alloggio

Diritto alla casa e “decreto sicurezza”: un difficile dialogo tra il governo italiano e gli Special Rapporteur delle Nazioni Unite

Testo presentato al Convegno "DL Sicurezza": contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani, Università di Padova, 21 giugno 2025
Manifestazione per i diritti
© Jules Xénard, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Sommario

Introduzione

Gli Special Rapporteur e le loro Comunicazioni

La Comunicazione del 19 ottobre 2023 – occupazione del domicilio altrui

Comunicazione del 20 gennaio 2025 – ancora sul reato di occupazione di domicilio altrui 

Comunicazione del 19 dicembre 2024 – critiche al pacchetto sicurezza

Introduzione

Il disegno di legge e poi il decreto-legge che hanno introdotto un nuovo “pacchetto sicurezza” nell’ordinamento italiano sono stati oggetto di ben 3 comunicazioni al governo italiano da parte di vari relatori speciali del consiglio diritti umani dell’Onu tra il 2023 e il 2025, più un comunicato congiunto in occasione della improvvisa trasformazione del disegno di legge nel decreto-legge 48/2025, entrato in vigore il 12 aprile 2015. La definitiva trasformazione in legge è avvenuta il 9 giugno 2025 (legge 80/2025). 

È un trattamento abbastanza eccezionale, che solo in parte si giustifica in ragione della durata del processo di elaborazione di quello che poi è diventato il decreto-legge (dl.) 48/2025 e della varietà di problematiche penali su cui insiste. L’attenzione suscitata da questo insieme di norme è dipesa dalla particolare natura delle riforme in esso contenute, il cui estremismo repressivo e pericolosità per le libertà democratiche (che hanno attivato anche l’intervento in moral suasion della Presidenza della Repubblica), hanno particolarmente preoccupato gli osservatori internazionali. Nel dicembre 2024, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa aveva inviato una lettera aperta al Presidente del Senato invitandolo a segnalare ai senatori i molti profili di incongruenza che l’allora disegno di legge (ddl.) 1236 presentava alla stregua della Convenzione europea dei diritti umani. Il disegno di legge è diventato decreto-legge e poi legge con nessuna modifica sostanziale. 

In queste righe si riassumono le principali criticità che gli Special Rapporteur delle Nazioni Unite hanno evidenziato in questi anni in merito ai contenuti del “pacchetto sicurezza”, con particolare riferimento naturalmente a quelle che continuano ad apparire pertinenti dopo l’adozione della legge 80/2025. 

 

Gli Special Rapporteur e le loro Comunicazioni

Gli Special Rapporteur (SR) o relatori speciali sono esperti indipendenti eletti dal Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite per svolgere compiti di studio, monitoraggio e raccolta di informazioni, anche attraverso rapporti diretti con human rights defenders, contatti con ONG locali, comunicazioni da parte di vittime, visite sul terreno e attività di fact-finding. Gli SR operano individualmente o in gruppi di lavoro di 5 componenti.

Il loro lavoro si traduce in uno o più rapporti annuali sottoposti al Consiglio e all’Assemblea Generale delle NU. I rapporti costituiscono la base per l’elaborazione e l’approvazione di risoluzioni adottate dai rispettivi organi. Il mandato degli SR può riguardare temi specifici o trasversali ai diritti umani universalmente riconosciuti (per esempio: tortura, esecuzioni sommarie o arbitrarie, diritto alla sviluppo, libertà di religione e credo, ecc.), o singoli paesi. Istituiti a partire dai primi anni 1980, negli ultimi anni risultano attivi contemporaneamente circa circa 50 mandate holders, di cui una decina con un mandato per paese, gli altri su temi.

Le Comunicazioni degli SR sono lettere che gli esperti possono inviare a governi e altre entità (per esempio imprese transnazionali) per il tramite dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle NU. Nel caso di comunicazioni rivolte ai governi, la trasmissione avviene per via diplomatica, attraverso la rappresentanza permanente dello stato presso la sede di Ginevra dell’ONU.

