Corte europea dei diritti umani: sentenze contro l'Italia per mancata esecuzione di sentenze definitive - Articolo 6 CEDU
Sommario
- Immobiliare Podere Trieste S.r.l. contro Italia (15/12/2022)
- De Vincenzo contro Italia (15/12/2022)
Immobiliare Podere Trieste S.r.l. contro Italia
Immobiliare Podere Trieste S.r.l., una società italiana, ha presentato ricorso (n. 48039/12, sentenza del 13 gennaio 2022) alla Corte europea dei diritti umani il 9 luglio 2012 ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione.
Essa lamentava la mancata esecuzione di una sentenza del Tribunale di Roma del 2010 che condannava il Comune di Roma al pagamento di oltre 40 milioni di euro a titolo di risarcimento danni e di 143.865,42 euro a titolo di spese processuali. Sebbene il risarcimento danni sia stato successivamente oggetto di una sentenza separata di equa soddisfazione, la ricorrente ha mantenuto la sua richiesta relativa alle spese processuali non pagate, invocando l'articolo 6, paragrafo 1, e l'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU.
Il governo italiano ha sollevato due eccezioni: in primo luogo, che il ricorrente aveva perso la qualità di vittima ai sensi dell'articolo 34, poiché i 20.000 euro concessi nella precedente sentenza di equa soddisfazione coprivano le spese procedurali; in secondo luogo, che i ricorsi interni non erano stati esauriti a causa del procedimento in corso per il recupero degli interessi. Il ricorrente ha ribattuto che non chiedeva più il risarcimento dei danni già ottenuti, ma manteneva la sua richiesta distinta per le spese procedurali non pagate.
La Corte ha respinto entrambe le eccezioni sollevate dal Governo. Ha ritenuto che il ricorrente conservasse lo status di vittima poiché la Corte d'appello di Roma aveva confermato l'esecutività delle spese procedurali, che non erano state interamente risarcite. Ha inoltre ritenuto che il procedimento nazionale pendente riguardasse gli interessi su una sentenza diversa e non incidesse sulla presente domanda.
Dichiarando la domanda ricevibile, la Corte ha constatato una violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU a causa della mancata esecuzione da parte dell'Italia di una sentenza interna definitiva. Ha condannato lo Stato italiano a versare al ricorrente 201.987,03 euro a titolo di risarcimento del danno materiale (a copertura delle spese procedurali e degli oneri) e 6.700 euro a titolo di risarcimento del danno morale, respingendo le richieste di rimborso delle spese legali per insufficienza di prova. Le somme dovevano essere versate entro tre mesi, trascorsi i quali sarebbero maturati gli interessi di mora.
De Vincenzo c. Italia
Nella causa De Vincenzo c. Italia (24085/11, sentenza del 15 dicembre 2022), la ricorrente ha denunciato una violazione dei suoi diritti ai sensi degli articoli 6, paragrafo 1, CEDU e 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU (diritto di proprietà). La ricorrente sosteneva che le autorità italiane non avevano eseguito, o avevano eseguito con ritardo, una decisione giudiziaria definitiva a suo favore, privandola così del godimento effettivo del suo diritto di accesso a un tribunale e dei suoi diritti di proprietà. Essa invocava inoltre gli articoli 1 e 13 della CEDU, sostenendo l'assenza di rimedi efficaci e la violazione dei suoi diritti procedurali e sostanziali.
Il governo italiano ha sollevato obiezioni. In primo luogo, ha sostenuto che i rimedi interni non erano stati esauriti, affermando che il procedimento di esecuzione era ancora in corso. In secondo luogo, il governo ha invocato un abuso del diritto di ricorso, sostenendo che la ricorrente non aveva comunicato che la decisione interna era stata infine eseguita. In terzo luogo, il governo ha affermato che la ricorrente aveva perso la sua qualità di «vittima» ai sensi dell'articolo 34 della CEDU, in quanto aveva ricevuto gli interessi legali e la rivalutazione monetaria.
La Corte ha dichiarato all'unanimità la ricevibilità del ricorso. La Corte ha ribadito che l'esecuzione di una decisione giudiziaria definitiva è una componente essenziale del diritto a un processo equo, sancito dall'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Citando la sua giurisprudenza consolidata, la Corte ha ritenuto che le autorità italiane non avessero adottato misure tempestive e adeguate per garantire l'esecuzione della decisione nazionale a favore della ricorrente. La decisione giudiziaria era rimasta inapplicata per oltre undici anni, compromettendo in modo significativo i diritti della ricorrente. La Corte ha concluso che tale ritardo prolungato costituiva una violazione sia dell'articolo 6, paragrafo 1, sia dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU. La Corte europea dei diritti umani ha ritenuto superfluo esaminare separatamente le presunte violazioni degli articoli 1 e 13 della CEDU. Ai sensi dell'articolo 41 della CEDU, la Corte ha concesso al ricorrente un equo risarcimento per il pregiudizio subito, compreso il danno materiale e morale.