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Sfratti forzati e diritto all'alloggio: opinione del CESCR sulla comunicazione Saydawi e Farah contro l'Italia

Un approccio basato sui diritti umani per il diritto alla casa, alla terra e alla proprietà delle persone sfollate
© Christopher Statton and Megan Wilson, 2015, Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

Sommario

  • Una comunità di residenti
  • Controversie legali e procedimenti di sfratto
  • Denunce di violazioni del diritto all'alloggio
  • Difesa e contro-argomentazioni dell'Italia
  • Considerazioni del Comitato sull'ammissibilità
  • Che cosa indica che il diritto a un alloggio adeguato è stato violato?
  • Osservazioni finali

La decisione, adottata il 16 febbraio 2024, riguarda lo sfratto di due famiglie da un'abitazione che occupavano senza titolo legale a Roma. Gli autori delle comunicazioni, entrambi cittadini marocchini, sono Hamid Saydawi e Masir Farah. Gli autori hanno sostenuto davanti al Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Economici, Sociali e Culturali (CESCR) che l'Italia ha violato i loro diritti ai sensi dell'articolo 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Standard di vita adeguato) e hanno rivendicato il diritto ad un alloggio adeguato.

Una comunità di residenti

Gli autori delle comunicazioni al CESCR, cittadini marocchini residenti in Italia, vivevano con le loro famiglie in case che facevano parte di un blocco originariamente costruito dall'esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale e successivamente abbandonato, diventando centro di attività illecite prima che gli autori vi si trasferissero. Gli autori dichiarano di avere un notevole attaccamento emotivo alle case e di aver investito molto lavoro e denaro nei lavori di ristrutturazione. I 24 vicini che costituiscono la comunità dei residenti, tra cui sette minori, erano molto uniti e si sostenevano a vicenda. Insieme ad altre famiglie di migranti, gli autori hanno ristrutturato e mantenuto le case per molti anni. Secondo le informazioni a disposizione dei residenti, le case non avevano un proprietario formale, e le autorità locali avevano informalmente detto loro che potevano rimanere nelle case anche se era impossibile fornire loro un titolo legale. Gli stessi hanno anche espresso apprezzamento per gli sforzi dei residenti nel migliorare la sicurezza e riabilitare l'area.

Controversie legali e procedimenti di sfratto

Nel 2008, la società ferroviaria statale italiana (Ferrovie dello Stato Italiane) ha acquisito la proprietà e ha avviato procedimenti di sfratto, citando preoccupazioni per la sicurezza e affermando che le case erano in uno stato rovinoso. Nonostante una sentenza del tribunale del 2009 che riconosceva la residenza di lunga data degli autori e respingeva il reclamo della società ferroviaria, successive ispezioni hanno ritenuto le case non sicure. Nel 2012, un tribunale civile ha ordinato lo sfratto dei residenti e ha imposto loro sanzioni finanziarie per occupazione illegale. Tuttavia, l'esecuzione dello sfratto è stata ritardata per anni, e durante questo periodo, gli autori hanno continuato a ristrutturare la proprietà. Nel 2021, è stato emesso un ordine di sfratto definitivo senza la previsione di alloggi alternativi.

Denunce di violazioni del diritto all'alloggio

Gli autori hanno sostenuto che l'Italia non ha protetto il loro diritto a un alloggio adeguato ai sensi dell'articolo 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR). Hanno argomentato che il processo di sfratto, che li avrebbe resi senzatetto, violava la loro dignità e i diritti fondamentali. Il signor Saydawi, che vive con sua moglie in condizioni finanziarie precarie a causa delle conseguenze economiche della pandemia di COVID-19, ha dichiarato che si sarebbe trovato senza casa in caso di sfratto. Il signor Farah, che vive con la sua famiglia, inclusa una madre anziana disabile e due bambini piccoli, ha espresso preoccupazioni simili riguardo alla mancanza di casa e al suo impatto sul benessere della sua famiglia. Entrambi gli autori hanno sottolineato la mancanza di opzioni abitative praticabili offerte dalle autorità. Le soluzioni abitative di emergenza proposte avrebbero diviso le famiglie, separando uomini da donne e bambini, cosa che hanno trovato inaccettabile. Hanno sostenuto che la loro residenza di lunga data, l'investimento fatto nel mantenere le case e la loro vulnerabilità socioeconomica non sono stati adeguatamente considerati dalle autorità.

Difesa e contro-argomentazioni dell'Italia

L'Italia ha sostenuto che le comunicazioni erano inammissibili a causa del mancato esaurimento dei rimedi interni da parte degli autori. Ha sottolineato che erano disponibili rimedi efficaci, inclusi i ricorsi all'autorità giudiziaria. Lo Stato ha evidenziato le misure di welfare esistenti, come i programmi di reddito di emergenza e i sussidi per l'alloggio, e ha notato che un'offerta di sistemazione temporanea era stata avanzata, ma gli autori del reclamo l'avevano rifiutata. Riguardo al merito, lo Stato ha sostenuto che gli ordini di sfratto erano legali e proporzionati, considerando la mancanza di proprietà legale o diritti di locazione degli autori. Le soluzioni abitative offerte erano in linea con i suoi obblighi ai sensi del Patto. Gli autori hanno replicato che i rimedi interni erano inaccessibili a causa degli alti costi e delle barriere sistemiche al loro utilizzo. Riforme legislative avevano reso i ricorsi giurisdizionali proibitivamente costosi per le persone a basso reddito,  negando loro di fatto l'accesso alla giustizia. I ricorrenti hanno anche respinto l'affermazione che il rifugio temporaneo loro offerto costituisse una soluzione adeguata, sottolineando che aderire a tale offerta avrebbe spezzato l'unità familiare e non avrebbe soddisfatto gli standard minimi di alloggio adeguato. Gli autori hanno criticato la mancanza di consultazioni significative o soluzioni su misura, facendo notare che le autorità erano a conoscenza della loro situazione abitativa e delle richieste di alloggi sociali da oltre un decennio.

