Corte penale internazionale

Corte Penale Internazionale: Il Procuratore conferma che l’Italia va deferita all’Assemblea degli Stati Parte e/o al Consiglio di Sicurezza per non aver eseguito l’ordine della Corte di arrestare Osama El Masri Njeem (conosciuto anche come Almasri)

Nazhat Shameen Khan, vice-Procuratrice della CPI
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Sommario

  • Introduzione
  • Gli antefatti
  • Le osservazioni dell'Ufficio del Procuratore
  • Conclusione

Introduzione

il 26 giugno 2025, la Vice-Procuratrice della Corte Penale Internazionale (CPI), Nazhat Shameem Khan, ha presentato la risposta dell’Ufficio del Procuratore (Office of the Prosecutor - OTP) alla ricostruzione dei fatti relativi al mancato arresto di Osama Elmasry Njeem (noto anche come Almasri) fatta dal governo italiano e datata 30 aprile 2025 (la nota del governo italiano è disponibile qui; per un commento vedi invece qui). L’OTP conferma la sua intenzione di richiedere il deferimento dell’Italia alla Conferenza degli Stati Parte della CPI e/o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite  ai sensi dell’art. 87.7 dello statuto della CPI, per essere venuta meno all’obbligo di cooperazione con la CPI stessafissato dall’art. 90 dello stesso Statuto, non avendo provveduto ad arrestare Almasri/Njeem e avendolo anzi riconsegnato come persona libera alle autorità libiche. 

El Masri/Njeem era oggetto di un mandato d’arresto della CPI per crimini di guerra e contro l’umanità, tra cui omicidio, tortura, violenza sessuale, trattamenti crudeli e inumani, persecuzione e detenzione arbitraria, commessi a partire dal 15 febbraio 2015 nella gestione della prigione di Mitiga, a Tripoli. La CPI indaga sull’operato di varie autorità libiche implicate nel traffico di persone nell’ambito della situazione sottoposta alla sua giurisdizione dal Consiglio di Sicurezza con Risoluzione 1970(2011). È significativo ricordare che il 12 maggio 2025, il governo della Libia ha accettato che la CPI eserciti la sua giurisdizione sul territorio dello Stato dal 2011 fino al termine del 2027.

Gli antefatti

Il 18 gennaio 2025, la Camera Preliminare I della CPI ha emesso, a maggioranza, un mandato di arresto nei confronti di Almasri. In concomitanza con l’emissione del mandato, la Cancelleria della Corte, in coordinamento con l’OPT, ha inviato formali richieste di esecuzione a sei Stati Parte dello Statuto di Roma, tra cui l’Italia. Il giorno seguente, 19 gennaio 2025, Almasri è stato individuato e arrestato a Torino. Tuttavia, come già evidenziato in questo Annuario, l’arresto di Almasri, avvenuto a Torino, non è stato confermato dalla Corte d’Appello di Roma, competente sulla materia a norma della legge 237/2012 che disciplina la cooperazione giudiziaria tra l’Italia e la CPI, che ha disposto pertanto la liberazione di Almasri. Sulla base dell’art. 13, comma 1, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico sull’Immigrazione), che consente l’espulsione amministrativa per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, Almasri è stato rimpatriato a Tripoli tramite un volo di Stato.

Le osservazioni dell'Ufficio del Procuratore

L’Ufficio del Procuratore per prima cosa osserva che, nella sua nota del 30 aprile, lo Stato italiano informava per la prima volta (a tre mesi dai fatti) che uno dei motivi che ha rallentato e quindi reso impossibile l’esecuzione del mandato d’arresto della CPI, era la notifica da parrte della Libia di una richiesta di estradizione per lo stesso Almasri. l’OPT risponde che non risulta l’esistenza di alcun documento libico che contenga tale richiesta di estradizione (le stesse autorità italiane non lo hanno esibito) e che, comunque, nemmeno l’ipotetica richiesta libica è stata eseguita dall’Italia, dato che Almasri è stato rimpatriato da uomo libero.

Gli argomenti  avanzati dall’Italia per giustificare il proprio operato erano i seguenti. In primo luogo, la polizia che aveva eseguito l’arresto di Almasri a Torino era incorsa, secondo la valutazione indipendente e indiscrittibile della Corte d’appello di Roma, in alcuni vizi di procedura che avevano comportato la non covalida dell’arresto e la liberazione dell’arrestato. In secondo luogo, il Ministro della giustizia non ha potuto rimediare i vizi procedurali (come la stessa Corte d’appello lo invitava a fare), poiché una seconda richiesta di arresto era pervenuta dalla Libia, che richiedeva un’attenta valutazione, e a causa di alcune irregolarità asseritamente presenti nell’atto ricevuto dalla CPI. Infine, indipendentemente dalla procedura in corso, il Ministro dell’interno aveva autonomamente deciso di espellere in via d’urgenza Almasri per motivi di sicurezza nazionale.

