© Università degli Studi di Padova - Credits: HCE Web agency
In occasione della 20° Sessione del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, svoltasi a Ginevra dal 18 giugno 2012 al 6 luglio 2012, Rashida Manjoo, Relatrice speciale sulla violenza contro le donne le sue cause e le sue conseguenze, ha presentato, oltre al primo Rapporto tematico sugli omicidi basati sul genere (i femmicidi/femminicidi), il Rapporto riguardante la missione di monitoraggio condotta in Italia nei mesi precedenti.
Questo Rapporto, chiamato tecnicamente Addendum, contiene i risultati riguardo alla situazione della violenza contro le donne in Italia ai quali è giunta la Relatrice speciale dopo la visita ufficiale effettuata nelle città di Roma, Milano, Bologna e Napoli tra il 15 e il 26 gennaio 2012. L'obiettivo della visita era quello di esaminare le problematiche legate alla violenza maschile nei confronti delle donne, rilevando da un lato le cause e le conseguenze della violenza in tutte le sue forme e manifestazioni e dall'altro analizzando le risposte dello Stato italiano per prevenire e reprimere questo fenomeno e per proteggere le vittime di tale violenza.
Dopo aver espresso i propri ringraziamenti al Governo italiano, alle organizzazioni della società civile, ai rappresentanti del mondo accademico e alle donne vittime di violenza per l'accoglienza ricevuta e per l'eccellente collaborazione dimostrata durante la visita, Rashida Manjoo espone dapprima gli esiti delle consultazioni avute con alti funzionari di vari Ministeri (a), con esponenti della Magistratura e altri organismi, con esperti indipendenti e operatori sociali impegnati sul fronte della violenza e della protezione delle vittime, per poi concentrarsi sugli strumenti normativi e sugli interventi politici posti in essere dallo Stato italiano per prevenire e per reprimere la violenza contro le donne, per punire i responsabili e per garantire un'effettiva tutela dei diritti delle donne (b).
Dai colloqui e dagli incontri con i funzionari statali, con le associazioni della società civile, i mediatori culturali, il personale medico-sanitario, le operatrici dei centri antiviolenza, le studiose e le vittime di violenza o discriminazione, Rashida Manjoo ha potuto adeguatamente identificare i nodi critici della problematica della violenza contro le donne in Italia, descrivendo in maniera puntuale il contesto politico ed economico italiano entro cui si alimenta questo tipo di violenza. Nello specifico la Relatrice speciale nel suo Rapporto si interroga sulla portata di questo fenomeno sul piano sociale, soffermandosi da un lato sui numeri della violenza e dall'altro sulle ragioni concrete per cui la violenza è per molte donne un elemento "normale" nelle relazioni uomo-donna (c).
Secondo quanto emerge dal Rapporto, nella società italiana prevale un modello culturale di matrice patriarcale che pone le donne in una condizione di subalternità rispetto agli uomini e tende ad escluderle dai processi decisionali e dagli incarichi dirigenziali. Stando ai dati forniti dal Governo italiano nel 2012, le alte posizioni manageriali sia nel settore pubblico sia in quello privato sono ancora dominate dagli uomini, anche nei luoghi di lavoro in cui le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro (d). A livello generale si registrano tassi di disoccupazione femminili più alti rispetto a quelli maschili e restano significative le discriminazioni di genere nei confronti delle donne, soprattutto donne con disabilità e migranti, anche per quanto riguarda l'accesso all'occupazione o in termini di reddito.
La divisione iniqua sessuale del lavoro, gli stereotipi di genere che determinano i ruoli di uomini e donne nella società e le rappresentazioni misogine diffuse dai mass media che associano le donne ai temi del sesso, della moda e della bellezza contribuiscono ad approfondire le disuguaglianze tra uomini e donne, accrescendo le discriminazioni di genere e favorendo contesti di oppressione in cui si coltiva la violenza.
Il fenomeno della violenza contro le donne resta un grave problema in Italia, similmente a quanto accade in altri Paesi del mondo (e). In base ai dati contenuti nel Rapporto, che fanno riferimento agli esiti dell'indagine nazionale condotta dall'ISTAT nel 2006 (f), si stima che circa 6 milioni 743 mila donne tra i 16 e i 70 anni subiscano violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita (il 31,9% della classe di età considerata) e che il 14,3% di loro abbia subito almeno un episodio di violenza fisica o sessuale dal loro attuale o ex partner. Nella quasi totalità dei casi le violenze, soprattutto se commesse da soggetti considerati come “intimi”, non vengono denunciate alla Polizia, rendendo la problematica della violenza contro le donne una questione sommersa, non facilmente riconoscibile.
