adozione di un rapporto di “conformità” in data 27 maggio 2011. Il secondo (con riferimento ai temi del terzo ciclo di monitoraggio regionale del GRECO) è ancora in corso, essendo stato pubblicato solamente il rapporto con le raccomandazioni relative alla procedura “orizzontale”.
A termine del primo ciclo di monitoraggio effettuato sull'Italia, il GRECO ha individuato, in positivo, progressi con riferimento alla riforma della trasparenza e dell’efficienza della pubblica amministrazione, alla lotta contro il riciclaggio di denaro, alla formazione in materia di individuazione e investigazione sulla corruzione, alla condivisione e allo scambio di conoscenze e informazioni tra funzionari preposti all’applicazione della legge. In negativo, è stata sottolineata la necessità di migliorare il livello di implementazione delle norme in materia, in particolare attraverso la ratifica dei menzionati strumenti giuridici ed è stato evidenziato il ritardo nell’adozione di un testo unico in materia nonché il fatto che l’attenzione verso certi temi (adozione di codici di condotta per i membri del Governo, prevenzione del conflitto di interessi, protezione degli informatori e rafforzamento delle misure anti-corruzione nel settore privato) da parte delle autorità italiane non è ancora sufficiente.
Con riferimento al secondo ciclo di monitoraggio che ha coinvolto l'Italia, il rapporto di valutazione è stato adottato il 23 marzo 2012 e contiene 16 raccomandazioni che l'Italia dovrà implementare entro il 2014, principalmente in materia di finanziamento ai partiti politici. Secondo il rapporto, infatti, il sistema di controlli esercitato dalle autorità pubbliche sul finanziamento ai partiti è frammentato e formalistico; pertanto il GRECO invita i partiti a sviluppare un proprio sistema di controllo interno e a sottoporre la gestione delle proprie finanze a verifiche indipendenti. Inoltre, il Gruppo invita l'Italia ad aumentare la trasparenza con riferimento all'identità dei donatori, bandendo le donazioni anonime e sanzionando coloro i quali violano i regolamenti sul finanziamento. Oltre a ribadire la necessità di ratificare i tre strumenti giuridici in materia menzionali, il GRECO esprime seria preoccupazione con riferimento all’effettività del regime sanzionatorio per i casi di corruzione in Italia e per l’alto rischio di archiviazioni per decorrenza dei tempi.