Le Comunicazioni possono consistere in appelli urgenti, oppure segnalare violazioni di norme internazionali, o ancora attirare l’attenzione e richiedere informazioni supplementari su questioni di attualità. Nel caso degli appelli urgenti e delle segnalazioni di violazioni, le Comunicazioni restano riservate per un periodo di due mesi, per dar modo allo stato di risolvere il caso senza pubblicità; dopo i due mesi vengono comunque pubblicate su un sito apposito dell’Alto Commissariato. Se riguardano altre materie – per esempio appunto dubbi degli SR su disegni di legge o misure governative in corso di discussione, le lettere sono rese pubbliche sullo stesso sito due giorni dopo l’invio al governo. Periodicamente, una raccolta di tali Comunicazioni è comunicata al Consiglio dei diritti umani.

Spetta ai singoli governi raggiunti da tali Comunicazioni valutare se e come rispondere. La risposta è trasmessa all’Alto Commissariato tramite le missioni permanenti.

 

La Comunicazione del 19 ottobre 2023 – occupazione del domicilio altrui

Le problematiche emerse nel quadro del “pacchetto sicurezza” sono state evidenziate una prima volta nell’ottobre 2023 da due RS: quello sul diritto all’abitazione come componente del diritto ad un livello di vita adeguato e alla non-discriminazione in tale ambito, e quello su Diritti umani e povertà estrema. Il primo è Balakrishnan Rajagopal, giurista dell’Università di Chicago; l’altro è Olivier de Schutter, docente a Lovanio (OL ITA 5/2023, 23 ottobre 2023).

In questo primo documento, si commentava il disegno di legge di introduzione dell’articolo 624-bis codice penale (cp.), successivamente integrato nel ddl. sicurezza e quindi trasfuso nell’art. 10 del dl. 48/2025, introduttivo dell’art. 634-bis cp. La materia è quindi il nuovo reato di occupazione illegale con violenza, minaccia o inganno di un immobile destinato a domicilio altrui.

Alcune delle osservazioni critiche della comunicazione dell’ottobre 2023 riguardavano norme fortunatamente espunte dalla versione finale del dl. Per esempio, l’attuale art. 634-bis si limita a criminalizzare l’occupazione arbitraria di un immobile destinato a domicilio di altri, ma la precedente versione a cui la Comunicazione si riferiva considerava l’occupazione di qualunque proprietà altrui. Il ddl. prevedeva la reintegrazione immediata del proprietario e l’arresto immediato dell’occupante, nonché la sospensione senza eccezioni delle forniture di acqua, elettricità, gas, ecc. alle abitazioni occupate. Queste disposizioni sono almeno parzialmente cadute. Anche con il testo attuale, tuttavia, alcune delle criticità evidenziate nel 2023 restano attuali.

In primo luogo, gli SR contestano l’incapacità del legislatore di discriminare le diverse situazioni che danno luogo all’occupazione di abitazioni altrui.

Per usare le parole degli SR, “la proposta di legge … si applicherebbe sia alle proprietà private che a quelle pubbliche. Colpirebbe le persone che soggiornano in alloggi in affitto dopo la fine di un contratto di locazione, i senzatetto che non hanno accesso a un alloggio adeguato e vivono in proprietà abbandonate … . [la norma] sembra non distinguere tra l'occupazione irregolare causata da uno stato di necessità (derivante dalla corrispondente incapacità dello Stato di fornire l'accesso a tutti i presenti nel suo territorio a un alloggio adeguato che sia economico, abitabile e fornisca sicurezza, privacy e protezione dagli elementi naturali), da un lato, e dall'altro l'occupazione illegale di … abitazioni da parte di gruppi criminali organizzati”.

Oltre al dubbio di irragionevolezza della norma, altro punto dolente è l’entità della sanzione penale.

La pena della reclusione da due a sette anni appare sproporzionata e incompatibile con il diritto alla libertà personale. Secondo i parametri internazionali sulla libertà e sicurezza personale (ad esempio l’art. 9 del Patto sui diritti civili e politici, ratificato dall’Italia e entrato in vigore nel 1978) la legge che prevede restrizioni alla libertà deve rispettare criteri di, necessità, proporzionalità e ragionevolezza, e questi risultano non evidenti nel caso della norma in questione. 

