Italia

L’impianto normativo italiano in materia di asilo

L’approdo di 20.000 cittadini albanesi a Bari a bordo della nave Vlora, l’8 agosto 1991

Il fondamento del diritto d'asilo nella normativa italiana è rinvenibile nella Carta Costituzionale all'art 10, tra i 12 articoli che espongono i principi fondamentali su cui si fonda la Repubblica. L'art.10(3) recita:

"Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge".

La prima legge in materia di asilo approvata dall'Italia è la legge n. 39 del 28 febbraio 1990 (legge Martelli), conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416. La legge Martelli, lontana dal disciplinare in maniera organica la materia, regola alcuni aspetti del riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, tra cui le modalità di presentazione delle domande e le forme di assistenza per i richiedenti asilo. La legge prevede che le domande di riconoscimento dello status di rifugiato debbano essere presentate alla polizia di frontiera o alla questura e accorda ai richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza la possibilità di accesso ad un contributo economico per un massimo di 45 giorni. All'art.1 viene eliminata la limitazione geografica posta dall'Italia al momento della firma della Convenzione di Ginevra del 1951, in base alla quale lo status di rifugiato poteva essere riconosciuto solo per persecuzioni avvenute nel continente europeo.

Qualche anno più tardi la legge n.40 del 6 marzo 1998 (legge Turco-Napolitano), che riformula interamente la disciplina dell'immigrazione, interviene anche sul tema dell'asilo. La legge Turco-Napolitano, confluita successivamente nel Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero (D.lgs 25 luglio 1998 n.286), prevede una distinzione tra immigrati in senso generale e rifugiati, accordando a questi ultimi un trattamento decisamente favorevole. Le previsioni più rilevanti contenute in questi provvedimenti legislativi sono:

  • Possibilità di rilascio di permessi di soggiorno per motivi di protezione temporanea (art.18 legge n.40/1998)
  • Istituzione della protezione umanitaria, con rilascio di un permesso di soggiorno di carattere umanitario e conseguente divieto di espulsione o respingimento (art.5, co.6 D.lgs n.286/1998)
  • Istituzione di Centri di accoglienza per stranieri temporaneamente in condizione di indigenza (art.38 legge Turco-Napolitano)
  • Trattenimento dei migranti nei Centri di permanenza temporanea e assistenza – CPTA (art.14 D.lgs n. 286/1998) in caso fosse necessario accertarne l'identità o la nazionalità, per l'acquisizione dei documenti di viaggio, per indisponibilità di un mezzo di trasporto idoneo o per il soccorso del migrante.

Il successivo intervento legislativo è dato dalla legge n. 189 del 30 luglio 2002 (c.d. legge Bossi-Fini), accompagnata dal Regolamento di attuazione (DPR n. 303/2004). Questi strumenti mantengono la distinzione tra richiedente asilo e immigrato. La legge Bossi-Fini introduce tuttavia nuove ipotesi che giustificano il trattenimento dei richiedenti asilo, distinte in facoltative e obbligatorie. In questo modo, il trattenimento in centri specifici dei richiedenti asilo, da circostanza eccezionale, diviene prassi ordinaria. Queste le previsioni di legge più rilevanti della nuova disciplina (che, dal punto di vista formale, va in parte ad integrare il la legge Martelli del 1990):

  • Istituzione dei Centri di Identificazione – CID, per il trattenimento dei migranti e dei richiedenti asilo (art.5 DPR n. 303/2004)
  • Creazione di una procedura semplificata (art.32 legge 30.07.2002), accanto a quella ordinaria, per il riconoscimento dello status di rifugiato nel caso di persone in condizione di soggiorno irregolare o per persone che, al momento della presentazione della domanda di asilo, erano già destinatari di un provvedimento di espulsione o respingimento
  • Istituzione delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato su tutto il territorio italiano (art. 32 – art. 1–quater, l. 39/1990)
  • Istituzione del Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati – SPRAR, per l'accoglienza dei richiedenti asilo (art. 32 – art. 1–sexies, l. 39/1990)

Con il recepimento della normativa europea in materia di asilo, tra il 2005 e il 2008 l’istituto della protezione internazionale, comprendente quindi lo status di rifugiato e quello di titolare di protezione sussidiaria, entra definitivamente a far parte del quadro normativo italiano. Nel 2005 viene recepita la direttiva comunitaria 2003/9, che contiene le “norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri”.

