Gli esperti delle Nazioni Unite esprimono preoccupazione per il ruolo dell'Italia nella politica di rimpatrio dei migranti in Libia

Sommario
- Introduzione
- Contesto
- Preoccupazioni sollevate
- Sostegno al reinserimento e limitazioni
- Esternalizzazione e gestione della migrazione
- Raccolta dati e privacy
- Sviluppi giuridici e giudiziari
- Richieste al governo italiano
Introduzione
Il 30 aprile 2025, il Relatore speciale sulla tratta di esseri umani, in particolare donne e bambini, il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria e il Relatore speciale sui diritti umani dei migranti hanno inviato una comunicazione congiunta al governo italiano in merito alle preoccupazioni relative alle gravi violazioni dei diritti umani associate all'attuazione dei programmi di rimpatrio umanitario volontario (VHR) in Libia. Tali programmi sono gestiti nell'ambito del progetto di sostegno multisettoriale ai migranti vulnerabili in Libia, attuato dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e sostenuto finanziariamente dall'Italia.
Contesto
Dal 2017, il governo italiano ha stanziato oltre 56,5 milioni di euro per finanziare interventi legati alla migrazione in Libia attraverso il Fondo per interventi straordinari volti a promuovere il dialogo e la cooperazione con i paesi africani e altri paesi di importanza prioritaria per i flussi migratori (il “Fondo per la migrazione”). Il 13 giugno 2024 è stato firmato un nuovo accordo tra la Direzione Generale per i Cittadini Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie e l'OIM per sostenere il Progetto di sostegno multisettoriale, con un periodo di attuazione dal 1° luglio 2024 al 30 giugno 2026.
In base a tale accordo, sono stati stanziati 7 milioni di euro, di cui 2,48 milioni destinati alle attività di VHR e reinserimento. Circa 1 milione di euro è stato specificamente stanziato per sostenere il ritorno di 820 migranti, rifugiati e richiedenti asilo bloccati o detenuti in Libia.
Preoccupazioni sollevate
Gli esperti delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per la volontarietà e la legalità dei rimpatri effettuati nell'ambito del quadro VHR, in particolare per le persone vulnerabili, tra cui donne, bambini, vittime della tratta e persone con esigenze mediche. I rapporti indicano che una parte significativa delle persone rimpatriate attraverso il VHR era detenuta in centri di detenzione libici, con il 76,5% dei beneficiari che, secondo quanto riferito, era detenuto prima del rimpatrio.
Gli esperti hanno osservato che la stessa documentazione del progetto riconosce che il 43% dei beneficiari del 2023 è stato identificato in regime di detenzione e il 7% è stato vittima di tratta.
La comunicazione solleva questioni relative alla mancanza di un giusto processo, all'assenza di consenso informato e alla potenziale esposizione a violazioni del principio di non respingimento, espulsioni collettive e nuova tratta.
Vi è inoltre la preoccupazione che i rimpatri possano essere accettati in condizioni coercitive, data la mancanza di alternative alla detenzione a tempo indeterminato in ambienti non sicuri.
Si rileva inoltre la criminalizzazione della migrazione irregolare nella legislazione libica, che consente la detenzione senza ricorso legale, aumentando il rischio di esposizione a trattamenti inumani e degradanti. In tali condizioni, il VHR può funzionare meno come soluzione volontaria e più come ultima risorsa per i migranti detenuti.
Sostegno al reinserimento e limitazioni
La componente di reinserimento del progetto è stata valutata come limitata nella portata e insufficientemente adattata ai contesti individuali. I risultati del reinserimento sono misurati principalmente dal numero di rimpatriati che ricevono sostegno e dalla percentuale di beneficiari occupati o in formazione entro sei mesi. Questi indicatori presuppongono la disponibilità di opportunità nei paesi di origine, senza affrontare ostacoli strutturali quali la discriminazione, l'inadeguatezza dei servizi pubblici o l'instabilità sociale.