La disposizione sul reato di occupazione di abitazione altrui contrasta in modo particolarmente stridente con l’impegno che gli stati hanno assunto di evitare la criminalizzazione dello status di senza dimora. 

La norma, a parere degli SR, non solo tace sull’obbligo dello stato di garantire l’accesso alla casa, componente del diritto a un tenore di vita dignitoso affermato dall’art. 11 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali (anch’esso entrato in vigore per l’Italia nel 1978), ma sembra prospettare il carcere come risposta dello stato alle persone che non possono permettersi un’abitazione adeguata.

La comunicazione stigmatizza insomma la mancata presa in considerazione, nel contesto del disegno di legge, della vulnerabilità socioeconomica che può caratterizzare le persone che occupano illegalmente le abitazioni altrui. 

È vero che l’occasione e il bersaglio della Comunicazione erano alcuni emendamenti al ddl. che prevedevano, tra l’altro, l’estensione della tutela penale a qualsiasi proprietà immobiliare, comprese quelle non destinate ad abitazione, modifiche non presenti nel dl 48/2025. Tuttavia, alla luce della legge ora vigente, è difficile non convenire con gli SR nell’osservare che complessivamente la legge non è progettata per dare una risposta sociale e di politiche pubbliche al problema abitativo nel nostro paese, e costituisce piuttosto un passo indietro sul fronte della protezione del diritto all’alloggio dei soggetti socialmente più svantaggiati. Se è vero che il diritto all’alloggio  è concepito dal patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali come un diritto “a realizzazione progressiva”, è anche vero che lo stesso Patto considera un illecito, per lo stato parte, adottare deliberatamente misure che fanno fare dei passi indietro nella realizzazione dei diritti in esso riconosciuti, in mancanza di giustificazioni rigorosamente fondate. Il dl. e la relazione introduttiva allo stesso non sembrano dare atto di una particolare necessità di operare questa stretta, né invero elaborano sulla necessità e urgenza della misura.

infine, gli SR attaccano le disposizioni relative al reintegro del proprietario nell’immobile occupato e alla espulsione, anche coattiva, dell’occupante. 

L’attuale articolo 10, dl. 48/2025 e l. 80/2025, secondo comma, prevede una procedura accelerata di sfratto limitata alle situazioni in cui la casa occupata sia “l’unica abitazione effettiva del denunciante” (l’ipotesi quindi è più specifica rispetto al caso in cui l’alloggio occupato irregolarmente sia un “immobile destinato ad abitazione”, come dispone il primo comma dell’art. 10 dl. 48/2025 e quindi art. 634-bis cp.). In questo caso, le forze di polizia, una volta che abbiano riscontrato “fondati motivi per ritenere la arbitrarietà dell’occupazione”, possono imporre coattivamente all’occupante il rilascio dell’immobile avvalendosi di un’autorizzazione del pubblico ministero non previa ma contestuale, visto che può essere resa anche oralmente o per iscritto in via telematica. Solo nelle successive 48 ore il verbale dello sgombero va trasmesso al pubblico ministero che potrà chiederne la convalida al giudice entro le successive 48 ore. (così dispone il nuovo articolo 321-bis del codice di procedura penale (cpp.) introdotto dal dl. 48/2025). 

La compressione delle garanzie procedurali che devono presiedere a operazioni che incidono sul diritto alla casa è criticata aspramente dai RS. Viene richiamato in particolare il General Comment n. 7 (1997) del Comitato sui diritti economici, sociali e culturali (istituito dal Patto omonimo con compiti di vigilanza sull’azione degli stati) che, in materia di evizioni, richiede che siano negoziate in modo genuino, comunicate per tempo e, soprattutto, che prevedano la predisposizione per l’occupante irregolare di un alloggio alternativo a quello che occupa senza titolo. Tutto ciò – e in particolare la previa identificazione di una soluzione alloggiativa adeguata – non trovava spazio nell’originale ddl. e non è presente nemmeno nel dl. 48/2025 né nella legge 80/2025. 