Considerazioni del Comitato sull'ammissibilità

Il Comitato ha esaminato le comunicazioni ai sensi del Protocollo opzionale all'ICESCR, che richiede l'esaurimento di tutti i rimedi interni disponibili prima di presentare un ricorso internazionale. Ha anche valutato se le richieste fossero compatibili con il Patto. Il Comitato ha osservato che gli autori avevano dimostrato che il ricorso in giudizio contro l'ordine di sfratto definitivo del 2021 non era un rimedio praticabile, in quanto richiedeva nuove prove e avrebbe imposto oneri finanziari eccessivi. La vulnerabilità finanziaria degli autori e l'alto costo dei procedimenti legali rendevano inaccessibili ulteriori rimedi interni. Gli argomenti dello Stato riguardo alla disponibilità di rimedi sono stati ritenuti insufficienti, in quanto non identificavano alternative specifiche, efficaci o accessibili. Il Comitato ha sottolineato che l'onere della prova per dimostrare l'esistenza di tali rimedi spetta allo Stato. Date queste considerazioni, il Comitato ha dichiarato le comunicazioni ammissibili, dato che gli autori avevano soddisfatto tutti i requisiti procedurali ai sensi degli articoli 2 e 3 del Protocollo opzionale.

Che cosa indica che il diritto a un alloggio adeguato è stato violato?

Il Comitato ha dunque intrapreso la valutazione della situazione. Le principali obiezioni sollevate dagli autori della comunicazione erano relative all'articolo 11 del Patto, che afferma: "Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un'alimentazione, un vestiario ed un alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita."

Il Comitato ha ribadito la sua posizione secondo cui il diritto umano a un alloggio adeguato è un diritto fondamentale di importanza centrale per il godimento di tutti i diritti economici, sociali e culturali. Per rispettare le disposizioni del Patto, lo Stato parte dovrebbe adottare tutte le misure necessarie a tal fine, al massimo delle risorse disponibili. Le autorità dovrebbero anche agire in conformità con i principi generali di ragionevolezza e proporzionalità.

Il Comitato ha elencato cinque requisiti in base ai quali lo sfratto è giustificabile.

  • la limitazione del diritto a un alloggio adeguato deve essere determinata dalla legge;
  • deve promuovere il benessere generale in una società democratica;
  • deve essere adeguato allo scopo legittimo dichiarato;
  • la limitazione deve essere necessaria, nel senso che, se si può ragionevolmente ritenere che più mezzi avrebbero successo per raggiungere l'obiettivo perseguito, deve essere utilizzato quello che interferisce di meno con il diritto all'alloggio;
  • i benefici della limitazione nel promuovere il benessere generale devono superare l'impatto della misura sul diritto che viene limitato.

Applicando questi requisiti al caso in esame, il Comitato ha ritenuto che le condizioni non fossero state soddisfatte dall’Italia e che lo sfratto non fosse giustificato. Le autorità erano a conoscenza della situazione della famiglia da diversi anni. Sia Saydawi che Farah avevano richiesto alloggi di edilizia sociale dal 2021, senza ricevere alcuna risposta adeguata dallo Stato parte. Non essendo in grado di fornire alle famiglie un'alternativa accettabile, lo stato sta violando i loro diritti. Lo sfratto lascerebbe gli uomini senza casa e separati dalle loro famiglie, il che danneggerebbe la loro dignità umana. Il reddito degli autori non permetterebbe loro di pagare una casa da soli. Il Comitato ha chiaramente sottolineato il dovere dello Stato, citando il Commento Generale n. 7 del 1997, nel quale si legge che

"Laddove le persone colpite non siano in grado di provvedere a se stesse, lo Stato parte deve adottare tutte le misure appropriate, al massimo delle sue risorse disponibili, per garantire che siano messi a disposizione alloggi alternativi adeguati, o per il loro reinsediamento o accesso a terre produttive, a seconda dei casi."

Il Comitato ha anche osservato che la regola della proporzionalità è stata ignorata dalle autorità. Lo Stato parte non ha tenuto conto delle circostanze personali, non ha tentato di cooperare con Saydawi e Farah, non ha fornito un'alternativa adeguata, il che mostra una chiara mancanza di rispetto del principio di proporzionalità. Nonostante gli sforzi degli autori per trovare una soluzione alla difficile situazione e le richieste di garantire il diritto a un alloggio adeguato, lo Stato parte è venuto meno ai suoi doveri.

Osservazioni finali

La decisione finale ha avuto un risultato positivo per Saydawi e Farah. Il Comitato, basandosi sulle prove presentate nelle comunicazioni, ha stabilito che vi è stata una violazione da parte dello Stato parte del diritto all'alloggio degli autori ai sensi dell'articolo 11 del Patto. Le raccomandazioni date all'Italia comprendono l'obbligo dello stato di rivalutare la richiesta di un alloggio adeguato degli autori, fornire un risarcimento finanziario e rimborsare i costi legali dei procedimenti nazionali e internazionali. Lo Stato parte deve anche assumersi l'obbligo di prevenire violazioni simili in futuro, garantendo un quadro normativo adeguato e aumentando le risorse disponibili.

Le Views del 2024 hanno evidenziato i punti più importanti che caratterizzano il diritto a un alloggio adeguato, soprattutto in considerazione della situazione in deterioramento dell'Italia in questa materia. La decisione implica l'adozione di misure non solo da parte dello Stato, ma anche dei Comuni e delle Regioni. L'attuazione degli obblighi richiamati dal Comitato sarà oggetto di follow-up.

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