Tuttavia, grazie ai momenti di confronto con gli operatori del privato sociale che si adoperano per la promozione e la protezione dei diritti delle donne, la Relatrice speciale riconosce l'esistenza in Italia di una grande esperienza e di un buon livello di professionalità nell'erogazione dei servizi di assistenza legale, sociale, economica e psicologica alle vittime di violenza, nonostante la scarsità di risorse disponibili sul piano finanziario.
In sostanza, all'interno del Rapporto la questione della violenza contro le donne in Italia viene trattata in riferimento ai seguenti contesti: l'ambiente domestico, la comunità di appartenenza, la dimensione pubblica in cui possono essere coinvolti in modo diretto o indiretto soggetti statali, l'arena transnazionale. Per ciascuno di questi quattro ambiti, la Relatrice speciale prende in esame le diverse forme in cui si manifesta la violenza di genere, focalizzando l'attenzione in particolare sulla violenza domestica, ossia quella violenza che viene commessa da un partner o da un ex partner, o comunque all'interno di relazioni affettive, sui femmicidi/femminicidi, vale a dire le uccisioni della donna in quanto donna, e su tutte le violenze riconducibili alle discriminazioni multiple o complesse che colpiscono determinati gruppi di donne in condizioni di vulnerabilità, come le donne rom, sinti e migranti, le donne in stato di detenzione, quelle portatrici di disabilità, nonché le persone transgender (g).
Con un tasso di diffusione che varia dal 70 all'87% a seconda della fonte, la violenza domestica è la forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne da Nord a Sud del Paese.
Rashida Manjoo mette in evidenza come spesso questa forma di violenza, proprio perché legata alla sfera privata e alle relazioni di intimità, resta in gran parte invisibile e sotto-denunciata. Basti pensare che nella casistica della violenza domestica solo il 18,2% delle donne che l'hanno subita ha considerato gli atti di violenza vissuti all'interno delle mura di casa come fattispecie di reato penalmente perseguibili, mentre per il 36% delle vittime la violenza è stata accettata come un fatto ordinario. Egualmente, solo il 26,5% delle donne percepisce lo stupro o il tentato stupro come un crimine. Inoltre, il 33,9 % delle donne che hanno subito violenza da parte del partner e il 24% da un non partner non hanno mai parlato di quanto successo loro (h).
Oltre alla poca considerazione dimostrata a livello sociale nei confronti della violenza domestica, la Relatrice speciale sottolinea alcune criticità sul piano del funzionamento della giustizia in Italia, che riguardano nello specifico la prescrizione dei reati causata dagli eccessivi ritardi nel completamento dei processi e la reiterazione della violenza che può derivare dall'applicazione del regime di affidamento condiviso dopo la separazione matrimoniale.
Il conflitto nelle relazioni, il divorzio, le separazioni, la disoccupazione maschile, la gelosia da parte del partner e l'onore sono tutti elementi che possono esacerbare il livello di violenza entro le mura domestiche, fino a raggiungere la sua estrema manifestazione: il femmicidio/femminicidio. A differenza da quanto comunemente si possa pensare, nel 54% dei casi di uccisioni di donne rilevati nel 2010, l'autore era un partner o un ex partner e solo nel 4% dei casi l'omicida era sconosciuto alla vittima. In tema di femmicidio/femminicidio si tende a sottovalutare la gravità del fenomeno, ponendo maggior rilievo sui casi pubblici e non su quelli all'interno dell'ambiente familiare. Le scarse risposte sanzionatorie, l'inadeguatezza nella conduzione delle indagini, la mancanza di efficaci sistemi di risarcimento e di protezione delle vittime di violenza e un sistema giuridico frammentato accrescono il muro di silenzio che circonda questa problematica.
