asilo

Il sistema di accoglienza in Italia

Migliaia di rifugiati, prevalentemente dal Bangladesh, Nigeria, Mali e Ciad, attendono la distribuzione di cibo nella città di confine di Sallum, in Egitto, dopo la fuga dalla Libia.
© UN Photo

Il sistema di accoglienza in Italia, si articola su diversi livelli:

  1. Ingresso
  2. Prima accoglienza
  3. Seconda accoglienza

L’ingresso

Per quanto riguarda le primissime procedure, finalizzate all’identificazione, occorre operare una differenza tra quanti arrivano via mare e chi invece giunge via terra. Nel primo caso, in prossimità dei luoghi di sbarco, vi sono strutture di primo soccorso e accoglienza chiamate hotspot (ex CPSA, Centri di Primo Soccorso e Accoglienza). In Italia ne esistono quattro: Lampedusa, Pozzallo, Messina e Taranto. Qui le persone sono sottoposte ad accertamenti e screening sanitari e a procedure di identificazione e fotosegnalamento. Ricevono assistenza informativa sulla normativa in materia di immigrazione e asilo e sulla possibilità di richiedere la protezione internazionale. Per quanti arrivano via terra, una volta attraversato il confine, seguono l’identificazione e la segnalazione dalla Polizia di frontiera. Le associazioni e gli enti no profit presenti sul territorio offrono poi una prima assistenza materiale in attesa che le persone vengano collocate nei centri di prima accoglienza.

La fase della prima accoglienza: i centri governativi

Il sistema di prima accoglienza in Italia è costituito da tre diverse tipologie di centri governativi, istituiti su tutto il territorio nazionale. Questo sistema è stato creato attraverso una serie di disposizioni che sono andate progressivamente ad integrarsi l'una con l'altra. La prima accoglienza per migranti e richiedenti asilo dovrebbe caratterizzarsi come una misura di sostegno dei beneficiari nella "fase dell'emergenza", nell'ottica di una loro successiva integrazione nel tessuto sociale del paese ospitante.

I centri si suddividono in:  

  • Centri di prima accoglienza ( CPA, (ex CDA, Centri Di Accoglienza; ex CARA, Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo)
  • Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS)
  • Centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR, ex CIE, centri di identificazione ed espulsione)

I richiedenti asilo possono essere assistiti o trattenuti all'interno di tutte e quattro le tipologie di struttura. Tuttavia gli unici centri che possano essere considerati come parte del sistema di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale sono i CARA. Non mancano tuttavia elementi di criticità.

Un primo elemento che desta preoccupazione riguarda i tempi di accoglienza. La legge prevede che il richiedente debba essere ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario e, in ogni caso, per un periodo che non può superare i 35 giorni, corrispondente al tempo previsto dalla legge per il riconoscimento dello status. In realtà i tempi effettivi di soggiorno appaiono essere decisamente più lunghi. La permanenza nei centri in molti casi raggiunge la durata di un anno, con una media stimata di circa 4 mesi. Tali ritardi sono da imputare da un lato al fatto che la procedura per il riconoscimento dello status di protezione internazionale ha tempistiche più lunghe rispetto a quelle dettate dalla norma e, dall'altro, alla difficoltà di inserimento dei richiedenti asilo nelle strutture di seconda accoglienza, a causa della loro scarsa capacità ricettiva. I CARA si sono quindi trasformati da luoghi in cui ospitare i richiedenti asilo esclusivamente per la durata della procedura, in luoghi in cui i rifugiati rimangono anche dopo il riconoscimento dello status.

Un secondo aspetto da rilevare riguarda la scelta degli spazi dedicati a tali strutture. I CARA infatti sono strutture di grandi dimensioni, che nella maggior parte dei casi venivano precedentemente utilizzate per altri scopi (ex edifici industriali, ex aeroporti, ex saline, ex caserme). Si trovano in zone periferiche e isolate dal resto del territorio, circondati da recinzioni, per cui, da un punto di vista strutturale, la funzione di accoglienza sembra essere marginale rispetto a quella di contenimento. Esse, anche per il fatto di essere in molti casi costituite da container o prefabbricati, appaiono inadatte a fornire condizioni di accoglienza dignitose.