L’OTP nota che l’articolazione dei ruoli e delle responsabilità non può far perdere di vista il fatto che nella sostanza l’Italia non ha eseguito né il mandato di cattura della CPI, né quello della Libia. Controversie interpretative riguardanti la normativa nazionale, inoltre, non fanno venire meno la responsabilità dello stato per la violazione di un obbligo internazionale.

L’OTP contesta l’interpretazione data dalla Corte d’appello di Roma nonché dal Ministro della giustizia, secondo cui un mandato d’arresto della CPI non può essere direttamente eseguito anche senza che una richiesta in tal senso venga emessa dal Ministro stesso. Anche se la legge 237/2012 non ne parla, il senso della norma sulla cooperazione degli Stati impone che la polizia di qualsiasi Stato Parte della CPI possa arrestare un sospetto senza necessariamente attendere un input, poiché altrimenti qualsiasi ordine d’arresto sarebbe rimesso alla valutazione discrezionale dello Stato. In ogni caso, il Ministro di giustizia avrebbe potuto intervenire per tempo evitando il rilascio dell’arrestato. I motivi addotti per giustificare il mancato intervento non appaiono convincenti, anche perché eventuali dobbi avrebbero potuto essere risolti contattando la cancelleria della CPI, che però non è stata interpellata. 

Circa la contestuale richiesta di estradizione ricevuta dalla Libia, l’OTP ritiene che l’Italia non abbia applicato correttamente l’articolo 90 dello statuto CPI. Oltre a non avere notificato la richiesta di estradizione alla CPI, il governo italiano si è comportato come dovesse essere suo compito decidere su quale richiesta dovesse avere la priorità, se quella della CPI (cosa di cui l’OTP non dubita) o quella dello Stato libico. Ora, il principio di complementarità dà teoricamente priorità alla giurisdizione dello Stato su quella della CPI, se le accuse coincidono e l’iniziativa giudiziaria dello Stato è “genuina”. La priorità della giurisdizione statale, che rende il caso davanti alla CPI inammissibile, deve però essere esaminata dalla CPI, non dallo Stato a cui è richiesto di arrestare l’accusato. Oltretutto, né le autorità italiane né quelle libiche avevano gli strumenti per valutare se i fatti imputati ad Almasri dalla CPI coincidevano o meno con quelli per i quali la Libia ha emesso la presunta richiesta di estradizione, visto che i capi d’accusa sono stati resi pubblici dalla CPI solo il 24 gennaio, quando Almasri era già rientrato in Libia. Quanto alle incongruenze che il governo italiano dichiara di avere riscontrato nel mandato d’arresto, secondo l’OTP, salvo un refuso che aveva scambiato l’anno 2011 con il 2014, le informazioni fornite erano perfettamente chiare e eventuali dubbi avrebbero potuto essere chiariti con la CPI.

Infine, l’OTP contesta le argomentazioni usate dall’Italia per giustificare l’espulsione verso la Libia di Almasri. Molti elementi inducono a dubitare che le ragioni di sicurezza nazionale addotte dallo Stato siano idonee a fornire legittimità all’operato del governo ai sensi dello stautto della CPI. Almasri non è stato estradato, ma riportato libero, su un aereo messo a disposizione dallo Stato italiano, in territorio libico dove è stato accolto festosamente dai suoi seguaci; sembra anche accertato che l’operazione di rimaptrio sia partita prima che la Corte d’appello ordinasse il rilascio dell’accusato e che il Ministro dell’interno emanasse l’ordine di espulsione.

L’OTP dunque conferma che a suo giudizio l’Italia non ha collaborato con la CPI e l’ha ostacolata nell’esercizio delle due funzioni e dei suoi poteri. Chiede pertanto ai tre giudici della Camera preliminare della CPI  di deferire l’Italia alla conferenza degli Stati Parte e/o al Consiglio di sicurezza per violazione dell’articolo 87.7 dello Statuto della CPI.

Conclusione

La Camera Preliminare I della CPI affronterà la questione e deciderà in merito al deferimento dello Stato parte alla Conferenza degli Stati Parte e/o al Consiglio di Sicurezza nei prossimi mesi. La Conferenza o il Consiglio di Sicurezza potrebbero adottare misure volte a stigmatizzare la condotta dello Stato. Considerata la delicata situazione in cui opera attualmente la CPI, l'esito di questa controversia potrebbe essere molto rilevante per il futuro della CPI.

Annuario

2025

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Parole chiave

Corte penale internazionale genocidio, crimini contro l'umanità Libia crimini di guerra