Risultati del Follow-up 2023 del Comitato Europeo dei Diritti Sociali: Salute delle Donne e Ostacoli all’Accesso all’Aborto in Italia

Il Comitato Europeo dei Diritti Sociali (CEDS) ha esaminato il seguito alle decisioni relative a due ricorsi collettivi: International Planned Parenthood Federation – European Network (IPPF EN) c. Italia (n. 87/2012, decisione del 10 Settembre 2013) e Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) c. Italia (n. 91/2013, decisione del 12 Ottobre 2015), riguardanti la violazione del diritto a cure sanitarie adeguate senza discriminazioni nel caso di interruzione di gravidanza.
Il Comitato ha riscontrato che l’Italia non ha ancora adeguato la situazione in conformità all’Articolo 11 (protezione della salute) della Carta Sociale Europea (Riveduta) e all’Articolo E (non discriminazione), letto in combinato disposto con l’Articolo 11 della Carta Riveduta.
In entrambi i casi, il CEDS ha riscontrato che l’Italia non ha garantito un trattamento non discriminatorio per le donne che intendono interrompere la gravidanza, costrette — con rischi per la salute — a spostarsi da un ospedale all’altro sul territorio nazionale o a recarsi all’estero a causa della mancanza di personale sanitario non obiettore in diversi ospedali italiani. Il CEDS ha ritenuto che la negazione dell’accesso ai servizi di aborto possa comportare per le donne costi economici significativi, poiché obbligate a ricorrere a cure in un’altra regione o all’estero. Le donne, di conseguenza, rischiano di essere private della reale possibilità di esercitare il proprio diritto legale a tali servizi.
Per quanto riguarda il caso CGIL c. Italia (2015), il CEDS ha concluso che la situazione non è stata resa conforme alla Carta Riveduta con riferimento all’Articolo 11.1 (eliminare per quanto possibile le cause di cattiva salute), all’Articolo 1.2 (proteggere il diritto del lavoratore a guadagnarsi da vivere in un’occupazione liberamente scelta) e all’Articolo 26.2 (promuovere consapevolezza, informazione e prevenzione di comportamenti riprovevoli ricorrenti sul posto di lavoro).
La mancata conformità alla Carta Riveduta si fonda sul fatto che l’Italia non ha garantito che le strutture sanitarie offrissero effettivamente il servizio di interruzione di gravidanza, il che, nonostante la legislazione vigente, rende difficile l’accesso a tali servizi per le donne interessate, costrette a ricorrere a soluzioni alternative mettendo a rischio la propria salute. Inoltre, le strutture sanitarie non hanno adottato le misure necessarie per compensare le carenze nel servizio dovute al personale sanitario che si è dichiarato obiettore di coscienza.
Ai sensi dell’Articolo 1.2 della Carta Riveduta, il CEDS ha ritenuto che la giustificazione della disparità di trattamento tra medici obiettori e non obiettori — in particolare gli svantaggi cumulativi subiti da questi ultimi sul lavoro, sia diretti che indiretti, in termini di carico di lavoro, assegnazione delle mansioni e opportunità di carriera — non sia ragionevole né oggettiva. Inoltre, l’Italia non ha organizzato attività di formazione preventiva né campagne di sensibilizzazione per proteggere i medici non obiettori dal mobbing o dalle molestie morali.