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Giovani e benessere: tra grinta, inclusione e fragilità nascosta

Un gioco-studio dell’Università di Parma rivela le parole chiave che gli studenti associano alla qualità della vita
Giovani e benessere: tra grinta, inclusione e fragilità nascosta
© Foto di Mihai Surdu su Unsplash

Promuovere il benessere non è più soltanto una questione individuale, ma un obiettivo che riguarda l’intera società. Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca scientifica si è spostata dal semplice concetto di “salute” — intesa come assenza di malattia — a una visione più ampia, che comprende dimensioni psicologiche, sociali, culturali e relazionali. In questo scenario, diventa cruciale indagare quali valori, concetti e pratiche i giovani associno al proprio equilibrio interiore e al vivere collettivo. Comprendere la prospettiva delle nuove generazioni non significa solo fotografare un presente, ma anche anticipare i bisogni futuri della società.

Con questo obiettivo, durante l’Open Day 2025 svoltosi ad Aprile 2025, il Centro d’Ateneo per l’Inclusione dell’Università di Parma (Direttrice professoressa Dolores Rollo) ha proposto alle future matricole un’attività originale: un cruciverba tematico (“Il Crucibenessere”- Riseri). L’esercizio, oltre a stimolare curiosità e partecipazione, mirava a far emergere i concetti che i ragazzi considerano fondamentali per il benessere, personale e collettivo.

Dopo aver risolto il cruciverba, i partecipanti — 54 studenti e studentesse di età media 18,5 anni (23 maschi, 26 femmine e 5 che non hanno indicato il genere) — hanno selezionato le parole che ritenevano più significative per la propria (e altrui) vita. Le parole inserite nel cruciverba erano: etica, attivismo, resilienza, meritocrazia, inclusione, autostima, grinta, orientamento, diritti, speranza, abilismo, patriarcato, assertività, ottimismo, fragilità.

Dall’analisi delle risposte emergono due termini particolarmente significativi: grinta inclusione. La prima è stata scelta come parola centrale da 13 studenti: un dato che mostra come i giovani associno il benessere alla capacità di reagire con determinazione e forza di volontà di fronte alle difficoltà. La grinta, infatti, è un costrutto molto conosciuto dai ragazzi, che lo collegano alla perseveranza e all’impegno costante verso un obiettivo, anche in presenza di ostacoli. Tuttavia, è importante sottolineare che questo concetto, se inteso solo in chiave individuale, rischia di trascurare i fattori sociali, culturali ed economici che condizionano le possibilità di successo.

L’inclusione, con 17 preferenze complessive (10 come prima risposta), rappresenta invece la dimensione relazionale del benessere: sentirsi accolti, riconosciuti e rispettati in un contesto che valorizza le differenze. Ǫuesto risultato evidenzia come il benessere non sia solo un fatto personale, ma sia profondamente legato alla qualità dell’ambiente in cui si vive e si studia.

Anche termini come autostima, resilienza, etica e diritti hanno ottenuto un numero consistente di preferenze (3 come prime scelte). L’autostima e la resilienza rimandano alla fiducia in sé stessi e alla capacità di affrontare i momenti di difficoltà, mentre l’etica e i diritti richiamano la necessità di valori condivisi che favoriscano la convivenza armoniosa in uno stato civile oltre che al bisogno di essere sostenuti anche sul piano legale. È significativo anche il ruolo attribuito a speranza ottimismo, distribuiti in tutte le posizioni di scelta: due parole che riflettono il bisogno di guardare al futuro con fiducia, condizione fondamentale per l’equilibrio psicologico e per la motivazione intra-individuale.

Al contrario, altre parole hanno ricevuto meno attenzione, come meritocrazia, attivismo, equità, orientamento e fragilità. Ǫuesto può dipendere dal fatto che, per i giovani, il benessere è associato in misura maggiore a dimensioni interiori e relazionali piuttosto che a concetti astratti o legati a dinamiche sociali. È interessante osservare come la meritocrazia, spesso considerata un valore positivo, possa rivelarsi ambivalente: se non accompagnata da un fondamento etico, rischia di alimentare il mito che “il successo dipenda solo da te”, ignorando le disuguaglianze strutturali che condizionano le opportunità.

Viviamo in una società che celebra la forza, la grinta, la resilienza come valori imprescindibili. Fin da piccoli impariamo che bisogna “resistere”, “non mollare”, “tenere duro”. Eppure, accanto a questa retorica della forza, esiste una dimensione troppo spesso ignorata: la fragilità, indicata come importante solo per uno studente e come terza risposta. La fragilità intesa non come debolezza da nascondere, ma come condizione universale che ci rende umani, ci apre agli altri e ci insegna a vivere con autenticità.