Il decreto legislativo di attuazione, Decreto legislativo 140/2005, stabilisce le regole dell'accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato nel territorio nazionale, in linea con gli standard europei e con il diritto internazionale dei rifugiati (in particolare, con la Convenzione di Ginevra del 1951).

In seguito, è stato il turno della direttiva 2004/83, la cosiddetta “direttiva qualifiche”, recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto legislativo 251/2007. La norma stabilisce per gli Stati membri i criteri da utilizzare per decidere se un richiedente asilo abbia diritto alla protezione internazionale e quale forma di protezione debba ricevere, se lo status di rifugiato o una forma di protezione sussidiaria.

Nel 2008 infine è stata recepita la direttiva comunitaria 2005/85, nota come “direttiva procedure”. Attuata con il Decreto legislativo 25/08, la direttiva introduce norme minime per le procedure applicate negli Stati membri nel riconoscimento e nella revoca dello status di rifugiato.

Questi ultimi due Decreti legislativi hanno modificato in modo sostanziale le norme sull’asilo. Ad esempio, aboliscono il trattenimento dei richiedenti asilo, introducono l’effetto sospensivo del ricorso contro il diniego della domanda d’asilo e prevedono la possibilità di ottenere il ricongiungimento familiare anche per quanti hanno ottenuto una protezione sussidiaria.

Successivamente, i provvedimenti in materia di sicurezza adottati nel 2008 e ribattezzati "pacchetto sicurezza" introducono una serie di disposizioni rilevanti per la materia dell'asilo.

Queste le principali previsioni:

  • Restrizioni alla libera circolazione dei richiedenti asilo: il d.lgs 3 ottobre 2008 n. 159, modificando un precedente decreto legislativo che dava attuazione alla Direttiva 2005/85/CE sulle norme minime di procedura per riconoscere lo status di rifugiato, prevede che il prefetto competente possa stabilire un luogo di residenza o un'area geografica entro la quale i richiedenti asilo possono circolare. E' stato notato che questa disposizione si pone in contrasto con quanto contenuto nella Direttiva 2003/9/CE sull'accoglienza dei richiedenti asilo, che all'art. 7 prevede la libera circolazione per i richiedenti asilo, con possibilità di restrizioni sono in alcuni casi (per motivi di pubblico interesse, ordine pubblico per motivi legali o per il trattamento rapido e il controllo efficace della domanda).
  • Estensione dell'ambito di applicazione dell'istituto del trattenimento: alle lettere d) ed e) dell'art. 1 del d.lgs 3 ottobre 2008 n.159, viene disposto il trattenimento obbligatorio nei centri di permanenza temporanea e assistenza (Cpta) di tutti i richiedenti asilo destinatari di un provvedimento di espulsione. Già il D. Lgs n. 25/2008 prevedeva il trattenimento dei richiedenti asilo nei Cpta, ma solo in alcune ipotesi debitamente circoscritte.
  • Modifiche in materia di tutela giurisdizionale contro le decisioni di rigetto della domanda di asilo: il d.lgs 3 ottobre 2008 n.159 opera un "passo indietro" rispetto ai progressi compiuti con il recepimento della Direttiva procedure. Viene re-inserita la disposizione che prevedeva l'esecuzione immediata dell'espulsione del richiedente asilo in caso di rigetto della domanda. E' stato osservato che tale previsione si pone in contrasto con l'art. 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che sancisce il diritto ad un ricorso effettivo. La portata delle norme è attenuata dalla possibilità per i richiedenti asilo di rimanere sul territorio italiano per "gravi motivi personali o di salute", previa autorizzazione prefettizia. Questa, tuttavia, non appare essere tutela efficace, dal momento che non vengono definiti i criteri per ravvisare i "gravi motivi".
  • Reato di immigrazione clandestina: la legge del 15 luglio 2009, n. 94 introduce all'art.10-bis il cosiddetto "reato di immigrazione clandestina", che fissa un'ammenda da 5.000 a 10.000 euro per lo straniero che fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato. All'art.14, comma 5-ter, il decreto dispone inoltre la reclusione da 1 a 4 anni per lo straniero che permane illegalmente senza giustificato motivo nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine di espulsione impartito dal questore. Quest'ultima norma è stata giudicata dalla Corte di Giustizia Europea incompatibile con l'obiettivo fissato dalla Direttiva Rimpatri (Direttiva 2008/115), che mira a realizzare secondo procedure omogenee tra gli Stati membri il rimpatrio dei migranti irregolari.
  • Introduzione dei Centri di Identificazione ed espulsione – CIE: il decreto-legge n.92/2008 all'art.9 rinomina i Centri di permanenza temporanea e assistenza (Cpta) Centri di identificazione ed espulsione (CIE), allungando i tempi di permanenza massima al loro interno a sei mesi.