Questa annotazione relativa alle garanzie procedurali risulta ancora più significativa alla luce di una successiva Comunicazione rivolta al governo italiano dallo SR sul diritto alla casa insieme agli SR su diritti umani e estrema povertà, sui diritti delle persone con disabilità, sull’indipendenza di giudici e avvocati, e l’esperto indipendente sui diritti delle persone anziane (JOL ITA 2/2025, 27 febbraio 2025). Quest’ultima Comunicazione commenta con particolare preoccupazione e severità un documento datato 25 maggio 2025 adottato dall’ Consiglio dei Ministri e inoltrato all’autorità giudiziaria in cui il governo “dava istruzione di non dare seguito, in quanto non vincolanti, alle misure provvisorie adottate dal Comitato sui diritti economici sociali e culturali (CESCR) con cui si chiede la sospensione degli sfratti nei confronti delle persone che avevano presentato un reclamo individuale ai sensi del Protocollo opzionale al Patto sui diritti economici, sociali e culturali (OP-ICESCR)”. Presumibilmente in base a tale documento, in almeno sei casi persone vittime di sfratto che avevano presentato una comunicazione al CESCR hanno visto la richiesta sospensione avanzata dal CESCR respinta dal giudice italiano competente. Il tutto a fronte di una situazione post-pandemica che vede almeno 18 famiglie in lista di attesa per l’assegnazione di una casa di edilizia popolare nella sola città di Roma. La Comunicazione sintetizza alcuni casi relativi all’Italia e presentati da cittadini italiani e stranieri, in particolare persone di età molto avanzata, famiglie con figli minori e persone con disabilità, ai quali sarebbe stata negata la richiesta di sospensione dello sfratto sulla base del documento contestato. Gli SR ribadiscono che nulla autorizzava l’avvocatura dello stato, quale organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di proporre una interpretazione del Protocollo opzionale che sembra negare l’obbligo dello stato parte di cooperare in buona fede con il Comitato nella trattazione dei casi individuali. Dando istruzione ai giudici nazionali di non dare corso alle misure di sospensione richieste dal Comitato, l’autorità di governo non solo è venuta meno a un obbligo di cooperazione con l’organo internazionale, ma ha anche fornito ai giudici un’interpretazione delle norme internazionali che priva di effettività il procedimento a cui lo stato stesso aveva accettato di sottoporsi, e questo non può rientrare nel quadro del margine nazionale di discrezionalità.

Gli SR nel 2023 raccomandavano dunque che il legislatore evitasse che le legge avesse, come esito non voluto, quello di punire i poveri e senza dimora per essere senza dimora e poveri. Alcuni aspetti particolarmente odiosi dell’originale ddl. sono stati eliminati nel vigente art. 10 dl. 48/2025 (e non compaiono quindi negli articoli 634-bis cp. e 321-bis cpp.), ma resta l’impressione che il legislatore (ovvero il governo) abbia inteso sfruttare la giusta indignazione per alcuni episodi di occupazione che hanno colpito proprietari “fragili” (in particolare anziani con un’unica abitazione) per giustificare un giro di vite nei riguardi di individui e famiglie altrettanto fragili, secondo uno schema che evoca un gusto perverso a fomentare la guerra tra poveri.

La risposta del governo italiano alle richieste di informazioni avanzate dagli SR è consistita in un comunicato di venti righe che, fatte salve le formule di cortesia, si limitano a richiamare l’esistenza del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e il Fondo per la morosità incolpevole, peraltro all’epoca non finanziato (sarà finanziato con la finanziaria per il 2025, dopo vari anni di sospensione).

 

Comunicazione del 20 gennaio 2025 – ancora sul reato di occupazione di domicilio altrui 

Nel gennaio 2025, gli stessi due SR sono tornati sull’argomento con la Comunicazione OL ITA 1/2025, commentando quello che era diventato nel frattempo l’art. 10 del ddl. 1236. La nuova Comunicazione si riferisce quindi a un testo del tutto sovrapponibile a quello attualmente vigente dopo l’adozione del dl. 48/2025 e la sua conversione in legge.