Altri contesti critici in cui si verificano episodi di abusi, violenze e maltrattamenti, legati spesso a discriminazioni multiple e ad atteggiamenti razzisti, sono quelli in cui vivono le donne rom e sinti, nonché le donne migranti. Questi gruppi di donne, trovandosi in condizioni di vulnerabilità, subiscono situazioni di oppressione e di violenza sia nella sfera privata, sia in quella pubblica, che rivelano un generale pregiudizio nei loro confronti. Stigmatizzate e isolate dal resto della società italiana, le donne rom e sinti intervistate hanno denunciato l'assenza di opportunità e di servizi adeguati a livello abitativo, sanitario, educativo e occupazionale, manifestando una profonda sfiducia nel sistema statale italiano. La stessa sfiducia nei confronti delle istituzioni è stata espressa anche dalle parole delle donne migranti che si trovano sul territorio italiano o in situazioni di irregolarità o a seguito di ricongiungimento familiare. Nell'ipotesi di irregolarità, la paura di essere arrestate ed espulse funge da freno alla denuncia dei casi di violenza, mentre nel caso dei ricongiungimenti, il periodo di residenza legale obbligatorio di due anni costringe le donne a convivere con gli autori delle violenze, al fine di ottenere la cittadinanza. A questo proposito, Rashida Manjoo rileva come la carenza di informazioni sull'assistenza e sui servizi per i migranti, così come le barriere linguistiche e la non conoscenza delle leggi sull'immigrazione aggravino ulteriormente la già precaria condizione di queste donne (i).
Le esperienze raccolte dalla Relatrice speciale all'interno delle carceri evidenziano il persistere di situazioni di discriminazione e di violenza nei confronti delle donne detenute. In particolare, durante le sue visite, la Relatrice ha constatato numerose difficoltà in materia di accesso alle opportunità di lavoro e di studio nelle strutture carcerarie, dovute da un lato alle condizioni di sovraffollamento e dall'altro alla carenza di risorse umane e materiali. La Relatrice ha preso atto dell'insoddisfazione generale riguardo alla disparità di trattamento da parte sia del personale carcerario sia da parte di alcuni giudici di sorveglianza nella revisione delle sentenze per la scarcerazione anticipata delle detenute aventi i requisiti per misure alternative alla detenzione e ha sottolineato la necessità di prendere maggiormente in esame i bisogni delle donne detenute con i figli minorenni dentro e fuori dalle carceri.
Infine, anche per quanto riguarda le donne con disabilità, comprese quelle con disabilità psichiatriche, restano alti i rischi di esposizione alla violenza fisica e sessuale sia in ambito domestico, sia negli istituti di cura. Nonostante l'esistente quadro normativo e politico per l'integrazione sociale di queste donne, le donne con disabilità sono soggette a discriminazioni e visioni stereotipate, vengono subordinate a ruoli inferiori nel mondo del lavoro e generalmente considerate incapaci di prendersi cura di una famiglia propria o di ottenere un buon livello di istruzione.
In materia di responsabilità e di obblighi dello Stato, il Rapporto mette in luce un progressivo sviluppo di strumenti giuridici volti a criminalizzare il fenomeno della violenza e un continuo allargamento degli spazi di tutela delle vittime, anche sul piano penale. Tra le iniziative di protezione si segnalano ad esempio l'abolizione dell'autorità maritale, il riconoscimento della violenza sessuale come reato contro la persona (e non più contro la morale pubblica), l'introduzione del patrocinio gratuito alle donne vittime, la configurazione di un reato ad hoc per le mutilazioni genitali femminili, l'istituzione di numeri verdi, l'organizzazione di iniziative di sensibilizzazione per la cittadinanza e di formazione per gli operatori impegnati nel settore.
Rashida Manjoo esprime inoltre il suo apprezzamento per l'adozione di una normativa specifica sugli atti persecutori (stalking), per l'elaborazione di piani d'azione nazionali sulla violenza contro le donne e per la creazione e l'accorpamento di organismi governativi incaricati della promozione e della protezione dei diritti delle donne.
Tuttavia, il quadro politico e giuridico frammentato e la limitatezza delle risorse economiche-finanziarie rallentano l'implementazione delle politiche e impediscono al Governo italiano la piena osservanza degli obblighi internazionali di cui è parte. Criticità si sollevano anche in merito al funzionamento del sistema giudiziario e all'operato delle Forze dell'Ordine non sempre in grado di intervenire in maniera efficace nei casi di violenza. Sfide si pongono anche sul piano istituzionale, dove la presenza di un gran numero di enti e istituzioni governative, simili in mandati e funzioni, comporta inutili sprechi in termini di risorse umane e finanziarie, nonché la duplicazione dei ruoli e delle competenze.
Sul fronte della società civile invece, la Relatrice speciale ha potuto osservare, nel corso della sua visita, un profondo impegno da parte delle organizzazioni che gestiscono Centri Antiviolenza e Centri d'ascolto antiviolenza in reparti di Pronto soccorso negli ospedali. Ha registrato inoltre alti livelli di competenza negli operatori che si occupano dell'avanzamento dei diritti delle vittime e grande professionalità nell'erogazione di servizi. Di centrale importanza risulta infine il lavoro svolto dal privato sociale, soprattutto in materia di prevenzione della violenza e di protezione delle vittime, nonostante i limiti nel reperimento di fondi.
