Corte europea dei diritti umani

La tutela della dignità umana durante la detenzione: il caso Niort c. Italia e l’applicazione dell’articolo 3 CEDU

La sagoma di una persona pensierosa e preoccupata dietro ad una sbarra

Sommario

  • Contesto del caso
  • Violazione dell’Articolo 3
  • Norme internazionali sulla salute mentale in detenzione
  • Sentenza della Corte e risarcimenti
  • Conclusione

Nel caso Niort c. Italia (Ricorso n. 4217/23), il 27 marzo 2025 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CtEDU) ha esaminato se l’Italia avesse violato i diritti di Simone Niort ai sensi dell’Articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Il ricorrente, affetto da gravi disturbi psichici, ha sostenuto che la sua detenzione in un carcere italiano, dove non gli sono state fornite cure psichiatriche adeguate, ha causato un peggioramento delle sue condizioni di salute e ha costituito un trattamento inumano o degradante.

Contesto del caso

Il ricorrente, Simone Niort, è un cittadino italiano nato nel 1997 e al momento della sentenza  detenuto nel carcere di Sassari. È affetto da gravi disturbi psichici, tra cui il disturbo borderline di personalità, il disturbo antisociale di personalità e tossicodipendenza, per i quali è in cura fin dall’infanzia presso i servizi di salute mentale. È riconosciuto come invalido al 100% e percepisce un’indennità di invalidità. È inoltre tossicodipendente. Nonostante la disabilità, è rimasto detenuto in carcere, dove la sua salute mentale è stata un tema centrale.

Niort è stato coinvolto in numerosi procedimenti penali, riportando condanne per reati gravi come omicidio preterintenzionale, lesioni personali e sequestro di persona. In alcuni casi, i tribunali nazionali hanno riconosciuto che aveva agito in stato di parziale vizio di mente. In altri, è stato assolto per infermità mentale.

Dal 2016 Niort è stato quasi costantemente detenuto in diverse carceri. Il 7 giugno 2023 è stato trasferito dal carcere di Cagliari a quello di Torino. Durante questo periodo ha mostrato gravi segni di sofferenza psichica, con numerosi tentativi di suicidio (l’ultimo il 28 dicembre 2022), atti di autolesionismo e comportamenti aggressivi.

I rapporti del servizio medico carcerario indicavano che Niort riceveva regolare supporto psichiatrico e trattamento farmacologico. Tuttavia, una perizia disposta dal tribunale nel 2019 ha evidenziato un peggioramento del suo disturbo mentale a causa della detenzione. Allo stesso modo, nel 2020, gli educatori carcerari hanno rilevato l’incompatibilità tra le sue condizioni mentali e la permanenza in carcere.

Nonostante tali valutazioni, tutte le richieste di misure alternative e i ricorsi per il trattamento medico inadeguato sono stati respinti dai tribunali nazionali. In particolare, il 22 novembre 2022 il Tribunale di sorveglianza di Cagliari ha definito la detenzione “assolutamente inadeguata e incompatibile” con la sua salute mentale, raccomandandone il trasferimento in una struttura più idonea. Questo giudizio è stato ribadito il 18 gennaio 2023 dal magistrato di sorveglianza.

Niort ha denunciato la violazione dei suoi diritti ai sensi degli Articoli 3 e 8 CEDU, sostenendo che le sue condizioni mentali sono incompatibili con la detenzione carceraria e che non riceve cure adeguate. Ha inoltre invocato l’Articolo 5.1, sostenendo che la detenzione è priva di base legale, data l’incapacità di comprendere il significato della pena, e l’Articolo 5.5, per l’assenza di risarcimento. Infine, ha denunciato ai sensi dell’Articolo 6 l’omessa esecuzione delle decisioni di trasferimento in una struttura più adatta, configurando ciò come una violazione dei suoi diritti.

Violazione dell’Articolo 3

L’Articolo 3 della CEDU afferma:
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.»

Questa disposizione tutela la dignità umana in ogni circostanza, anche in detenzione. Impone agli Stati l’obbligo di assicurare che le persone detenute non subiscano trattamenti che ledano la loro dignità, specialmente se vulnerabili. Ciò include la garanzia di cure mediche adeguate, in particolare per la salute mentale e fisica.

Nel caso Niort, la CtEDU ha dovuto valutare se le condizioni detentive, considerate le gravi patologie psichiatriche, configurassero una violazione dell’Articolo 3. La CEDU ha più volte sottolineato che i detenuti affetti da disturbi mentali devono ricevere cure specifiche e che le condizioni carcerarie non devono peggiorare il loro stato di salute. Questo implica anche il trasferimento in strutture appropriate.