Gli SR prendono atto di alcune modifiche intervenute, ma ribadiscono che la norma in questione finisce per criminalizzare persone e famiglie in situazione di particolare fragilità, ovvero:

“- persone che occupano un immobile senza titolo abitativo per necessità (abusivi, squatter); 

- persone che non ottemperano a un provvedimento di sfratto esecutivo o che non lasciano l’alloggio dopo la scadenza del contratto di locazione perché non sono in grado di pagare l'affitto o il mutuo,; 

- persone che non sono in grado di dimostrare di occupare l’immobile in virtù di un contratto valido, compresi inquilini con un contratto solo verbale, persone in sublocazione non autorizzata o che abitano un immobile in cambio di servizi, persone che abitano una casa senza contratto o che hanno sottoscritto un contratto di locazione falso; 

- persone senza dimora che trovano riparo in proprietà abbandonate;

- persone che risiedono in campi e insediamenti informali [che costituiscono pertinenze di immobili abitativi].”

La preoccupazione ribadita dagli SR è che questa norma punisca i poveri e non faccia fare alcun progresso nel campo dell’emergenza alloggi in Italia, essendo piuttosto funzionale a facilitare l’esecuzione dei 150 mila sfratti e 170 mila pignoramenti che si sono accumulati nel tempo.

Alle osservazioni già fatte in precedenza, gli SR aggiungono alcuni ulteriori spunti critici.

Il primo riguarda gli homeless. La condizione dei senza dimora non cessa di diffondersi e peggiorare in Italia e altrove. La criminalizzazione di tale status rappresenta un ulteriore profilo di violazione dei loro diritti. Infatti, con la nuova norma, oltre al diritto all’alloggio e a un adeguato tenore di vita, è intaccata anche la loro libertà e sicurezza personale, visto il rischio di sanzioni penali estremamente severe a cui sono esposti.

Tale condizione di doppia vulnerabilità può tradursi anche in un trattamento inumano e degradante, contrario alla CAT, art. 16. Ciò rappresenterebbe quindi un terzo vulnus alla loro dignità di persone.

È da criticare il ricorso a nuove norme incriminatrici per regolare condotte già sostanzialmente punite da altre disposizioni penali. Sussistono già, ovviamente, nell’ordinamento nazionale norme che puniscono violenza personale, lesioni o minacce; e il codice penale già prevedeva come reato l’occupazione illegale di terreni o edifici altrui (e nel 2022 fa si è aggiunta anche la controversa fattispecie di occupazione di terreni per svolgervi dei rave: art. 633-bis). La norma quindi appare ridondante.

Con riguardo alle previsioni che rendono più spedite le operazioni di sgombero, si reitera come “non sia accettabile eseguire coercitivamente degli sfratti se non sussiste alcuna garanzia legale che i destinatari di tali misure abbiano accesso a un alloggio che rispetti gli standard minimi di adeguatezza e che sia economicamente alla loro portata”.

Gli SR rivolgevano alcuni suggerimenti al legislatore nazionale (purtroppo resi vani dalla scelta governativa di trasformare il ddl. in un dl.). Gli SR si domandavano se, prima di adottare il nuovo strumento legislativo, lo stato potesse valutare l’impatto della norma sugli individui e le famiglie più vulnerabili: persone senza dimora, in condizione di povertà estrema, migranti, o membri della minoranza rom; raccogliere dati per conoscere in che misura le persone oggetto di sfratto abbiano accesso a un alloggio alternativo adeguato; contestualmente alla norma penale, prendere misure per consentire alle persone in situazione di morosità incolpevole o più in generale alle persone che in Italia vivono in povertà di accedere a un alloggio in locazione o con qualche altro contratto idoneo a garantire stabilità e sicurezza giuridica.

