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Tre Relatori speciali delle Nazioni Unite esortano l'Italia a far tornare la madre e la figlia kazaki espulsi illegalmente

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© UN - United Nations

Tre Relatori speciali delle Nazioni Unite, il Relatore Speciale per i diritti umani dei migranti, François Crépeau, il Relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, Juan E. Méndez e il Relatore speciale sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati, Gabriela Knaul, hanno invitato le autorità italiane a non risparmiarsi per facilitare il ritorno in Italia dei kazaki Alma Shalabayeva, moglie dell’ex prigioniero politico Mukhtar Ablyazov, e sua figlia di sei anni, espulsi illegittimamente il 31 maggio 2013.

Shalabayeva e sua figlia erano legalmente residenti in Unione Europea e vivevano in Italia quando furono espulse.
Nel comunicato stampa congiunto rilasciato il 18 luglio 2013, gli esperti delle Nazioni Unite affermano che le azioni delle autorità italiane hanno violato la garanzia ad un giusto processo e hanno privato la signora Shalabayeva del suo diritto di presentare ricorso e di richiedere asilo, sottolineando come le circostanze dell’espatrio diano l'impressione che si sia trattato di una "extraordinary rendition".

I Relatori speciali fanno inoltre notare che le autorità italiane sembrano aver ignorato che la signora Shalabayeva, per le attività politiche del marito, poteva essere a rischio di persecuzione, tortura o essere sottoposta ad altre forme di maltrattamento al suo rientro in Kazakhstan.

"Siamo incoraggiati nel vedere che l'Italia ha ora riconosciuto pubblicamente che l’espulsione è stata illegittima e inaccettabile", hanno affermato gli esperti delle Nazioni Unite. Essi hanno altresì accolto favorevolmente la decisione di revocare ufficialmente l'ordine di espulsione e l'impegno delle autorità di effettuare indagini approfondite sul caso, sollecitando inoltre l'Italia e il Kazakistan a continuare le operazioni per consegnare i responsabili alla giustizia.

L'Italia è uno Stato parte di molti trattati internazionali, tra cui la Convenzione contro la tortura e la Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati, che vietano l'espulsione, il respingimento o l'estradizione di una persona verso uno Paese in cui si teme che lui o lei possa essere a rischio di persecuzione, tortura o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

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