difensori dei diritti umani

Detenzione di Difensori del Clima e dei Diritti Umani a Brescia: Accuse e Risposta del Governo

Il 13 Gennaio 2025, 22 difensori del clima e dei diritti umani sono stati arrestati a Brescia a seguito di una protesta pacifica contro le esportazioni di armi dall’Italia verso Israele. Le accuse di trattamenti degradanti, comprese procedure di perquisizione per genere, hanno spinto diversi relatori speciali delle Nazioni Unite a rilasciare una comunicazione congiunta in cui esprimevano preoccupazione per potenziali violazioni degli standard internazionali in materia di diritti umani. Questo articolo si propone di fornire una panoramica in merito alla protesta, delle successive azioni della polizia, delle risposte ufficiali del governo e delle più ampie implicazioni per l’attivismo e il diritto di protesta in Italia.
Climate Justice Peace

Sommario

  • Introduzione
  • Trattamento Degradante in Custodia da Parte delle Forze dell’Ordine
  • Comunicazione dei Relatori Speciali delle Nazioni Unite
  • La Risposta dell’Italia
  • Conclusione

Introduzione

Il 13 Gennaio 2025, 22 difensori del clima e dei diritti umani sono stati arrestati a Brescia, in seguito a una protesta non violenta presso la sede del produttore di armi Leonardo SpA. I manifestanti, legati alla sezione italiana di Extinction Rebellion e ai gruppi “Ultima Generazione” e “Palestina Libera,” si erano riuniti per denunciare le esportazioni di armi italiane verso Israele, che – secondo loro – contribuiscono al genocidio in corso del popolo palestinese a Gaza. Il loro successivo arresto e il presunto trattamento degradante subito in custodia, hanno suscitato forti critiche da parte di Relatori Speciali delle Nazioni Unite, i quali considerano tale episodio come parte di un crescente fenomeno di repressione dell’attivismo in Italia.

Nella fattispecie, la protesta ha comportato un’azione simbolica presso lo stabilimento di Leonardo, una delle principali aziende italiane nel settore della difesa e dell’aerospazio, le cui armi e componenti sarebbero state esportate in paesi coinvolti in conflitti armati, tra cui Israele. Secondo gli attivisti, i legami commerciali di Leonardo con l’industria militare israeliana la renderebbero complice delle violazioni dei diritti umani a Gaza, in particolare dopo l’intensificarsi degli attacchi israeliani a partire dalla fine del 2023.

Sebbene la protesta fosse pacifica e mirasse ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle esportazioni militari italiane, le forze dell’ordine hanno arrestato e trattenuto provvisoriamente i partecipanti. Tra i 16 manifestanti identificati, diversi erano attivisti di spicco affiliati a movimenti ambientalisti e per i diritti umani a livello nazionale o locale. 

Trattamento Degradante in Custodia da Parte delle Forze dell’Ordine

È stato riferito che le attiviste sono state trattenute per circa sette ore presso la Questura di Brescia. Secondo il governo, le persone sono state fermate per l’identificazione e i normali controlli procedurali, dopodiché sono state rilasciate. Tuttavia, in una serie di video pubblicati online, le donne detenute affermano che gli agenti di polizia le hanno costrette a spogliarsi, a togliersi la biancheria intima e a eseguire tre squat. Secondo quanto riferito, questa procedura non è stata applicata ai loro colleghi maschi, sollevando serie preoccupazioni di discriminazione basata sul genere.  

Tali perquisizioni, solitamente riservate alle persone sospettate di traffico di droga, secondo quanto riferito, sono state effettuate senza una giustificazione individuale e in assenza di rappresentanti legali, sollevando serie preoccupazioni circa potenziali violazioni dei loro diritti alla dignità, alla privacy e all’integrità fisica.

Secondo il diritto internazionale in materia di diritti umani, le perquisizioni personali devono rispettare i principi di legalità, necessità e proporzionalità. Le perquisizioni corporali che sono state effettuate, potrebbero costituire una violazione degli articoli 7 e 10 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), che tutelano gli individui da trattamenti degradanti e garantiscono loro il rispetto della dignità umana. Inoltre, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha ripetutamente espresso preoccupazione per l’uso di tali procedure, considerate invasive, nei confronti di manifestanti pacifici, in particolare quando applicate in modo discriminatorio dal punto di vista del genere. Gli obblighi dell’Italia ai sensi della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) richiedono inoltre che tutte le pratiche di applicazione della legge siano esenti da umiliazioni o intimidazioni basate sul genere.