La risposta del governo italiano è intervenuta il 24 marzo 2025. Sulle questioni specificamente riferite al contenuto dell’allora ddl. 1236, il governo si trincera dietro l’autonomia del Parlamento (in verità, pochi giorni dopo il dibattito parlamentare sarebbe stato bruscamente interrotto con la adozione del decreto-legge). Il resto della risposta contiene richiami ai principi fondamentali della Costituzione e ai diritti inviolabili in essa riconosciuti (forse un modo per ricordare che non esiste tra essi un esplicito riconoscimento del diritto all’alloggio?). Viene richiamato il recente rifinanziamento per il 225 e 2026 del fondo per la morosità incolpevole (con una dotazione peraltro inferiore anche in termini di valore nominale, oltre che reale, a quella del 2015-16), l’adozione del decreto “salva casa” (per la regolarizzazione di difformità edilizie, ma inteso anche come misura che potrebbe aumentare la disponibilità di alloggi), le misure “Housing First” e altri dispositivi per l’inclusione contenute nel PNRR, e l’assegno di inclusione.

 

Comunicazione del 19 dicembre 2024 – critiche al pacchetto sicurezza

La terza Comunicazione al governo italiano da parte degli SR dell’ONU (JOL ITA 7/2024) è datata 19 dicembre 2024 ed è firmata da un gruppo di SR di cui è significativo ricordare il rispettivo mandato: si tratta di Gina Romero, SR sul diritto alla libertà di riunione e associazione; Irene Khan, SR sulla promozione e protezione della libertà di opinion e espressione; Mary Lawlor, SR sulla condizione degli human rights defenders; Gehad Madi, SR sui diritti umani dei migranti; K.P. Ashwini, SR sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza; e Ben Saul, SR sulla promozione e repressione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo.

Oggetto della comunicazione era il ddl. 1660, ovvero la versione del pacchetto sicurezza approvata dalla Camera nel settembre 2024.

Le osservazioni critiche si appuntano in primo luogo sulle norme in materia di controterrorismo. Il nuovo art. 270-quinquies-3 cp. (che sanziona la condotta di procurarsi e detenere istruzioni sulla preparazione e uso di armi, sostanze chimiche o tecniche e metodi di violenza e sabotaggio “per finalità di terrorismo”), appare troppo impreciso, così come la nuova previsione aggiunta all’art. 435 cp., che punisce la distribuzione, divulgazione e pubblicità di materiali quali dinamite, esplosivi e altri materiali o tecniche utilizzati per compiere attentati o sabotaggi. Le sanzioni vanno rispettivamente da 2 a 6 e da sei mesi a 4 anni di reclusione. Gli SR temono che queste previsioni incidano in modo sproporzionato sulla libertà di opinione e espressione e sulla libertà di stampa, visto che il collegamento tra detenere o diffondere istruzioni sull’uso di armi e metodi di violenza e sabotaggio e le finalità di terrorismo o di commissione di crimini quali disastro ferroviario, attentato alla sicurezza dei trasporti o naufragio non appare sufficientemente dettagliato e che quindi l’accusa penale possa inibire azioni sociali e forme di lotta anche non di tipo terroristico né finalizzate e commettere i delitti in parola. 

Collegata a questa problematica è anche l’osservazione che gli SR svolgono riguardo all’art. 7 del ddl., ora art. 9, dl. 48 e legge 80/2025, che modifica l’art. 10-bis della legge sulla cittadinanza. La condanna per reati gravi, compresi in materia di terrorismo, può determinare la perdita della cittadinanza italiana anche se l’autore del fatto non possiede una seconda cittadinanza ma “possa acquisirla”. Questa norma apre la via a una potenziale moltiplicazione di casi di apolidia. 

