Relatori speciali delle Nazioni Unite: comunicazioni sulla situazione dei difensori dei diritti umani e sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati in Italia nel 2022

Sommario
- La comunicazione sulla situazione di tre difensori dei diritti umani eritrei
- La comunicazione del Relatore speciale sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati
La comunicazione sulla situazione di tre difensori dei diritti umani eritrei
In questa comunicazione, Mary Lawlor, Relatrice speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani; Obiora C. Okafor, Esperto indipendente su diritti umani e solidarietà internazionale; Felipe González Morales, Relatore speciale sui diritti umani dei migranti; e Siobhán Mullally, Relatrice speciale sulla tratta di persone, in particolare donne e bambini, richiamano l’attenzione sull’azione penale avviata nei confronti di tre difensori dei diritti umani.
Si tratta di Afewerki Gebremedhn, Abraha Ghebrehiwet e Hintsa Mebrahtom, cittadini eritrei residenti in Italia, dove hanno ottenuto asilo. I tre offrivano assistenza a migranti e richiedenti asilo.
Il caso ha avuto origine con il loro arresto, avvenuto il 14 marzo 2016, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a favorire l’immigrazione irregolare, ai sensi dell’articolo 416 del Codice penale italiano e dell’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione del 1998. Le loro attività includevano consigli su come utilizzare i trasporti pubblici, l’acquisto di biglietti per autobus o treni, l’acquisto di vestiti, cibo, telefoni e schede SIM, nonché l’accoglienza temporanea di migranti appena arrivati e il sostegno nella ricerca di alloggi. A seguito di un’indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla Guardia costiera italiana, che includeva anche attività di intercettazione, il Tribunale penale di Roma li ha condannati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ai sensi dell’articolo 12, commi 1 e 3, del Testo unico sull’immigrazione, infliggendo pene detentive comprese tra i 2 e i 4 anni e ammende fino a 125.000 euro. Le accuse di associazione a delinquere e trasferimento illecito di denaro sono state archiviate per insufficienza di prove. In appello, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna, riducendo tuttavia la pena, mantenendo l’interpretazione delle loro condotte come atti volti a facilitare l’ingresso irregolare nel territorio dello Stato. Successivamente, il caso è stato sottoposto alla Corte di Cassazione. Al momento della redazione della comunicazione, gli imputati risultavano in libertà.
Nella comunicazione, gli esperti delle Nazioni Unite ricordano come l’Italia sia già stata oggetto di preoccupazioni in merito all’applicazione dell’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione illegale nei confronti di difensori dei diritti umani (cfr. ITA 1/2021 e ITA 5/2020). La comunicazione sottolinea che “gli Stati devono astenersi dal criminalizzare o altrimenti sanzionare chiunque presti sostegno o assistenza ai migranti, nonché le organizzazioni o gli individui che svolgono tali attività essenziali”. Inoltre, si chiede di fornire informazioni sulla base giuridica della detenzione cautelare dei soggetti coinvolti, sui motivi della sua prolungata durata e sulle misure adottate per evitare un uso improprio del diritto penale a danno di atti umanitari legati alla migrazione o nei confronti di difensori dei diritti umani e organizzazioni della società civile operanti in favore dei migranti.
La comunicazione invita quindi l’Italia a fornire chiarimenti in merito alle violazioni sopra descritte; informazioni dettagliate sulla base giuridica e fattuale del procedimento penale a carico di Gebremedhn, Ghebrehiwet e Mebrahtom, che appaiono essere difensori dei diritti umani e non criminali; chiarimenti sulla detenzione preventiva, incluse le valutazioni condotte per stabilirne la necessità e le ragioni della sua durata; e infine informazioni sulle misure intraprese per evitare che le norme penali siano strumentalizzate per punire atti umanitari o per ostacolare l’attività dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni che operano in favore dei migranti.
Risposta dell’Italia alla comunicazione relativa ai difensori dei diritti umani
Il governo italiano ha risposto il 14 giugno 2022. Nel documento, l’Italia ha fornito informazioni in merito all’udienza pubblica tenutasi il 20 maggio 2022 presso la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione. Il procedimento si è concluso con la seguente decisione (dispositivo della sentenza): “annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.”
La comunicazione del Relatore speciale sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati
In questa comunicazione, Diego García-Sayán, Relatore speciale sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati, richiama l’attenzione dello Stato italiano sul caso della signora Elena Ojog, cittadina moldava, statunitense e italiana residente in Italia. L’ex compagno della signora Ojog risulterebbe avere parenti impiegati presso il Tribunale di Venezia, circostanza che, secondo quanto riferito, avrebbe compromesso il suo diritto a essere giudicata da un tribunale imparziale in vari procedimenti civili e penali, tra cui quelli di separazione e affidamento.
