cittadinanza

La Corte Costituzionale si esprime sull’ammissibilità di cinque referenda, tra cui il referendum sulla cittadinanza

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Il 20 gennaio 2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili le seguenti richieste di referendum abrogativo: 

  • “Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”;
  • “Contratto di lavoro a tutele crescenti  - disciplina dei licenziamenti illegittimi”;
  • “Piccole imprese - Licenziamenti e  relativa indennità”;
  • “Abrogazione parziale di norme in  materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e  condizioni per proroghe e rinnovi”;
  • “Esclusione della responsabilità solidale  del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore  dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici  propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”.

Non è stato dichiarato ammissibile, invece, il referendum abrogativo sulla “Legge 26 giugno 2024, n. 86, Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Secondo la Corte, l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari.

Tra le proposte referendarie arrivate presso la Consulta, il referendum sulla legge disciplinante la cittadinanza italiana ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica. Attualmente il riconoscimento della cittadinanza italiana è disciplinato a mezzo della legge n. 91/1992 secondo cui  “è cittadino per nascita: a) il figlio di padre o di madre cittadini; b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi”. In Italia, a differenza di altri paesi europei, non vige lo ius soli, vale a dire non si è automaticamente cittadini italiani se si nasce su suolo italiano da genitori stranieri. 

Secondo l’articolo 9, comma 1, lettera f) della “legge sulla cittadinanza”, una persona straniera, non cittadino dell’Unione Europea, può presentare domanda di concessione della cittadinanza solo se risiede ininterrottamente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. 

Il quesito referendario chiede l’abrogazione della lettera b) dell’articolo 9, comma 1 della legge sulla cittadinanza (limitatamente alle parole «adottato da cittadino italiano» e «successivamente alla adozione»), e della lettera f) dello stesso articolo. Con queste modifiche si ridurrebbe da dieci a cinque anni il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia come presupposto per la presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte di cittadini di uno Stato non appartenente all’Unione Europea. Al momento, il termine di cinque anni vale solo per gli stranieri non cittadini dell’UE che sono adottati da un cittadino italiano (il termine si calcola da dopo l’adozione); per gli altri la durata di residenza minima è appunto di dieci anni. Per i cittadini di stati dell’UE la durata minima di residenza legale richiesta resterebbe di quattro anni.

Ad oggi, le persone che nascono, si formano, lavorano e vivono in Italia ma non hanno la cittadinanza italiana incontrano più difficoltà ad accedere a numerosi servizi di base, concorsi e bandi pubblici e sono tenuti a sostenere spese amministrative che i cittadini non devono sostenere. Con queste modifiche, la legge italiana si allineerebbe allo standard presente nei principali paesi europei.

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cittadinanza Italia Norme italiane e dell’UE