Una serie di rilievi ha riguardato l’art. 10 della nuova legge che, come abbiamo visto sopra, è stato vivamente contestato anche dagli SR su diritto all’alloggio e povertà estrema, nonché gli articoli 12 (danneggiamento in occasione di manifestazioni con aggiunta di violenza e minaccia alla persona), 13 modifiche al “decreto sicurezza” del 2017 e all’art. 165 cp. sul divieto di accesso alle infrastrutture di trasporto) e 14 (la be nota norma sul “blocco stradale” che trasforma in reato l’illecito amministrativo di impedire con il proprio corpo la libera circolazione su strada. Queste disposizioni sono viste come potenzialmente in contrasto con la libertà di riunione pacifica. Il Comitato sui diritti umani (che monitora l’attuazione del Patto sui diritti civili e politici) ha affermato nel General comment 37 del 2020 che “l’articolo 21 del patto protegge le riunioni pacifiche ovunque si svolgano … Tali riunioni possono avere svariate forme, compreso dimostrazioni, proteste, incontri, processioni, raduni, sit-in, fiaccolate, veglie e flash-mob. Sono protette dall’art. 21 sia che abbiano carattere statico, come picchetti, o mobile, come processioni o marce”. La libertà di riunione comprende anche atti di disobbedienza civile operati da una o più persone e precisa che, nel contesto di una manifestazione, per “violenza” si intende l’uso da parte dei partecipanti di forza fisica tale da cagionare ad altri lesioni o morte o da danneggiare gravemente la proprietà altrui, mentre spinte, urti, o la perturbazione della mobilità di vetture o pedoni o di altre attività ordinarie non costituiscono “violenza”.

Ne deriva che le norme che consentono di imporre restrizioni assolute a manifestare pacificamente nei pressi delle infrastrutture di trasporto risultano potenzialmente incompatibili con l’art. 21 del Patto. Non sfugge agli SR che molte di queste disposizioni mirano nei fatti a colpire le manifestazioni promosse da difensori dei diritti umani e da attivisti ambientali. Il diritto di riunione pacifica dei primi è specificamente protetto dalla dichiarazione sugli human rights defenders del 1998; quello dei secondi trova fondamento, tra l’altro, nella Convenzione di Aarhus che tutela il diritto alla libertà di informare e partecipare alle decisioni in materia ambientale.

Anche il Capo III del dl. 48 – legge 80/2025 non sfugge allo scrutinio critico degli SR. L’aumento della pena per i reati di violenza, minaccia o resistenza e pubblico ufficiale o il reato di lesioni, se commessi ai danni di un agente di polizia, collegati alla circostanza di aver luogo nei pressi di infrastrutture di trasporto o energetiche, è considerato un’ulteriore tassello volto a contenere la libertà di manifestare. Tali previsioni infatti ribaltano la regola per cui le libere manifestazioni devono essere presunte pacifiche. Il fatto che i manifestanti siano oggetto di violenza da parte di agenti esterni o dai partecipanti a contromanifestazioni, o che azioni violente siano compiute da agenti provocatori, non fa venire meno il carattere intrinsecamente pacifico della manifestazione stessa.

Analogamente, preoccupa gli SR la norma che prevede la possibilità per la polizia di indossare videocamere nel corso di operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico, controllo del territorio, vigilanza di stazioni e siti sensibili. Si tratta di misure che estendono le possibilità di sorveglianza digitale dei manifestanti, su cui l’attenzione dello stato deve essere massima, onde evitare una riduzione eccessiva degli spazi di libertà di riunione e di espressione da parte dei cittadini.

Infine, particolare preoccupazione sollevano le norme dell’art. 26 del dl. 48 – legge 80/2025, che introduce il reato di rivolta all’interno di un istituto penitenziario (art. 415-bis cp.), compresi gli istituti per minori e femminili, che specificamente punisce anche forme di mera resistenza passiva; nonché quelle dell’art. 27, che prevedono disposizioni analoghe per le rivolte nei centri per il trattenimento dei migranti.

Le misure, oltre che generalmente sproporzionate rispetto al diritto di riunione di detenuti e trattenuti, nonché alla loro libertà, opinione e espressione, colpiscono specificamente gruppi già di per sé in una condizione di particolare vulnerabilità.

Annuario

2025

Collegamenti

Strumenti internazionali

Parole chiave

alloggio libertà di riunione e di associazione relatore speciale sistema penale