La signora Ojog ha riferito di aver avviato un procedimento di separazione e affidamento presso il Tribunale di Venezia il 10 marzo 2016, pur in assenza di un matrimonio formalmente registrato con il suo ex compagno italiano. Il procedimento è stato scisso e, parallelamente, sono state avviate contro di lei anche azioni penali. La signora Ojog ha denunciato la mancanza di imparzialità del giudizio, imputandola ai legami familiari tra il suo ex compagno e membri del Tribunale. Ha inoltre lamentato ripetute violazioni procedurali, tra cui atti di intimidazione, manipolazione di prove e ostruzioni all’accesso alla giustizia. In particolare, è stata soggetta a un procedimento di sfratto: il padre del suo ex compagno ha presentato una richiesta di sfratto accelerato nel novembre 2016, sostenendo l’occupazione illegittima dell’immobile. Sebbene la Guardia di Finanza avesse rilevato che l’ex compagno avrebbe occultato beni per sottrarsi agli obblighi di mantenimento, il Tribunale ha comunque ordinato lo sfratto il 21 aprile 2017, provvedimento eseguito il 16 marzo 2018. Nonostante la signora Ojog avesse fornito documentazione legale a sostegno del suo diritto di residenza, il Tribunale avrebbe ignorato tali prove.
Le prime decisioni in materia di affidamento, emesse tra giugno 2017 e febbraio 2018, stabilivano l’affidamento condiviso dei figli e obblighi di mantenimento a carico del padre. Tuttavia, l’ex compagno ha continuato a richiedere l’affidamento esclusivo. In data 8 maggio 2018, il Tribunale ha escluso dal fascicolo le prove fornite dalla signora Ojog in merito al proprio diritto di residenza. Una successiva decisione, del 30 luglio 2019, ha assegnato l’affidamento esclusivo al padre, vietando alla madre qualsiasi visita per un periodo di nove mesi, facendo riferimento alle restrizioni imposte dal COVID-19. I successivi contatti tra madre e figli sarebbero stati ammessi solo sotto stretta supervisione.
Successivamente, secondo quanto riportato nella comunicazione, l’ex compagno e il padre di quest’ultimo hanno promosso due procedimenti penali contro la signora Ojog, accusandola di aggressione fisica nei confronti dell’ex compagno, in due episodi risalenti al 2017 e al 2018. Pur avendo sostenuto la propria innocenza e il decorso del termine di prescrizione biennale, è stata fissata un’udienza presso il tribunale penale per il 12 gennaio 2022 alle ore 11:00. Le sue argomentazioni sarebbero state respinte e i suoi avvocati, secondo quanto riferito, si sarebbero mostrati passivi nella difesa.
La signora Ojog ha inoltre denunciato un’ostruzione sistematica all’esercizio del diritto al ricorso, in violazione del suo diritto a un equo processo. Il Tribunale avrebbe facilitato il distacco dai figli, la confisca dei beni e la soppressione di prove a discarico, ostacolando ogni possibilità di rimedio legale effettivo.
La comunicazione evidenzia inoltre che un giudice, amico della famiglia dell’ex compagno, avrebbe ignorato le decisioni della Corte d’Appello e della Corte di Cassazione e si sarebbe occupato del caso pur non avendone competenza. Si segnala anche la mancanza di un’adeguata assistenza legale alla signora Ojog da parte del difensore assegnato e il rigetto della sua richiesta di assistenza linguistica tramite interprete. Questi episodi dimostrerebbero gravi violazioni del diritto a un equo processo.
Il Relatore speciale ha chiesto allo Stato italiano di fornire informazioni in merito alle presunte violazioni che avrebbero ostacolato o limitato il diritto della signora Ojog a un processo equo, di aggiornare sullo stato attuale del caso e di indicare le misure adottate per garantire l’indipendenza e l’imparzialità dell’autorità giudiziaria.
Risposta dell’Italia alla comunicazione sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati
Il governo italiano ha inviato la propria risposta il 24 marzo 2023, successivamente al periodo confidenziale di 60 giorni, fornendo le informazioni richieste nella comunicazione. Il Tribunale ha accolto la richiesta di sfratto presentata dal signor B.A. (ex compagno della signora Ojog) in data 19 aprile 2017, non rilevando alcuna violazione procedurale, e ha successivamente rigettato l’istanza di revoca presentata dalla signora Ojog, dichiarandola inammissibile e condannandola per lite temeraria. Il procedimento di affidamento si è concluso con un’iniziale assegnazione della custodia condivisa, poi modificata sulla base delle relazioni dei servizi sociali, con l’assegnazione della custodia ai nonni paterni. La decisione è stata presa da un collegio giudicante. Secondo lo Stato, ogni accusa di parzialità della magistratura dovrebbe essere considerata infondata.
Per quanto riguarda i procedimenti penali in corso, la signora Ojog è assistita da un legale di sua fiducia e non sono state riscontrate irregolarità procedurali in relazione al patrocinio a spese dello Stato o all’accesso agli atti. Le denunce di fascicoli mancanti sono state smentite dalla Procura, che ha archiviato le relative segnalazioni per mancanza di specificità. La risposta precisa inoltre che, nelle denunce presentate dalla signora Ojog presso la Procura di Venezia, ella non ha mai fatto riferimento ai presunti rapporti di amicizia tra il giudice del Tribunale di Venezia e la famiglia dell’ex compagno, che invece nella comunicazione vengono indicati come causa degli abusi subiti. Il fatto che la signora Ojog non abbia mai denunciato l’asserita parzialità del giudice che ha disposto lo sfratto e successivamente assegnato la custodia dei figli ai nonni paterni, rappresenterebbe, secondo lo Stato, un’ulteriore conferma dell’infondatezza delle accuse.