Pur riconoscendo gli sforzi compiuti dal Governo per affrontare il problema della violenza contro le donne, che hanno permesso l'adozione di leggi e la creazione/fusione di enti governativi responsabili per la promozione e protezione dei diritti delle donne, Rashida Manjoo raccomanda allo Stato italiano di trovare delle soluzioni olistiche che permettano di far fronte alle reali esigenze delle donne vittime di violenza (l). Nonostante le difficoltà legate al contesto politico ed economico del Paese, un impegno mirato e coordinato sul piano politico e operativo nella lotta alla violenza di genere deve restare una priorità nell'agenda nazionale. I risultati conseguiti infatti non hanno portato ad una diminuzione dei femmicidi/femminicidi, soprattutto in ambito domestico, né ad un particolare miglioramento della vita di molte donne e bambine in condizioni di vulnerabilità.
Pertanto, la Relatrice afferma la necessità di giungere a riforme politiche e legislative che sulla base di un approccio integrato si preoccupino non solo della repressione, ma anche della prevenzione della violenza, della protezione delle vittime e della tutela dei loro diritti. L'eradicazione della violenza di genere non può concretizzarsi senza un profondo cambiamento del contesto socio-culturale italiano, ancora lontano da una prospettiva gender-oriented. L'invito al Governo italiano è quello di continuare a promuovere campagne e attività di sensibilizzazione con lo scopo di eliminare gli stereotipi di genere e di combattere le discriminazioni sessuali. Rashida Manjoo esorta lo Stato italiano a formare e informare l'opinione pubblica e i media sui diritti umani delle donne e sulla problematica della violenza nei loro confronti; a garantire adeguate misure di sostegno alle vittime della violenza; a migliorare lo scambio di informazioni fra l'apparato giudiziario, la polizia e gli operatori psico-sociali, favorendo il lavoro multi-agenzia; e ad incoraggiare e supportare partnership pubblico-private con le organizzazioni della società civile, le Scuole, le Università e i Centri di ricerca per l'elaborazione di risposte integrate al problema. Infine, la Relatrice chiede al Governo di sostenere il lavoro dell'ISTAT, di assicurare una raccolta dati più sistematica e un uso efficace di tali informazioni da parte dello Stato e degli attori non statali.
Per concludere, Rashida Manjoo si dichiara grata verso tutti i suoi interlocutori, in particolare verso le vittime di violenza e tutte le donne incontrate che hanno condiviso con lei le loro esperienze, e auspica un dialogo costante con il Governo e le altre parti interessate sull'attuazione delle sue raccomandazioni.
(a): Specificamente, la Relatrice ha dialogato con esperti dei Ministeri degli Interni, della Difesa, della Giustizia, del Lavoro, delle Politiche sociali, delle Pari Opportunità, della Sanità, dell’Istruzione, della Cooperazione internazionale e dell’Integrazione
(b): Cfr. Paola Degani e Roberto della Rocca, “La protezione delle donne vittime di violenza nella prospettiva dei diritti umani - Una riflessione in chiave operativa”, Cleup, Padova, luglio 2013
(c): Cfr. Paola Degani e Roberto Della Rocca, “Verso la fine del silenzio - Recenti sviluppi in tema di violenza maschile contro le donne, diritti umani e prassi operative”, Cleup, Padova, dicembre 2014
(d): Informazioni fornite a Rashida Manjoo dal Ministero delle Pari Opportunità
(e): Ministero Affari esteri, Comitato interministeriale dei diritti umani, “XIV relazione al Parlamento sull’attività svolta dal CIDU per l’anno 2012”, Roma, novembre 2013
(f): Si tenga presente che l’indagine ISTAT non include le donne italiane
(g): Cfr. Rashida Manjoo, A/HRC/20/16/add. 2, “Report of the Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, Mission to Italy”, Ginevra, 15 giugno 2012
(h): Cfr. Rapporto ISTAT, “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia”, 2006
(i): Rashida Manjoo, A/HRC/20/16/add. 2, “Report of the Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, Mission to Italy”, III. Manifestations of violence against women and girls, D: Violence against migrant women, Ginevra, 15 giugno 2012
(l): Cfr. Amnesty International Italia, Relazione sull'Italia della Relatrice speciale dell'ONU sulla violenza di genere, https://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/5996
29/4/2015