La fragilità non è il contrario della forza, ma il suo presupposto. Solo chi riconosce i propri limiti può davvero costruire risorse per affrontare le difficoltà. Ammettere di non essere invincibili ci permette di chiedere aiuto, di accogliere la solidarietà, di tessere legami. In questo senso, la fragilità è un potente motore di comunità: ci ricorda che nessuno può bastare a sé stesso e che il benessere nasce dall’interdipendenza, non dall’illusione di autosufficienza.

Ancora più rilevante è l’assenza di scelte su parole come abilismo, patriarcato e assertività. Ǫuesti termini, pur cruciali per comprendere le forme di discriminazione che minano il benessere, non sono stati percepiti come centrali. In particolare, alcuni studenti intervistati dopo il cruciverba (per l’esattezza 13) hanno ammesso di non conoscere il significato del termine “assertività”, segno che vi è ancora strada da fare per integrare nella formazione concetti che possano rafforzare le competenze relazionali e la consapevolezza critica.

In sintesi, i risultati evidenziano un duplice bisogno: da un lato, coltivare risorse personali come grinta, resilienza e autostima; dall’altro, vivere in contesti inclusivi, etici e capaci di generare speranza. È quindi evidente che il benessere non possa essere ridotto a un semplice adattamento individuale, ma debba essere inteso come un equilibrio dinamico tra crescita personale e qualità del vivere collettivo.

L’ambiente in cui una persona vive e studia non è neutro: può costituire una barriera o un facilitatore del benessere e delle possibilità di crescita. Le università, le scuole e i luoghi di lavoro devono quindi essere pensati come contesti inclusivi e aperti, capaci di promuovere opportunità per tutte e tutti.

Inoltre, studenti e studentesse devono essere messi nelle condizioni di sviluppare capacità di lettura critica della realtà, riconoscendo disuguaglianze e dinamiche di esclusione. Ǫuesto solleva una domanda cruciale: gli attuali programmi scolastici e universitari offrono davvero queste opportunità? La formazione non deve limitarsi a trasmettere conoscenze, ma deve educare al pensiero critico, alla cittadinanza attiva e alla responsabilità sociale. Ciò significa che i problemi individuali non vanno mai isolati, ma interpretati alla luce delle condizioni sociali, culturali ed economiche che li determinano.

Implicazioni educative

I risultati di questa semplice ricerca offrono spunti preziosi per il mondo dell’educazione e della formazione. In primo luogo, mostrano la necessità di equilibrare l’enfasi sulle risorse individuali — come grinta, resilienza e autostima — con un’attenzione costante ai fattori sociali, relazionali e culturali che influenzano il benessere. Educare alla determinazione è importante, ma non sufficiente: occorre sviluppare anche la consapevolezza critica dei vincoli strutturali che condizionano le opportunità di crescita.

In secondo luogo, la centralità attribuita dai giovani al tema dell’inclusione evidenzia quanto la scuola e l’università debbano configurarsi come comunità accoglienti, dove ciascuno possa sentirsi riconosciuto, rispettato e valorizzato nelle proprie differenze.

Altrettanto significativo è il fatto che termini come assertività, patriarcato o abilismo risultino poco conosciuti o poco valorizzati: questo indica l’urgenza di integrare nei curricula educativi percorsi che sviluppino competenze relazionali, sensibilità alle dinamiche di potere e capacità di contrastare le discriminazioni. Insegnare a comunicare in modo assertivo, a riconoscere le forme sottili di esclusione e a decostruire stereotipi rappresenta un investimento decisivo per il benessere futuro delle nuove generazioni.

Infine, l’attenzione limitata verso la fragilità invita a rivedere la retorica educativa dominante, spesso centrata solo sulla forza e sulla prestazione. Accogliere la fragilità come dimensione universale e costitutiva della condizione umana può insegnare a studenti e studentesse a chiedere aiuto, a sviluppare empatia e a costruire reti solidali (i servizi di counseling universitario mirano ad accogliere questa fragilità)

In sintesi, le implicazioni educative di questo studio suggeriscono che la scuola e l’università non debbano essere soltanto luoghi di trasmissione del sapere, ma spazi in cui si coltiva una visione del benessere come responsabilità condivisa, intreccio indissolubile tra crescita personale e qualità della vita collettiva.

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Parole chiave

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