Articolo 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo: diritto alla libertà e alla sicurezza della persona nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 2024

L'articolo 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) tutela il diritto alla libertà e alla sicurezza, assicurando che ogni privazione della libertà avvenga secondo un processo legale e sia giustificata. Nel 2024, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) ha esaminato diversi casi contro l'Italia riguardanti presunte violazioni di tale diritto.
Cramesteter contro Italia
Nel caso Cramesteter contro Italia (ricorso n. 19358/17, sentenza del 6 giugno 2024), il ricorrente, Fabio Cramesteter, era stato condannato nel 2003 per possesso di armi e furto. Nel 2004, era stato assolto in appello per vizio di mente e successivamente trasferito in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG).
Nel 2014, l'Italia ha promulgato riforme (Legge n. 81/2014) che imponevano la chiusura di tutti gli OPG entro marzo 2015 e stabilivano che gli individui assolti per vizio di mente non potessero essere detenuti per un periodo superiore alla potenziale pena detentiva. In base a tali riforme, Cramesteter avrebbe dovuto essere rilasciato entro l'inizio del 2015. Tuttavia, è rimasto in detenzione psichiatrica fino al maggio 2016. Il suo successivo reclamo per ingiusta detenzione è stato respinto dai tribunali italiani, i quali hanno ritenuto che le nuove limitazioni alla durata della pena non avessero applicazione retroattiva.
La CEDU ha stabilito che l'Italia aveva privato illegalmente Cramesteter della sua libertà continuando la sua reclusione oltre tale termine senza una chiara giustificazione legale, violando l'articolo 5.1. Inoltre, il rifiuto dell'Italia di risarcire Cramesteter per questa ingiusta detenzione, adducendo la non retroattività delle riforme del 2014, ha violato i suoi diritti ai sensi dell'articolo 5.5. In riconoscimento di tali violazioni, la Corte ha riconosciuto a Cramesteter 8.000 euro per danno morale, da corrispondersi entro tre mesi dalla data in cui la sentenza è divenuta definitiva. In caso di mancato pagamento entro il termine stabilito, l'importo sarà maggiorato degli interessi pari al tasso della Banca Centrale Europea, aumentato di tre punti percentuali.
Allo stato attuale, non vi è alcuna registrazione pubblica che indichi che l'Italia abbia fatto riferimento al caso Cramesteter contro Italia; tuttavia, il caso è significativo nella giurisprudenza della CEDU, in quanto evidenzia la necessità di un rigoroso controllo sulla detenzione nelle strutture psichiatriche e l'importanza di garantire rimedi efficaci per le vittime di detenzione ingiusta. L'Italia è ora chiamata a rispettare i principi sanciti nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e a migliorare il proprio sistema giudiziario per proteggere i diritti dei detenuti.
E.G. contro Italia
Nel caso E.G. contro Italia (ricorso n. 56697/21, decisione del 20 giugno 2024), il ricorrente, un minore con problemi comportamentali e una storia di tossicodipendenza, si è lamentato della sua detenzione in un istituto penale minorile ai sensi degli Articoli 3, 5 e 13 della CEDU.
La Corte ha osservato che egli aveva ricevuto un sostegno medico e psicologico costante e che nessun esperto aveva ritenuto inappropriata la sua detenzione. Il motivo di ricorso basato sull'Articolo 3 è stato dichiarato manifestamente infondato, e i restanti motivi sono stati dichiarati irricevibili.
C.V. contro Italia
Nel caso C.V. contro Italia (ricorso n. 6897/24, decisione del 7 novembre 2024), la ricorrente, una donna con disturbi psichiatrici, ha sostenuto che la sua detenzione in condizioni inadeguate, la mancata esecuzione di un'ordinanza giudiziaria per il suo trasferimento in una struttura specializzata (REMS) e il ritardato adempimento di una misura provvisoria della CEDU avevano violato gli Articoli 3, 5, 6, 13 e 34. L'Italia ha presentato una dichiarazione unilaterale riconoscendo le violazioni e offrendo 24.684 euro a titolo di risarcimento danni e 3.000 euro per le spese.
Nonostante l'obiezione della ricorrente, la Corte ha ritenuto l'offerta sufficiente e ha cancellato il caso dal ruolo, ponendo fine all'efficacia della misura provvisoria.
Landolina contro Italia
Nel caso Landolina contro Italia (ricorso n. 37057/23, decisione del 5 dicembre 2024), il ricorrente si è lamentato del prolungato regime di arresti domiciliari e dell'assenza di un diritto al risarcimento azionabile ai sensi dell'Articolo 5 della CEDU. Il Governo italiano ha riconosciuto le violazioni in una dichiarazione unilaterale e ha offerto 60.139 euro a titolo di risarcimento danni e 3.000 euro per le spese.
Sebbene il ricorrente abbia obiettato, la Corte ha ritenuto l'offerta del Governo adeguata secondo la propria giurisprudenza e ha cancellato il ricorso dal ruolo ai sensi dell'Articolo 37.1, lett. c della CEDU.