Nel caso in questione, la CtEDU ha riscontrato che l’Italia non ha soddisfatto tali obblighi: nonostante molteplici relazioni mediche segnalassero il peggioramento della salute mentale di Niort, egli non è stato trasferito in una struttura psichiatrica specializzata. L’inadeguatezza delle cure ha costituito, secondo la CtEDU, un trattamento inumano e degradante ai sensi dell’Articolo 3.

Norme internazionali sulla salute mentale in detenzione

Il Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa sottolinea da tempo la necessità di cure adeguate per i detenuti affetti da gravi disturbi mentali. Secondo gli standard del CPT, queste persone dovrebbero essere trasferite in ambienti medici idonei, come ospedali psichiatrici civili o reparti specializzati all’interno del sistema penitenziario. Le condizioni detentive devono essere adattate ai bisogni dei detenuti vulnerabili, in linea con gli standard medici vigenti nella società. La sentenza Niort c. Italia riflette tali linee guida: l’Italia non ha fornito l’assistenza necessaria e avrebbe dovuto trattare il ricorrente in una struttura più adatta.

Sentenza della Corte e risarcimenti

La CtEDU ha esaminato se l’Italia avesse violato l’Articolo 3 non garantendo cure mediche adeguate a Simone Niort. Ha riscontrato che, malgrado le numerose relazioni mediche attestanti il peggioramento della sua salute mentale, l’Italia non ha adottato misure idonee né lo ha trasferito in una struttura specializzata.

La CtEDU ha ribadito che gli Stati hanno l’obbligo di garantire cure rispettose della dignità umana, soprattutto per i detenuti vulnerabili. In questo caso, “il mancato intervento tempestivo dell’Italia per trasferire Niort in una struttura più idonea, nonostante le evidenze del deterioramento della sua salute, ha costituito una violazione dell’Articolo 3.” Inoltre, la Corte ha sottolineato che le cure psichiatriche in carcere devono essere equivalenti a quelle fornite dai servizi sanitari pubblici, come previsto dagli standard del CPT.

Pertanto, la CtEDU, all’unanimità, ha rigettato la dichiarazione unilaterale del Governo. Ha dichiarato ricevibili i ricorsi ai sensi degli Articoli 3 e 8 CEDU per il periodo successivo al 17 marzo 2017, e irricevibili per il periodo precedente. Ha dichiarato irricevibili i ricorsi ai sensi dell’articolo 5.1 e 5.5 CEDU, mentre ha dichiarato ricevibile quello ai sensi dell’articolo 6.1. La CtEDU ha riscontrato una violazione degli Articoli 3 e 6.1 CEDU. Tuttavia, ha ritenuto che non sussistesse una questione separata ai sensi dell’Articolo 8. Ha inoltre constatato una violazione dell’Articolo 38 della Convenzione, poiché il Governo non ha fornito i documenti e le informazioni richieste.

La CtEDU ha ordinato che lo Stato convenuto versi al ricorrente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventerà definitiva ai sensi dell’articolo 44.2 della Convenzione, i seguenti importi: 9.000 euro, oltre alle eventuali imposte applicabili, per danni non patrimoniali; 8.000 euro, oltre alle eventuali imposte applicabili, per spese e onorari, da versare direttamente ai rappresentanti del ricorrente.

La CtEDU ha respinto il resto della richiesta di equa soddisfazione.

Conclusione

Il caso Niort contro Italia evidenzia l'importante ruolo dell'Articolo 3 della CEDU nella tutela dei diritti e della dignità delle persone detenute, in particolare quelle con problemi di salute mentale. La decisione della Corte sottolinea che gli Stati devono agire rapidamente per garantire che i loro sistemi penitenziari siano attrezzati per prendersi cura dei detenuti vulnerabili, in particolare quelli con gravi problemi di salute mentale. Questo caso ricorda che, quando la detenzione è incompatibile con le esigenze di salute di una persona, le autorità devono fornire cure alternative e garantire che le condizioni non peggiorino la situazione.

Nel caso dell'Italia, la mancata garanzia di un'assistenza adeguata alla salute mentale di Niort dimostra la necessità di migliorare il sistema sanitario penitenziario del Paese, garantendo il rispetto e la tutela dei diritti dei detenuti vulnerabili. La sentenza sottolinea la necessità di cambiamenti sistemici per rispondere meglio alle esigenze dei detenuti affetti da malattie mentali e prevenire violazioni simili in futuro.

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