Decisioni della Corte Europea dei diritti umani nel 2022 su alcuni casi di mancata protezione dei diritti dei richiedenti asilo in Italia

Sommario
- Minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo
- Condizioni negli hotspot
Nel 2022, la Corte europea è intervenuta su alcuni casi di presunta violazione della Convenzione europea dei diritti umani da parte dell’Italia in relazione ai suoi doveri di protezione di rifugiati e richiedenti asilo.
Minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo
Il primo caso ha riguardato in particolare i diritti di un ricorrente che, al momento della richiesta di protezione internazionale, dichiarava di avere meno di 18 anni. Nel caso Darboe e Camara (n. 5797/17 del 21 luglio 2022) la doglianza verte sulla presunta violazione dell’art. 8 CEDU, dovuta alla non applicazione delle garanzie previste nell’ambito della procedura di determinazione dell’età di un minore straniero non accompagnato, e sulla violazione dell’art. 3 CEDU, per avere collocato il minore presso un centro di accoglienza per adulti in condizioni inadeguate. Mentre il caso del ricorrente Camara è stato cancellato dal ruolo in quanto gli avvocati nel frattempo avevano perso il contatto con il ricorrente, il caso Darboe è stato dichiarato ricevibile. Il ricorrente, arrivato in Italia nel 2016, aveva dichiarato di essere un minore non accompagnato e richiesto la protezione internazionale. Darboe fu collocato per quattro mesi in un centro di accoglienza per adulti, sovraffollato, con personale insufficiente e cure difficilmente accessibili. Le cattive condizioni della struttura sono state confermate sia in un’interrogazione parlamentare presentata successivamente a una visita della struttura di Cona (città metropolitana di Venezia) il 16 novembre 2016, sia in un rapporto dell’organizzazione non-governativa Associazione Giuristi Democratici (ASGI) che ha visitato Cona il 4 gennaio 2017. Per accertare la sua età, il ricorrente era stato sottoposto ad un esame radiologico, senza che avesse fornito il suo consenso informato e nonostante gli fosse stata rilasciata nel frattempo una tessera sanitaria che attestava la sua minor età. Il ricorrente lamenta dunque che il governo non abbia adottato tutte le misure necessarie per proteggerlo in quanto minore e assicurare le garanzie procedurali connesse alla determinazione della sua età. Infatti, non non solo non gli era stato nominato un tutore come prevede la legge, ma non aveva nemmeno avuto il sostegno di un interprete o mediatore culturale. La legge n. 47 del 2017, che ha introdotto garanzie specifiche per migranti minori in tema di procedura di determinazione dell’età, è entrata in vigore successivamente ai fatti oggetto della causa. La CEDU pertanto ha considerato l’articolo 19 del decreto legislativo n. 25 del 2008, che attua l’articolo 17 della direttiva dell’Unione europea 2005/85 sulle garanzie per i minori non accompagnati richiedenti asilo. Le norme considerate prevedevano l’assistenza di un tutore durante la domanda di protezione internazionale, la necessità di ottenere il consenso della persona per una visita medica “non invasiva” destinata all’accertamento della minore età in caso di dubbio, e il diritto di essere informato sulla visita, sul tipo di esame medico e le sue conseguenze in relazione alla domanda di protezione internaizonale. Secondo la Corte, il diritto dell’Unione Europea in vigore all’epoca dei fatti riconosceva chiaramente la primaria importanza dell’interesse superiore del minore e il principio della presunzione della minore età. Il ricorrente, al momento dell’arrivo in Italia, aveva richiesto la protezione internazionale e dichiarato la sua minor età; ciononostante, non ha potuto usufruire di un tutore legale, è stato collocato presso un centro di accoglienza per adulti, non gli sono stati forniti gli strumenti necessari per presentare una domanda di asilo né ha ricevuto informazioni relative alla procedura di determinazione dell’età. La presunzione della minore età rappresenta, secondo la Corte, un elemento inerente alla tutela del diritto al rispetto della vita privata di uno straniero non accompagnato che dichiari di essere minorenne. Il mancato rispetto di tale principio costituisce quindi violazione dell’art. 8 CEDU. Lo stesso articolo implica che la procedura di accertamento dell’età debba essere accompagnata da sufficienti garanzie procedurali, tra cui la nomina di un rappresentante legale o di un tutore, l’accesso a un difensore e la partecipazione informata alla procedura stessa. La Corte si è quindi interessata delle condizioni di collocamento del ricorrente nella struttura di Cona. L’argomento per cui nel periodo in questione l’Italia, come vari altri paesi europei collocati alle frontiere esterne dell’Unione, si trovava ad affrontare uno straordinario afflusso di richiedenti asilo non può giustificare l’adozione di standar di accoglienza inferiori a una certa soglia: la proibizione dei trattament inumani, infatti, è definita dall’art. 3 CEDU in temini assoluti. In particolare, le condizioni di accoglienza dei minori richiedenti asilo devono essere adeguate alla loro età e tali da non creare stress, ansia e ulteriori traumi. La Corte ha altresì riconosciuto che vi sia stata una violazione dell’art. 13 CEDU, in quanto il ricorrente non aveva a disposizione un rimedio effettivo mediante il quale lamentare le sue condizioni presso la struttura di accoglienza e l’idoneità dello stesso. In sintesi, la Corte ha riconosciuto una violazione degli articoli 3, 8 e 13 CEDU in combinato disposto e condannando le autorità italiane a pagare 7.500 euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale e 4.000,00 euro a titolo di rimborso spese.
Condizioni negli hotspot
Alcuni ricorsi che sono stati rigettati come inammissibili hanno riguardato richiedenti asilo trattenuti presso degli hotspot che non avevano potuto consultarsi con i propri legali. Il caso H. B. (n. 33803/18 deciso il 22 novembre 2022) riguardava la detenzione del ricorrente presso l’hotspot situato all'interno del Centro di Prima Accoglienza e Soccorso di Pozzallo prima della sua espulsione in Tunisia e l’impossibilità di consultare un avvocato, in violazione all’art. 5 CEDU. Il ricorso è stato cancellato dal ruolo ai sensi dell’art. 35 in quanto manifestamente infondata alla luce dell'incapacità del ricorrente di opporsi al rilievo sollevato dal Governo o di fornire alcuna spiegazione ragionevole del fatto che il suo nome non è stato trovato nella banca dati delle autorità italiane o per la discrepanza tra il numero di identificazione e il nome ad esso collegato. Il caso H. L. (n. 52953/18 del 22 novembre 2022) riguardava la detenzione del ricorrente nell’hotspot situato all'interno del Centro di Prima Accoglienza e Soccorso di Trapani in attesa di essere espulso in Tunisia. Anche in questo caso, il ricorrente lamentava di non aver potuto consultare un avvocato, in violazione all’art. 5 CEDU. Il ricorso è stato cancellato dal ruolo ai sensi dell’art. 35 in quanto il ricorrente non ha spiegato i motivi per cui non ha impugnato l'ordine di espulsione e non ha presentato domanda di protezione internazionale.