In molti casi esiste inoltre una sovrapposizione tra CARA e CDA, nel senso che persone che, in quanto richiedenti asilo, dovrebbero stare nei CARA di fatto si trovano anche nei CDA, la cui funzione però è del tutto distinta, in quanto consiste nel dare accoglienza a migranti in attesa di identificazione o di espulsione.

La seconda fase dell'accoglienza: il sistema SAI

Lo SPRAR, il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, istituito con legge n. 189 del 30 luglio 2002 (c.d. legge Bossi-Fini), costituiva il circuito dei servizi di seconda accoglienza volti a fornire assistenza ai richiedenti protezione internazionale e ai rifugiati. Esso si caratterizzava come un sistema decentrato composto da una rete di enti locali e di organizzazioni del terzo settore che, attraverso la realizzazione di progetti a livello locale, forniscono quella che viene definita l'accoglienza integrata. 

Negli ultimi anni si è assistito a un rapido susseguirsi di normative in materia di accoglienza. Le ultime modifiche sono state introdotte con il d.l. n. 130/2020 che ripristina il sistema originariamente delineato dal d.lgs. n. 142/2015 e alterato a seguito degli interventi del d.l.n. 113/2018, ma con alcune differenze in relazione ai servizi erogati e ai beneficiari di questi. I richiedenti protezione internazionale possono nuovamente accedere al sistema di accoglienza ex SPRAR, ridenominato SAI- Sistema di accoglienza e integrazione, accesso che era stato loro negato nella fase tra il 2018 e il 2020 in cui il sistema era identificato come  SIPROIMI.

Oltre ai beneficiari del SAI, la seconda novità introdotta dal d.l. n. 130/2020 riguarda l’articolazione dei servizi prestati dagli enti locali finalizzati all’accoglienza. Questi vengono infatti distinti in due tipologie: servizi di primo livello, cui accedono i richiedenti protezione internazionale, e servizi di secondo livello, cui accedono tutte le altre categorie di beneficiari del sistema. Tra i servizi di primo livello sono incluse le prestazioni di accoglienza materiale, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. I servizi di secondo livello si aggiungono a quanto appena evidenziato e sono finalizzati all’integrazione sul territorio, comprendendo l’orientamento al lavoro e la formazione professionale. 

Per quanto riguarda i servizi erogati nei centri di prima accoglienza e di accoglienza straordinaria, la nuova disciplina prevede che siano i medesimi servizi di primo livello garantiti ai richiedenti asilo nell’ambito del SAI.

Tra le novità in tema di accoglienza vi sono anche alcune previsioni relative al trasferimento dei richiedenti asilo dai centri di prima accoglienza alle strutture del SAI. Si introduce infatti un criterio di priorità ai fini di detto trasferimento per quei richiedenti asilo portatori di esigenze particolari, sulla base delle specifiche vulnerabilità, tra cui lo status di minore, di minore non accompagnato, di disabile, di anziano, di donna in gravidanza, di persona affetta da grave malattia o da disturbi mentali, di persona vittima di violenza o tortura. 

Un'ultima caratteristica del SAI che potrebbe incidere negativamente nell'attuazione delle iniziative è la volontarietà degli enti locali nella partecipazione alla rete dei progetti di accoglienza. Infatti, nella logica della previsioni, i maggiori oneri relativi ai servizi aggiuntivi dedicati ai richiedenti asilo nei centri di prima accoglienza e in quelli di accoglienza straordinaria, verrebbero compensati dai risparmi di spesa derivanti dal minor periodo di permanenza dei richiedenti nei centri governativi di accoglienza in vista del trasferimento nelle strutture del SAI, dove saranno accolti solo nel limite dei posti disponibili in relazione ai progetti attivati dagli enti locali e ammessi a finanziamento dal Ministero dell’interno. L’adesione degli enti alla rete resta però volontaria e scarsamente incentivata, anche per quanto concerne l’ammontare delle risorse finanziarie dedicatele. Nonostante le potenziali criticità evidenziate rischino di minare la realizzazione di una forma di accoglienza integrata e diffusa, l’attenzione che il nuovo Sistema riserva alle vulnerabilità, ripresa e ampliata rispetto al precedente SPRAR, non può che essere salutata con favore. 

Collegamenti

Parole chiave

asilo rifugiati Italia accoglienza