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Emiciclo della Camera dei Deputati
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La legislazione italiana sulle armi leggere e di piccolo calibro

Autore: Andrea Cofelice

La legislazione italiana individua due categorie di armi leggere e di piccolo calibro: le armi da guerra e le armi comuni da sparo.

In particolare, la Legge 110/75 definisce armi da guerrale armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari.” (art.1) Le armi comuni da sparo, invece, includono essenzialmente pistole, revolver, fucili e carabine non automatiche, le armi denominate “da bersaglio da sala” (o ad emissione di gas), nonché quelle che, “presentino specifiche caratteristiche per l'effettivo impiego per uso di caccia o sportivo, abbiano limitato volume di fuoco e siano destinate ad utilizzare munizioni di tipo diverso da quelle militari”, comprese le loro parti di ricambio e munizioni (art. 2).

La Legge 110 del 18 aprile 1975, pur trattando in maniera limitata le armi da guerra, disciplina prevalentemente le armi comuni da sparo. Tale legge prevede una serie di disposizioni relative al porto d’armi, al controllo delle armi, alla loro registrazione e classificazione, nonché alla regolamentazione di una serie di processi che includono la fabbricazione, l’importazione e l’esportazione del materiale d’armamento. Poiché, tuttavia, lo scopo della Legge 110/75 è essenzialmente quello di tutelare l’ordine nazionale interno e ridurre le importazioni di armi, essa non introduce alcun controllo sulle sue esportazioni. In questo specifico settore, i dati forniti dalle Nazioni Unite per il 2009 segnalano l’Italia come il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per esportazione di armi e munizioni e loro parti ed accessori, per un valore di circa 640 milioni di dollari, che rappresentano il 6,4% del totale delle esportazioni mondiali.

Diversamente da quanto accade per le armi comuni da sparo, la Legge 185 del 9 luglio 1990 ha introdotto nella legislazione italiana una serie di principi, vincoli e divieti a cui deve uniformarsi l’azione politica del Governo in materia di controllo delle operazioni di importazione, esportazione e transito dei materiali d’armamento militare (cd. armi da guerra). La legge, in particolare, pone il divieto di esportazione e transito sul territorio nazionale di materiali d’armamento (art. 6):

a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite […];
b) verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione;
c) verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea (UE);
d) verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa; […]”.

La legge, inoltre, prevede che il Presidente del Consiglio riferisca annualmente in Parlamento sulle operazioni di vendita di armamenti italiani all’estero, specificando il numero e il tipo di autorizzazioni governative, i Paesi destinatari, il contenuto e l’ammontare della fornitura, nonché le transazioni bancarie in materia di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento (artt. 5 e 27). Secondo i dati pubblicati nell’ultimo Rapporto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento (marzo 2010), nel 2009 sono state rilasciate 2.181 autorizzazioni (erano 1.880 nel 2008) per l’esportazione di materiali di armamento, per un valore di circa 5 miliardi di euro, con un aumento del 61% rispetto al 2008, quando il valore delle esportazioni di materiale d’armamento era di circa 3 miliardi di euro (dato che, a sua volta, era in aumento rispetto al 2007 del 29% circa).

Aggiornato il

18/10/2010