Gli attivisti hanno inoltre riferito di essere stati privati dell’accesso a un avvocato e sottoposti a intimidazioni verbali. I telefoni sono stati confiscati e alcuni di loro sono stati minacciati di incriminazione penale. Queste testimonianze sono state documentate da organizzazioni per i diritti umani, tra cui Front Line Defenders, e hanno costituito la base di un esposto formale presentato alla Procura della Repubblica di Brescia il 7 Aprile 2025. Nella fattispecie, l’esposto denuncia che le forze dell’ordine avrebbero arbitrariamente privato le persone della loro libertà e le avrebbero sottoposte a trattamenti degradanti, in violazione sia della normativa processuale italiana sia degli standard internazionali sui diritti umani.

Comunicazione dei Relatori Speciali delle Nazioni Unite

Queste accuse hanno spinto diversi Relatori Speciali delle Nazioni Unite a intervenire, inviando una comunicazione congiunta al governo italiano (AL ITA 3/2025). Tra i firmatari figurano i titolari di mandato sulla situazione dei difensori dei diritti umani, sulla libertà di riunione pacifica, sulla lotta al terrorismo e i diritti umani, sul diritto alla privacy e sulla promozione di un ordine internazionale democratico ed equo. Questi esperti indipendenti operano sotto l’egida del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) e hanno il compito di monitorare e riferire su specifiche questioni relative ai diritti umani o situazioni nazionali. Sebbene le loro comunicazioni non abbiano valore giuridico vincolante, esse costituiscono strumenti fondamentali per garantire la responsabilità ed esercitare pressione a livello internazionale.

Nella comunicazione, gli esperti hanno espresso profonda preoccupazione per l’arresto arbitrario e il trattamento degradante a cui sarebbero stati sottoposti i manifestanti pacifici durante la detenzione, sottolineando che il comportamento della polizia italiana potrebbe costituire una violazione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), di cui l’Italia è parte. Gli esperti hanno chiesto al governo di fornire informazioni dettagliate sulla base legale degli arresti, sul trattamento riservato ai detenuti e sulle garanzie previste per assicurare il rispetto dei diritti dei manifestanti.

Hanno inoltre espresso preoccupazione che tali azioni possano riflettere un più ampio schema di repressione nei confronti di individui e gruppi impegnati in proteste pacifiche su temi quali la giustizia climatica e i diritti del popolo palestinese. La comunicazione colloca l’episodio di Brescia in un contesto più ampio di crescente criminalizzazione della protesta in Italia, richiamando l’attenzione su precedenti comunicazioni, tra cui il caso di Valentina Corona, un’attivista climatica imputata per una protesta non violenta (per ulteriori informazioni, vedi qui). Questo caso è diventato emblematico della crescente pressione legale e amministrativa contro i difensori dei diritti umani in ambito ambientale.

La Risposta dell’Italia

In una risposta formale datata 28 Maggio 2025, il governo italiano ha difeso l’operato della polizia, affermando che gli arresti sono stati effettuati in conformità con la legge italiana e che la protesta era stata organizzata senza autorizzazione e dunque, poteva costituire un rischio per l’ordine pubblico. Il governo ha inoltre dichiarato che le procedure di perquisizione condotte presso la Questura seguivano i criteri standard e attuate per impedire l’introduzione di oggetti pericolosi.

L’Italia ha riconosciuto che i manifestanti sono stati trattenuti in custodia per circa sette ore, ma ha negato che i loro diritti siano stati violati. Ha inoltre sottolineato che gli attivisti sono stati rilasciati senza accuse, anche se alcuni di loro devono ancora affrontare sanzioni amministrative per aver organizzato una manifestazione non autorizzata. Resta il fatto che la risposta fornita dall’Italia non ha affrontato in modo diretto le accuse specifiche sollevate dalle attiviste riguardo al trattamento di genere, né ha fornito una spiegazione sul motivo per cui le perquisizioni corporali e le perquisizioni senza veli siano state effettuate esclusivamente nei confronti delle donne.

Conclusione

A Giugno 2025, la denuncia presentata ad Aprile è ancora al vaglio della Procura di Brescia. Non sono state annunciate azioni disciplinari nei confronti degli agenti coinvolti e non è stata avviata alcuna indagine formale per determinare se le procedure di perquisizione fossero giustificate o proporzionate. Le attiviste continuano a battersi per ottenere giustizia, sostenendo che il trattamento loro riservato è un esempio del crescente ricorso alle forze dell’ordine volto a reprimere il dissenso pacifico.

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2025

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