Diritti in costruzione: pace, sviluppo, ambiente, bioetica
Oltre ai diritti di prima e seconda generazione, si parla anche di una terza generazione di diritti in relazione a pace, sviluppo e ambiente. Sono i diritti propri dell’era dell’interdipendenza mondiale, ovvero i diritti della solidarietà planetaria. La loro realizzazione non è possibile al di fuori di uno schema di interdipendenza e a prescindere dal dovere di solidarietà e di cooperazione multilaterale.
Nel cantiere internazionale si lavora alacremente per inserirli nella lista dei diritti umani giuridicamente riconosciuti. La Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli già riconosce questi diritti come diritti dei popoli, e costituisce pertanto un precedente ineludibile. Alcune organizzazioni internazionali hanno uffici per la salvaguardia di tali diritti. Ne sono esempi l’Alto Commissario OSCE sulle Minoranze Nazionali e la Direzione Generale per l'Ambiente della Commissione Europea, che ha come mandato quello di "proteggere, preservare e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future e promuovere lo sviluppo sostenibile". Nel sistema delle NU, si è ancora allo stadio delle “dichiarazioni” solenni, delle raccomandazioni, quindi nell’anticamera della codificazione giuridica. La ragione di tanta ‘prudenza’ da parte degli Stati è per così dire di “ordine mondiale”. L’obbligo di adempimento rispetto a questi diritti comporta la scelta di un ben preciso modello di ordine mondiale, al cui interno: il principio di autorità sopranazionale prevalga su quello di sovranità nazionale; le istanze di stato sociale, fuori e dentro gli stati, trovino concreta risposta mediante istituzioni e programmi politici adeguati; il modello di sviluppo sia per tutti quello dello “sviluppo umano sostenibile”.
Anche in relazione alla ricerca scientifica, i diritti umani prescrivono precisi parametri di comportamento. Di per sé, la libertà di ricercare è un diritto umano fondamentale, che rientra nella famiglia dei diritti alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, il cui esercizio incorre nel limite generale di qualsiasi altro diritto fondamentale, cioè il rispetto degli altrui diritti e delle altrui libertà, a cominciare dalla vita e dalla pace. Emerge, in relazione a queste problematiche, una nuova (quarta) generazione di diritti. È questo il caso, ad esempio, della bioetica: disciplina recente, nata all’inizio degli anni settanta, quando, a causa dei vorticosi cambiamenti in ambito scientifico, si è iniziato a porsi domande di carattere morale rispetto all’evoluzione della scienza, della medicina in particolare. La ricerca scientifica, infatti, è anche in funzione applicativa: le traduzioni tecnologiche della scienza nei sistemi di armamento e di distruzione degli equilibri naturali nonché le manipolazioni genetiche comportano estese e fragranti prevaricazione dei diritti umani. Lo scienziato deve essere consapevole delle possibili implicazioni del suo operare e la comunità sociale ha il diritto-dovere di impedire che si attenti, attraverso procedimenti di ricerca scientifica dei quali è difficile distinguere la fase ‘pura’ da quella ‘applicativa’, alla dignità della persona e alla stessa sopravvivenza del genere umano. Anche e soprattutto in questo campo, più che provvedimenti limitativi e repressivi, occorrono precisi atti normativi di matrice e portata internazionali, aventi carattere generale e con funzione orientativa. Le obiezioni di coscienza a certe strumentalizzazioni tecnologiche delle ‘scoperte’ scientifiche sono un indicatore preciso della necessità che anche la ricerca scientifica si preoccupi di salvaguardare valori umani universali anche per salvaguardare la propria libertà e dignità.