Corte europea dei diritti dell'uomo: sentenze contro l'Italia per violazione dell'articolo 8 CEDU - Parte 2

Sommario
- Caso A.A. e Altri c. Italia
- Caso Ardimento e Altri c. Italia
- Caso Briganti e Altri c. Italia
- Caso Perelli e Altri c. Italia
Caso A.A. e Altri c. Italia – 37277/16 – 5.05.2022
Il caso riguardava la mancata protezione da parte delle autorità italiane dei ricorrenti dall'inquinamento ambientale causato da una grande acciaieria nella città di Taranto. I ricorrenti sostenevano che le emissioni dell'impianto comportavano gravi rischi per la loro salute e che le autorità non avevano adottato misure adeguate per salvaguardare il loro benessere.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che l'Italia avesse violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte ha concluso che lo Stato non aveva adottato misure sufficienti per proteggere i ricorrenti dagli effetti nocivi dell'inquinamento industriale. Inoltre, la Corte ha anche riscontrato una violazione dell'articolo 13, a causa della mancanza di un ricorso effettivo attraverso il quale i ricorrenti avrebbero potuto chiedere la bonifica delle aree interessate o la prevenzione di un'ulteriore esposizione.
Sebbene la Corte non abbia concesso alcun risarcimento finanziario, ha sottolineato l'obbligo delle autorità italiane di adottare misure sia individuali che generali per porre rimedio alle violazioni. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha successivamente dichiarato che la questione delle misure individuali era stata risolta, osservando che l'ulteriore protezione dei ricorrenti che ancora risiedono o lavorano nei pressi dell'acciaieria è strettamente legata a cambiamenti sistemici più ampi.
La sentenza A.A. e altri ha confermato che lo Stato italiano non ha protetto i propri cittadini dall'inquinamento industriale, mettendo così in pericolo la loro salute e violando i loro diritti umani. Ha inoltre sottolineato la necessità che l'Italia attui soluzioni strutturali a lungo termine in materia di politica ambientale e di salute pubblica.
Caso Ardimento e Altri c. Italia – 4642/17 – 5.05.2022, Caso Briganti e Altri c. Italia – 48820/19 – 5.05.2022, Caso Perelli e Altri c. Italia – 45242/17 – 5.05.2022
Le cause Ardimento e altri c. Italia, Briganti e altri c. Italia e Perelli e altri c. Italia rappresentano collettivamente un capitolo critico della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di danni ambientali e responsabilità dello Stato. Tutte e tre le sentenze derivano dalla stessa questione di fondo: la persistente incapacità del governo italiano di affrontare la grave crisi sanitaria e ambientale causata dalle emissioni dell'acciaieria Ilva di Taranto, uno dei più grandi siti industriali d'Europa.
In ciascuno dei casi, i ricorrenti erano residenti a Taranto o ex dipendenti dell'Ilva, molti dei quali hanno sviluppato gravi malattie come il cancro o hanno sofferto di esposizione tossica a lungo termine. Alcuni ricorrenti erano eredi di vittime decedute e, nel caso Perelli, un uomo di 36 anni è morto poco dopo aver presentato la sua richiesta. I ricorrenti hanno costantemente sostenuto che lo Stato italiano:
- non ha adottato misure legislative e regolamentari efficaci per proteggere la loro salute e la loro vita privata (articolo 8 CEDU);
- non ha fornito accesso a rimedi efficaci per prevenire o riparare il danno (articolo 13);
- Nel caso Briganti, il ricorrente sosteneva che l'esposizione costituiva un trattamento inumano o degradante (articolo 3), che è stato infine respinto in quanto irricevibile;
- Nel caso Perelli, la presunta violazione del diritto alla vita (articolo 2) relativa alla morte del sig. Cantore è stata dichiarata irricevibile per mancato esaurimento dei rimedi civili.
In tutti e tre i casi, la Corte ha ritenuto che lo Stato italiano avesse violato gli articoli 8 e 13 della CEDU. La Corte ha deciso che:
- L'inquinamento causato dall'Ilva costituiva una minaccia grave e persistente per la salute e il benessere della popolazione.
- Le autorità italiane non hanno raggiunto un giusto equilibrio tra gli interessi economici e il diritto delle persone a vivere in un ambiente sicuro e salubre.
- Non esisteva alcuna via legale efficace attraverso la quale i residenti potessero richiedere la bonifica ambientale o una protezione adeguata, violando così l'articolo 13.
In particolare, la Corte ha sottolineato che, nonostante l'esistenza di un piano ambientale approvato dalle autorità nazionali, la sua attuazione rimaneva incompleta e l'Italia non aveva fornito alla Corte prove sufficienti delle misure efficaci adottate per eliminare o contenere il rischio.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato:
- 12.000 euro a titolo di risarcimento non pecuniario agli eredi di Nicola Cantore (Perelli) e al sig. Briganti (Briganti), a causa dell'impatto particolarmente grave sulla loro vita privata e familiare.
- 5.000 euro in solido per le spese legali sostenute da tutti i ricorrenti in ciascuna causa.
- Negli altri casi (Ardimento e la maggior parte dei ricorrenti nei casi Briganti e Perelli), la Corte ha ritenuto che la constatazione di una violazione fosse sufficiente a garantire un soddisfacimento equo ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione.
Pur non ordinando specifici interventi di bonifica ambientale, la Corte ha ribadito l'urgenza di attuare il piano di risanamento ambientale. L'esecuzione di queste sentenze è sotto la supervisione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, che richiede all'Italia di dimostrare progressi concreti, in particolare per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, la garanzia dell'accesso al monitoraggio medico e all'informazione e la responsabilità per i danni causati da tempo.
Questi tre casi sottolineano che l'inerzia sistematica dello Stato di fronte ai danni ambientali può costituire una violazione dei diritti umani, in particolare del diritto alla vita privata e del diritto a un ricorso effettivo. Essi sottolineano inoltre la responsabilità giuridica degli Stati non solo di regolamentare le industrie inquinanti, ma anche di informare il pubblico, fornire vie legali di tutela e garantire l'attuazione tempestiva delle misure di salvaguardia ambientale.