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Compatibilità tra direttive europee e trattenimento di cittadini stranieri irregolari nei CPR in Albania: la Cassazione chiede il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

recinzione con filo spinato
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Con l’ordinanza n. 23105, depositata il 20 giugno 2025, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha sottoposto, in via pregiudiziale, due quesiti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) riguardanti il trattenimento di due richiedenti asilo nel Centro per i rimpatri (CPR) di Gjader in Albania. La questione pregiudiziale si aggiunge a quella recentemente decisa dalla CGUE nei casi C-758/24 e C-759/24 circa la compatibilità della normativa italiana sulla gestione delle domande di protezione internazionale avanzate da cittadini provenienti da Paesi terzi sicuri e che indirettamente investiva l’operatività delle strutture per migranti irregolari create dal governo italiano in Albania. Su tale giurisprudenza v. un commento qui

L’ordinanza è stata emessa riunendo due procedimenti caratterizzati da profili comuni, relativi a due cittadini stranieri irregolari per i quali è stata ordinata l’espulsione e il successivo trasferimento al Centro per i rimpatri di Gjader, dove hanno presentato domanda di protezione internazionale. Per entrambi i casi, la richiesta di trattenimento nel CPR in Albania non era stata convalidata dalla Corte di appello di Roma per possibili incompatibilità con le normative europee in materia di rimpatri e protezione internazionale. Nello specifico, la Corte aveva fatto riferimento al diritto del richiedente asilo di rimanere sul territorio italiano finché non venga presa una decisione sulla sua domanda e sia trascorso il termine per l’eventuale impugnazione, come stabilito dalla Direttiva 2013/32/UE. Il Ministero dell’Interno aveva impugnato la decisione della Corte con ricorso per cassazione, sostenendo che il centro di Gjader è giuridicamente equivalente a un CPR italiano ai sensi dell’articolo 3.4, legge n. 14 del 2024 che ha dato esecuzione all’accordo bilaterale tra Italia e Albania in materia di migrazione (Protocollo Italia-Albania), a sua volta modificata dal decreto-legge 37/2025. Conseguentemente, al suo interno si applicherebbero le regole italiane sul trattenimento, le quali prevedono che in caso di domanda di asilo ritenuta strumentale ad evitare l’espulsione, si possa proseguire con il trattenimento nella struttura, in questo caso il CPR di Gjader.

La Corte di Cassazione, sulla base dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, ha chiesto un’interpretazione pregiudiziale alla CGUE su due punti:

  • Compatibilità tra la Direttiva 2008/115/CE e il Protocollo Italia-Albania (art. 3, co. 2, legge n. 14/2024). La Corte solleva dubbi sulla legittimità del trattenimento in Albania di cittadini di Paesi terzi destinatari di provvedimenti convalidati o prorogati, qualora manchi una concreta prospettiva di rimpatrio. Secondo il diritto UE, il trattenimento deve essere finalizzato al rimpatrio e circoscritto temporalmente alla verifica giurisdizionale dei presupposti. Il trasferimento verso uno Stato terzo, che non corrisponde né al Paese d’origine né a quello di transito, potrebbe risultare incompatibile con tali principi.
  • Compatibilità tra l’articolo 9 della Direttiva 2013/32/UE e il Protocollo Italia-Albania. Si chiede se sia conforme al diritto UE il trattenimento in Albania di migranti irregolari che hanno presentato una domanda di protezione internazionale valutata come “strumentale” e per questo motivo sottoposta a trattenimento. Il dubbio riguarda la possibile violazione del diritto a rimanere nel territorio dello Stato membro (e quindi non in un CPR situato in Albania) fino all’esame sostanziale della domanda di asilo, come previsto dalla normativa europea.

La CGUE sarà dunque chiamata a definire i confini di compatibilità tra normativa nazionale e diritto europeo, in una valutazione che va oltre i singoli casi esaminati e che potrebbe avere significative implicazioni sull’operatività del Protocollo Italia-Albania.

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