Diritti Umani e Attivismo Climatico: Il Caso di Valentina Corona e la Protesta del G7
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La protezione dei difensori dei diritti umani, compresi gli attivisti climatici, è un obbligo fondamentale sancito dal diritto internazionale. Il Relatore Speciale (RS) delle NU sui difensori dei diritti umani insieme ad altri RS ha sollevato questo tema in occasione di un presunto caso di detenzione arbitraria e trattamento degradante subiti dall'attivista climatica Valentina Corona e da altri venti manifestanti durante una protesta pacifica il 9 luglio 2024 a Bologna.
L’episodio, avvenuto in concomitanza con la Riunione Ministeriale del G7 su Scienza e Tecnologia, ha sollevato preoccupazioni tra gli esperti delle Nazioni Unite in merito al rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia in materia di diritti umani. Il 6 dicembre 2024, la Relatrice Speciale ONU sui Difensori dei Diritti Umani, insieme ad altri esperti delle Nazioni Unite, ha inviato una comunicazione formale al Governo italiano per richiedere chiarimenti sulle circostanze della detenzione degli attivisti. Secondo tale comunicazione, membri del movimento internazionale Extinction Rebellion avevano organizzato una manifestazione pacifica davanti al municipio di Bologna, ricorrendo alla disobbedienza civile non violenta per sollecitare azioni urgenti contro il cambiamento climatico e la crisi ambientale. Nonostante la natura pacifica della protesta, le forze dell'ordine sono intervenute, portando i manifestanti in questura e trattenendoli in custodia per sette-otto ore senza un formale arresto.
Secondo gli SR, questa prassi appare in contrasto con le garanzie procedurali previste dalla legge italiana, in particolare con l’Articolo 13 della Costituzione, che vieta l’arresto arbitrarie, e con l’Articolo 386 del Codice di Procedura Penale, che stabilisce il diritto dell’indvduo arrestato a essere informato sui motivi dell’arresto e a beneficiare immediatamente dell'assistenza legale.
Preoccupazioni sul Trattamento degli arrestati
Preoccupazioni specifiche sono state sollevate in merito al trattamento di Valentina Corona, che non partecipava direttamente alla protesta, ma si trovava sul posto come mediatrice tra gli attivisti e le autorità, dialogando con la polizia per evitare tensioni. Secondo quanto riportato, è stata separata dal gruppo, costretta a spogliarsi completamente in bagno e obbligata a fare dei piegamenti per un’ispezione condotta da un’agente di polizia donna, senza avere accesso a un avvocato.
Questi fatti sollevano gravi violazioni dei diritti umani, specialmente in relazione alle garanzie procedurali e al diritto alla dignità. Il Corpo di Principi ONU per la Protezione di Tutte le Persone Sottoposte a Qualsiasi Forma di Detenzione o imprigionamento (1988) stabilisce che le perquisizioni devono rispettare la dignità umana e non devono essere condotte in modo degradante o umiliante. Inoltre, la confisca degli oggetti personali e la negata assistenza legale potrebbero costituire violazioni degli obblighi dell'Italia ai sensi dell’Articolo 9 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), che proibisce la detenzione arbitraria, e dell’Articolo 14 ICCPR, che garantisce il diritto alla difesa e a un equo processo. Il rifiuto di garantire l’accesso alla difesa potrebbe inoltre contrastare con l’Articolo 24 della Costituzione Italiana, che tutela il diritto alla difesa in ogni stato e grado del procedimento.
Libertà di Riunione e Criminalizzazione dell’Attivismo Climatico
Gli attivisti detenuti devono ora rispondere di reati previsti dall’Articolo 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), che regola le manifestazioni pubbliche, e dall’Articolo 610 del Codice Penale, che disciplina il reato di “violenza privata”, ossia la coercizione di una persona mediante violenza o minaccia, con pene che possono arrivare fino a quattro anni di reclusione.
I Relatori Speciali ONU hanno sottolineato che queste accuse sono state mosse contro persone che stavano esercitando il diritto alla protesta pacifica, senza minacciare la sicurezza pubblica o individuale. Il loro attivismo era motivato da preoccupazioni legittime e fondate sulla crisi climatica e il suo impatto sui diritti umani. La formulazione di talia accuse solleva dubbi sulla conformità agli obblighi internazionali accettati dall’Italia in materia di diritti umani, in particolare rispetto agli Articoli 19 e 20 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) e agli Articoli 19 e 21 del Patto ICCPR, che tutelano il diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica.
Nel Commento Generale n. 37 (2020), il Comitato per i Diritti Umani ha ribadito che le restrizioni alle assemblee pacifiche devono soddisfare rigorosi criteri di legalità, necessità e proporzionalità. Le accuse contro gli attivisti detenuti pongono seri interrogativi su quanto questi principi siano stati rispettati.
Gli Obblighi dell’Italia in Materia di Diritti Umani
In quanto Stato parte dell’ICCPR, l’Italia ha l’obbligo giuridico di proteggere il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica, garantendo la sicurezza degli attivisti climatici contro restrizioni indebite e ritorsioni. I Relatori Speciali ONU hanno ripetutamente sottolineato la necessità per gli Stati di proteggere gli attivisti climatici da intimidazioni, criminalizzazione e violenza.
La crescente restrizione dello spazio civico e la criminalizzazione dell’attivismo ambientale sono state identificate da diversi organismi ONU come motivi di grave preoccupazione. Il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile, riconosciuto dalla Risoluzione dell’Assemblea Generale ONU 76/300 e dalla Risoluzione del Consiglio per i Diritti Umani 48/13, rafforza la legittimità dell’attivismo ambientale.
Conclusioni e Raccomandazioni
Il caso di Valentina Corona e dei suoi colleghi attivisti evidenzia i rischi crescenti che i difensori del clima devono affrontare, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Gli esperti delle NU hanno esortato le autorità italiane a rispettare i loro impegni internazionali in materia di diritti umani, garantendo che gli attivisti climatici possano operare senza timore di persecuzioni, intimidazioni o detenzioni arbitrarie.
I Relatori Speciali ONU hanno sottolineato l’urgenza di un’indagine indipendente sulle accuse di trattamento degradante e violazioni procedurali avanzate dagli attivisti. Il Governo italiano non ha risposto alla comunicazione ONU entro il periodo confidenziale di 60 giorni, e la comunicazione è stata quindi resa pubblica il 12 febbraio 2025.
Dopo l’intervento dell’ONU, la Procura della Repubblica ha richiesto l’archiviazione della denuncia presentata da Valentina Corona per presunti maltrattamenti subiti. La Relatrice Speciale ONU sui difensori dei diritti umani ha espresso profonda preoccupazione per questa decisione, sottolineando l'importanza di garantire la responsabilità dello stato per eventuali violazioni dei diritti umani. Questi eventi si inseriscono in un contesto caratterizzato anche dalla discussione parlamentare, attualmente al Senato, di una proposta di legge sulla sicurezza pubblica, che potrebbe favorire l'uso della forza contro gli attivisti per il clima.
La repressione dell’attivismo climatico pacifico rappresenta una minaccia diretta ai principi democratici e ai diritti fondamentali. Mentre la crisi climatica si intensifica, la protezione dei difensori dell’ambiente deve restare una priorità, garantendo il rispetto dei diritti umani e l’azione per la giustizia climatica.