Terzo istituto di protezione che completerebbe secondo l'odierna interpretazione l'attuazione dell'art. 10.3 Cost. è il permesso di soggiorno “per motivi umanitari”. Sebbene l'art. 6, par.4, della direttiva 2008/115/CE preveda la possibilità per gli Stati membri di estendere l'ambito delle forme di protezione tipiche, rifugio e protezione sussidiaria, questo tipo di protezione era già stato previsto dalla normativa italiana e, precedentemente alla riforma del 2018, poteva essere rilasciato dal Questore anche su richiesta delle Commissioni territoriali competenti al rilascio del permesso di soggiorno per rifugiato o per beneficiario di protezione sussidiaria, in presenza di “gravi motivi di carattere umanitario”. Il Questore, in tal caso, avrebbe dovuto limitarsi a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti per il riconoscimento e in caso di diniego, il provvedimento poteva essere impugnato davanti al giudice ordinario. 

Dal 2018 tale forma di protezione ha attraversato ben tre cicli di variazioni: il primo con il d.l. n.113/2018, convertito con l. n. 132/2018, successivamente con il d.l. n. 130/2020, convertito con l. n. 173/2020 e infine con il d.l. n. 20/2023 convertito con l. n. 50/2023. 

Quanto al primo nucleo di variazioni, il d.l. n. 113/2018 ha direttamente abrogato la previsione relativa al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (art. 5, comma 6, T.U. Imm), sostituendolo con il permesso di soggiorno per protezione speciale, ma limitando quest'ultimo alle sole ipotesi di pericolo di persecuzione o di tortura. Tale permesso di soggiorno per protezione speciale (art. 18, T.U. Imm) viene a sua volta inserito sotto un nuovo titolo di soggiorno denominato “casi speciali”. Nell'ambito di quest'ultimo rientrano anche ipotesi già normate, ovvero i casi di: soggiorno per le vittime di violenza domestica (art. 18 bis, T.U. Imm) e soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo (art. 22, T.U. Imm.). Il d.l. n. 113 ha poi introdotto nel novero dei permessi di soggiorno rilasciabili sulla base di motivi specifici altre tre tipologie, che vanno dunque ad affiancare i già trattati casi speciali: cure mediche (art. 19, comma 2, lettera d-bis); calamità (art. 20-bis); motivi di particolare valore civile (art. 42-bis). 

Il successivo d.l.130/2020 mantiene la denominazione di “permesso di soggiorno per protezione speciale”, ma amplia  il novero delle fattispecie nelle quali deve essere riconosciuto detto permesso: si stabilisce, dapprima, il divieto di espulsione e respingimento non soltanto qualora la persona rischi persecuzione o tortura ma anche “trattamenti inumani o degradanti” o anche qualora ricorrano gli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Un Ulteriore ampliamento è costituito dall'inammissibilità del respingimento o dell’espulsione “qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare “.

Un'altra novità è riferita al permesso di soggiorno previsto dall’art. 32 del T.U. Imm., rilasciabile al compimento della maggiore età del minore straniero: la novità (contenuta nell’art. 1, primo comma, lett. h) del d.l. n. 130 del 2020) consiste nella re-introduzione della previsione (già contenuta nel testo unico ed eliminata dal d.l. n. 113 del 2018) del silenzio assenso relativamente al procedimento di rilascio del permesso di soggiorno in questione, impedendo inoltre che il mancato rilascio del parere obbligatorio del Comitato per i minori stranieri, le cui funzioni dal 2012 sono state trasferite agli uffici governativi, consenta il rigetto della richiesta di permesso. 

