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Il ruolo silenzioso dell'Italia nell'armamento di Israele nel contesto del conflitto

La Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS) e il Servizio delle Nazioni Unite per l'Azione contro le Mine (UNMAS) hanno distrutto armi e munizioni recuperate dai civili che cercavano rifugio nella base UNMISS a Malakal, nello Stato dell'Alto Nilo. Nell'operazione sono state smaltite 134 armi e 10.500 munizioni. La maggior parte (108) delle armi confiscate erano fucili AK 47/56.
© UN Photo/JC McIlwaine

La richiesta di un embargo sulle armi contro il governo israeliano da parte del ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, durante la conferenza del “Gruppo di Madrid” - maggio 2025 - ha richiamato l'attenzione della comunità internazionale sui principali fornitori del Paese in questo settore.

Sebbene Israele disponga di una potente fornitura interna di armi, rimane uno dei principali importatori di armamenti al mondo. Secondo il Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), Israele è il quindicesimo importatore mondiale di armi. Israele dipende principalmente da tre paesi per le sue importazioni di armi: Stati Uniti, Germania e Italia.

L'Italia rappresenta circa l'1% delle importazioni di armi di Israele, ma rimane il terzo fornitore di armi del Paese. Ciò è in contrasto con la legge n. 185 del 9 luglio 1990, che vieta il trasferimento di armi a entità coinvolte in un conflitto armato.

Sebbene il governo italiano abbia espresso critiche nei confronti della condotta di Israele, i rapporti dimostrano che ha continuato a rifornire Israele anche dopo l'intensificarsi del conflitto nell'ottobre 2023. Nonostante le assicurazioni del governo italiano che le spedizioni fossero cessate, i rapporti indicano che nell'ultimo trimestre del 2023 sono state spedite armi per un valore di 2,1 milioni di euro. Inoltre, un'analisi dei conti del governo condotta dal quotidiano italiano Altreconomia ha rilevato che nel 2024 l'Italia ha fornito ad Israele armi per un valore di 5,2 milioni di euro.

Gli Stati Uniti sono stati storicamente il principale fornitore, nonostante una riduzione del loro contributo proporzionale nell'ultimo decennio; secondo il SIPRI, tra il 2020 e il 2024 hanno comunque rappresentato circa i due terzi delle importazioni di armi di Israele. Nello stesso periodo, la Germania è stata responsabile di quasi un terzo delle importazioni di armi di Israele, e questa situazione non dovrebbe cambiare, dato che il paese è da tempo un sostenitore diplomatico e militare di Israele.

In relazione alla questione, l'ordinanza dell'Aia del 30 aprile 2024, relativa alla richiesta del Nicaragua in merito alla “partecipazione della Germania al genocidio plausibile in corso e alle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e di altre norme imperative di diritto internazionale generale nella Striscia di Gaza”, dimostra che anche i paesi esportatori di armi possono essere ritenuti responsabili quando le loro armi sono utilizzate in un conflitto, poiché tale coinvolgimento può implicare una partecipazione e comportare una responsabilità giuridica ai sensi del diritto internazionale. Questo caso ha portato la Corte a ritenere che sia «particolarmente importante ricordare a tutti gli Stati i loro obblighi internazionali in materia di trasferimento di armi alle parti in un conflitto armato, al fine di evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare la [Convenzione sul genocidio e le Convenzioni di Ginevra del 1949] [sul diritto internazionale umanitario]“ e che ”tutti questi obblighi incombono alla Germania in quanto Stato parte delle suddette Convenzioni nella sua fornitura di armi a Israele". In particolare, Israele mantiene una fornitura significativa di equipaggiamento militare e i paesi fornitori dovrebbero aderire a un embargo sulle armi per esercitare una pressione significativa su Israele.

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