L’Articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e l’Italia: il diritto alla vita nella giurisprudenza della CtEDU del 2022
Sommario
- Nappo c. Italia
- Terrone c. Italia
- E.A. e altri c. Italia
Nappo c. Italia
Il caso Nappo c. Italia è uno dei casi esaminati dalla CtEDU nel 2022. Dopo 13 anni di procedimenti interni dinanzi a quattro diversi gradi di giudizio in Italia, la Signora Nappo presentò un ricorso per violazione dell’Articolo 2 della Convenzione alla CtEDU. In particolare, la ricorrente aveva avviato un’azione civile volta ad ottenere un risarcimento dei danni che sosteneva di aver subito a seguito di infezioni contratte per via di trasfusioni di sangue. Inoltre, la Signora Nappo presenterà un reclamo per la durata eccessiva del procedimento.
La CtEDU ha ritenuto che vi fosse stata una violazione dell’Articolo 2 CEDU nel suo aspetto procedurale. Alla luce della giurisprudenza consolidata in materia, la Corte ha ritenuto che la durata del procedimento fosse eccessiva e che le autorità italiane, di fronte ad un reclamo ai sensi dell’Articolo 2 CEDU, non avesse risposto in modo adeguato e tempestivo, come richiesto dagli obblighi procedurali di tale disposizione. Di conseguenza, la CtEDU ha disposto che lo Stato italiano versasse alla ricorrente, entro tre mesi dalla data della sentenza, un risarcimento pari ad euro 20.000 per danno non patrimoniale, oltre al rimborso delle spese legali sostenute, quantificate in 250 euro.
Terrone c. Italia
Il caso Terrone c. Italia presenta numerose analogie con quello di Nappo c. Italia., trattandosi anch’esso di un ricorso riguardante la possibilità di ottenere un risarcimento per danni derivanti da infezioni post-trasfusionali. Nella fattispecie, il Signor Terrone aveva avviato un’azione risarcitoria dinanzi al Tribunale di Salerno, ma, poiché deceduto nel 2016 ー dopo oltre dodici anni di procedimento ー nel 2021, i suoi eredi decisero di proseguire il ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Sebbene il Governo italiano avesse contestato l’inammissibilità del ricorso, sostenendo che gli eredi si fossero costituiti oltre sei mesi dopo la morte del ricorrente originario e che, pertanto, non vi fosse più interesse a proseguirne l’esame, la Corte, richiamando la propria giurisprudenza, ribadì che il mero decorso del tempo tra la morte del ricorrente e l’intervento degli eredi non era sufficiente, di per sé, ad escludere la legittimità della prosecuzione del ricorso. La Corte accertò la violazione dell’Articolo 2 della Convenzione nel suo aspetto procedurale, rilevando che le autorità italiane non avevano adempiuto agli obblighi positivi derivanti da tale disposizione. Di conseguenza, dispose che lo Stato italiano versasse congiuntamente agli eredi del ricorrente, entro tre mesi dalla pronuncia, un risarcimento pari a 20.000 euro per danno non patrimoniale, oltre al rimborso delle spese legali per un importo di 250 euro.
E.A. e altri c. Italia
Nel 2018, 55 ricorrenti presentarono un ricorso congiunto contro l’Italia alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CtEDU), lamentando i danni subiti da loro stessi, o dai loro parenti, in seguito a infezioni contratte per via di trasfusioni di sangue. I ricorrenti hanno richiesto un risarcimento rispetto al contenuto dell’Articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), in riferimento alla durata eccessiva dei procedimenti civili avviati a livello nazionale, spesso protrattisi per oltre dodici anni. Infatti, alcuni dei ricorrenti morirono nel corso del procedimento, e le relative domande furono proseguite dai loro eredi.
Relativamente alla parte A, composta da trentacinque ricorrenti, il Governo italiano presentò una dichiarazione unilaterale chiedendone la cancellazione dal ruolo. Tuttavia, la Corte Respinse tale istanza e decise di esaminare il merito del ricorso. La CtEDU concluse quindi che questa parte del ricorso era ammissibile e rilevò una violazione dell’aspetto procedurale sulla base dell’Articolo 2 della Convenzione, in ragione dell’irragionevole durata dei procedimenti interni.
La parte B, relativa a tre ricorrenti che manifestarono la volontà di non proseguire il ricorso, fu cancellata dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 § 1(a) della Convenzione.
Quanto alla parte C, la Corte dichiarò il ricorso inammissibile per sedici ricorrenti, poiché questi ultimi avevano aderito a una procedura di transazione a livello nazionale, rendendo la domanda manifestamente infondata.
Infine, la parte D fu anch’essa dichiarata inammissibile, in quanto la persona che aveva presentato il ricorso in qualità di coniuge del ricorrente deceduto non era, al momento della proposizione della domanda, erede legittima.
Nel 2022, con la sentenza E.A. e altri c. Italia, la Corte dispose che lo Stato italiano versasse a ciascuno dei trentacinque ricorrenti inclusi nella parte A – o, in caso di decesso, ai rispettivi eredi – una somma pari a 30.000 euro per danno non patrimoniale, da corrispondere entro tre mesi dalla pronuncia.