Ancora, riguardo la convertibilità dei permessi di soggiorno in permessi di lavoro,  il decreto estende  tale possibilità anche ai permessi di soggiorno per protezione speciale, calamità, residenza elettiva,  acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi e assistenza ai minori o per cure mediche dello straniero che versa in gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie. Quanto poi alla protezione internazionale le modifiche introdotte riguardano la procedura di esame prioritario e di esame accelerato delle domande, nonché la gestione delle domande reiterate in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento. Il permesso di soggiorno per protezione speciale è stato portato da 1 anno a 2 anni. Infine, sempre in materia di protezione complementare, è stata ampliata la nozione del permesso di soggiorno per calamità naturale: non si richiede più che lo stato di calamità sia eccezionale e transitorio ma che la situazione sia di “grave” calamità. Viene altresì espressamente prevista, l’iscrizione del richiedente protezione internazionale nell’anagrafe della popolazione residente.

Infine, in materia di accoglienza, viene creato il nuovo Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che sostituisce il SIPROIMI, in cui la fase successiva a quella di prima assistenza e soccorso viene affidata agli enti locali e si articola in due livelli di servizi, distinti a seconda che si tratti di soggetti richiedenti protezione internazionale oppure titolari della stessa.

Per quanto riguarda l’intervento normativo più recente, il d.l. 20/2023 e la rispettiva legge di conversione che, pur apportando qualche variazione non ne modifica l’impianto normativo generale, prevede le seguenti novità:

  • in materia del permesso di soggiorno concesso al minore non accompagnato, si restringe la possibilità di conversione limitando ad un anno il periodo massimo di validità del permesso da concedere per motivi di studio, accesso al lavoro o lavoro subordinato o autonomo, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri. Solo in caso di minori inseriti in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato iscritti in apposito registro si possono riconoscere, in sede di conversione, un permesso di soggiorno della durata massima di due anni.
  • Circa la procedura volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale, sotto cui risiedono gli istituti dello status di rifugiato e di titolare di protezione sussidiaria, la l.n. 50/2023 introduce una nuova ipotesi di procedura accelerata per domande presentate direttamente alla frontiera o in zone di transito, nel caso in cui il richiedente provenga da Paese di origine sicura;  la limitazione dell'inammissibilità della domanda reiterata ai casi in cui non siano stati addotti elementi nuovi o prove . Si sancisce poi la non sospensione, in caso di ricorso, dell’efficacia del provvedimento di rigetto di domande presentate direttamente alla frontiera, della seconda domanda reiterata quando già la prima reiterata era stata rigettata e della domanda reiterata presentata per la prima volta in fase di esecuzione del provvedimento di allontanamento e dichiarata inammissibile. Infine, è stata infine prevista la possibilità di perdere lo status di rifugiato nel caso di rientro nel Paese di origine per un periodo di breve durata, se il viaggio non è giustificato da gravi e comprovati motivi.

La protezione speciale non viene poi eliminata, ma fortemente limitata. In particolare: 

  • viene abrogata l’esplicita possibilità di chiederne il riconoscimento direttamente al questore, quindi al di fuori del sistema della protezione internazionale; 
  • tra le situazioni necessarie per il riconoscimento della protezione speciale scompare dunque la violazione del diritto alla vita privata e familiare, che però resta tra gli obblighi costituzionali e internazionali. L’intervento ha dunque abrogato non il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ma i soli criteri con i quali il legislatore italiano aveva inteso orientare l’autorità competente al suo accertamento. 
  • viene abrogata la facoltà di conversione in lavoro del permesso per protezione speciale, oltre che di quelli per cure mediche e calamità.
  • i permessi di protezione speciale già rilasciati e in corso di validità saranno rinnovati una sola volta con durata annuale, salva la facoltà di conversione in permessi per motivi di lavoro;
  • il divieto di espulsione per motivi di salute viene limitato ai soli casi in cui le condizioni di salute che attivano il divieto derivino da “patologie di particolare gravità non adeguatamente curabili nel Paese di origine”;
  • Il permesso di soggiorno per calamità viene limitato alle situazioni “contingenti ed eccezionali” e non più alla sola situazione di “grave calamità”; 
  • viene inserito un permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica anche le vittime del delitto di “costrizione o induzione al matrimonio”.

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