Sebbene i piani di reinserimento individuali debbano essere sviluppati e caricati nel sistema di gestione dei casi dell'OIM, la comunicazione rileva una mancanza di meccanismi preventivi, soluzioni durature e supervisione trasparente. I migranti che rientrano nell'ambito di tali programmi possono trovarsi ad affrontare precarietà economica, rivittimizzazione o essere costretti a intraprendere percorsi migratori più rischiosi.
Esternalizzazione e gestione della migrazione
La comunicazione evidenzia l'esternalizzazione dei controlli sulla migrazione come motivo di preoccupazione. Viene fornito supporto tecnico e operativo alle autorità libiche, tra cui la Guardia Costiera, la Guardia di Frontiera e il Dipartimento per la lotta all'immigrazione clandestina, per operazioni specializzate di ricerca e soccorso (SAR) e infrastrutture ai valichi di frontiera. Sebbene tali misure possano migliorare la capacità operativa, la comunicazione avverte che tale sostegno potrebbe anche portare a un aumento delle intercettazioni e dei rimpatri illegali in Libia, un paese non considerato un porto sicuro secondo gli standard internazionali.
Gli esperti avvertono che tali accordi potrebbero equivalere all'esternalizzazione delle responsabilità in materia di migrazione e rischiano di violare gli obblighi internazionali, in particolare quando non vengono effettuate valutazioni di protezione o mancano garanzie.
Raccolta dati e privacy
Sono state sollevate preoccupazioni anche in merito alla raccolta, all'analisi e alla condivisione dei dati personali dei migranti nell'ambito dell'Output 4.1 del progetto, che prevede l'uso della Matrice di monitoraggio degli sfollamenti dell'OIM. La mancanza di anonimizzazione o di chiare misure di protezione è stata segnalata come potenzialmente in grado di esporre i migranti a discriminazioni, persecuzioni o sfruttamento.
Inoltre, l'uso dei dati per valutare le tendenze migratorie e pubblicare profili potrebbe rafforzare la stigmatizzazione e influenzare politiche migratorie restrittive. Senza il consenso informato o una governance etica dei dati, tali pratiche potrebbero compromettere i diritti dei migranti.
Sviluppi giuridici e giudiziari
Nel novembre 2024, sette associazioni italiane per i diritti umani e ONG (tra cui ActionAid, ASGI, Differenza Donna) hanno presentato un ricorso congiunto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale (TAR Lazio) chiedendo l'annullamento di parte dei finanziamenti (in particolare 970.000 euro) assegnati alla componente VHR e la loro riassegnazione a misure umanitarie. La Corte di Cassazione italiana, in una sentenza del febbraio 2024, ha dichiarato illegale il trasferimento dei migranti in Libia, dato che la Libia non può essere considerata un porto sicuro. La Corte Suprema (sentenza n. 4557/2024) ha stabilito che consentire l'intercettazione e il rimpatrio dei migranti da parte delle autorità libiche può costituire un reato penale di abbandono in stato di pericolo e violare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare il divieto di espulsione collettiva.
Richieste al governo italiano
La comunicazione include richieste formali al governo italiano di:
- Fornire informazioni sulle accuse descritte.
- Chiarisca l'amministrazione e la supervisione dei fondi forniti alle autorità libiche e le relative garanzie.
- Spiegare le misure adottate per garantire il rispetto dei diritti umani internazionali e del diritto dei rifugiati nei processi di rimpatrio e reinserimento.
- Condividere eventuali valutazioni strategiche dell'impatto sui diritti umani dei programmi di gestione della migrazione realizzati in collaborazione con l'OIM e le autorità libiche.
Una risposta del governo italiano è stata ricevuta il 21 luglio 2025 ed è attualmente in fase di elaborazione. Una volta finalizzata, la risposta sarà resa pubblica in conformità con i protocolli applicabili.